LA TRADIZIONE ORIGINALE

LA TRADIZIONE ORIGINALE

C’è molta parte degli insegnamenti contenuti nei Ra Materials che apparentemente sembra essere in relazione alla tradizione massonica. Io stesso nei testi recentemente prodotti ho utilizzato fonti che si rifanno alla massoneria per fornire degli esempi ed espandere concetti provenienti dal materiale di Ra. È perciò di interesse significativo illustrare come la “Tradizione” Massonica si rifaccia a tradizioni religiose ed esoteriche molto più antiche di essa e come tutte queste antiche tradizioni abbiano avuto come fondamento gli insegnamenti della Legge dell’Uno.

Per rintracciare le origini della tradizione massonica è utile leggere il seguente testo di Arturo Reghini “Sull’origine del simbolismo muratorio” apparso come articolo sul giornale “Rassegna Massonica” del giugno-luglio 1923 e in “Paganesimo, Pitagorismo, Massoneria”, Messina, 1986.

«SULL’ORIGINE DEL SIMBOLISMO MURATORIO

Nelle brevi notizie di indole storica sopra le «Costituzioni dell’Anderson» abbiamo veduto come anche prima del 1723 si facesse distinzione nelle corporazioni muratorie tra massoneria operativa e massoneria speculativa. E, se può darsi che il manoscritto del Cooke, che risale al principio del 15°secolo, colla espressione speculativa, intenda significare semplicemente la scienza pratica del muratore, è per altro indubbio che, quando cominciarono ad appartenere alle Logge massoniche numerosi accettati liberi muratori, l’espressione di massoneria speculativa servì a designare l’arte o la scienza della edificazione morale e spirituale, e gli strumenti e le operazioni del lavoro muratorio acquistarono od accentuarono il valore di simbolo degli strumenti e delle operazioni di edificazione interiore. Il manoscritto rinvenuto dal Locke (1696) nella Biblioteca Bodleyana e pubblicato solo nel 1748, e che è attribuito alla mano di Enrico VI di Inghilterra, definisce la Massoneria come «la conoscenza della natura e la comprensione delle forze che sono in essa»; ed enuncia espressamente l’esistenza di un legame tra la Massoneria e la Scuola Italica, perché afferma che Pitagora imparò la Massoneria dall’Egitto e dalla Siria, e da questi paesi i Fenici, gli uomini rossi fiammanti, la portarono in Occidente.

I più antichi manoscritti massonici offrono un curioso miscuglio di elementi biblici e di elementi pitagorici. Accanto a Tubalcain, ad Hiram, alla torre di Babele ed al Tempio di Salomone si trova in essi menzione di Pitagora, e di Euclide; il manoscritto Cooke dice che la Massoneria è la parte principale della Geometria e che fu Euclide, un sottilissimo e savio inventore, che regolò questa arte e le dette il nome di Massoneria. Ne segue tra le altre che la lettera G entro la stella fiammeggiante indica la geometria e non God, come sostengono certi scrittori e poiché la stella a cinque punte (il pentalfa pitagorico, il pentagramma cabalistico) rappresenta l’uomo, è dunque per virtù della conoscenza della Geometria (o Massoneria) che l’uomo diviene illuminato; perciò la stella fiammeggiante, come dice un antico rituale, è il simbolo del Massone risplendente di luce in mezzo alle tenebre. Il manoscritto della Bodleyana, concordando coi più antichi manoscritti massonici, stabilisce dunque il legame tra la Massoneria e la Geometria pitagorica, la cui conoscenza era indispensabile per entrare nella Scuola Italica. E sebbene l’autenticità di questo manoscritto non sia sicurissima, pure è molto probabile, ed in ogni caso il documento merita considerazione perché l’Anderson, che non lo conobbe, fa peraltro nel suo «Libro delle Costituzioni» espressa menzione dei rapporti interceduti tra Enrico VI e la Massoneria; e quindi doveva esservene ricordo anche in qualcheduno degli antichi documenti massonici di cui egli si servì per la compilazione del suo Libro. E delle reminiscenze pitagoriche nelle «Old Charges» è traccia anche nel più antico rituale stampato (1724) il quale attribuisce un pregio speciale ai numeri dispari, conforme alla tradizione pitagorica.

Il simbolismo massonico, oltre ad elementi pitagorici e biblici, è però ricco di elementi e derivazioni varie e complesse, cristiane, cabalistiche, ermetiche, eleusine, alchemiche ecc. Noi vogliamo qui limitarci al simbolismo che adopera gli strumenti, i materiali e gli atti della edificazione materiale come simboli di quella spirituale. Il Laurie scrive: «oggi i Misteri di Pitagora sono chiamati i Misteri della Massoneria, perché molti dei loro simboli sono derivati dall’arte del costruire, e perché si crede che siano stati inventati da una associazione di architetti che erano ansiosi di preservare tra loro la conoscenza che avevano acquistata». Ed a provare che i Pitagorici per somministrare istruzione a coloro che erano iniziati nella loro Fraternità usavano dei simboli tratti dall’arte del costruire il Laurie adduce quanto scrive Proclo nel suo commento ad Euclide. Veramente il passo citato del Laurie non parla affatto di simboli di carattere muratorio, e l’unico passo di Proclo che potrebbe autorizzare l’affermazione del Laurie ci sembra il seguente: «Anche Platone insegna molte e mirabili sentenze sugli Dei per mezzo delle forme matematiche, e la filosofia pitagorica usando di questi veli copre la sacra disciplina delle sentenze divine».

Come si vede si tratta di un assai generico riferimento ad un uso di forme geometriche come simboli filosofici. Ed infatti una lontana relazione può stabilirsi tra la pietra cubica massonica ed il cubo e la piramide che per Platone se non per i pitagorici erano rispettivamente il simbolo della terra e del fuoco. I greci davano, come noi, il nome di piramide ad ogni poliedro ottenuto proiettando da un vertice un poligono piano, ma la piramide per eccellenza era quella a base quadrata come le piramidi di Egitto. I geometri greci la chiamavano così, dice Ammiano perché a guisa del fuoco si estenuava nel vertice. Ma il Revillout ha mostrato che la parola greca pyramis, usata per la prima volta da Erodoto, è una lieve corruzione dell’egiziano piremus che designa l’altezza della piramide. I platonici ed i neopitagorici vi riconobbero la figura schematica del fuoco; l’etimologia classica, indubbiamente errata, ve li indusse forse in parte e forse anche una qualche nozione di alcune denominazioni date in Egitto alla piramide di Cheope ed altre.

La piramide simboleggiò il fuoco ed il cubo la terra ; e nella pietra cubica massonica abbiamo la riunione dei due simboli in un solo. Il fuoco (lo zolfo alchemico), l’elemento spirituale è riunito all’elemento terrestre purificato, alla terra, alla pietra levigata, alchemicamente al sale. Un altro rapporto tra la Massoneria e gli antichi è offerto dalla esplicita ed insistente menzione che gli antichi documenti massonici fanno delle sette scienze liberali; ossia delle scienze del trivio e del quadrivio. Quelle del trivio (grammatica, retorica, dialettica) studiavano il linguaggio, quelle del quadrivio (l’aritmetica, la geometria, l’astronomia, la musica) studiavano il numero. Come è noto non si poteva entrare nella scuola italica senza avere attitudine o conoscenza della geometria; ed il manoscritto Cooke afferma che la geometria è la prima causa di tutte le scienze, cioè delle altre sei. Sopra i rapporti tra Pitagora e la Massoneria molto si è scritto ed i famosi statuti massonici italiani del 1820 fanno risalire la Massoneria al sodalizio pitagorico. Esiste anche un’opera del tedesco Carlo Oppel che ha per titolo «Pitagora e la Massoneria» ma di essa non abbiamo potuto prendere visione; pure crediamo che anche l’Oppel non abbia riscontrato un raffronto specifico tra il simbolismo muratorio ed un analogo simbolismo pitagoreo.

Prima del 1717 vi erano in Massoneria soltanto i due gradi di apprendista e compagno. Questi era il vero massone; simboli del compagno sono il pentalfa pitagorico (stella fiammeggiante), la lettera G iniziale di geometria, la scienza base delle sette scienze di cui i rituali prescrivono lo studio al compagno, come ne aveva il dovere il discepolo della scuola italica. A questo si riducono i rapporti, nell’uso del simbolismo muratorio, tra la Massoneria e la scuola pitagorica. Ma non per la natura del simbolismo, sibbene per quella della conoscenza, l’iniziazione massonica si riattacca a quella della antica scuola italica. Il simbolismo muratorio lo troviamo invece nettamente adoperato nel Vecchio e nel Nuovo Testamento. Naturalmente, data la formazione semantica del linguaggio, per cui ogni lingua, indipendentemente dal proposito determinato di individui e di scuole, fa uso della metafora e della stessa metafora, non è il caso di esagerare l’importanza di questo fatto, e di scorgervi per esempio la prova che la Massoneria [nel senso ristretto della parola] esisteva al tempo di Isaia, o che Gesù apparteneva all’Ordine. Espressioni come pietra di fondazione, pietra angolare, le fondamenta, la chiave di volta, le colonne ecc. si prestano così facilmente ad essere usate allegoricamente ad esprimere la edificazione morale e spirituale, che non basta l’uso semplice e sporadico di tali espressioni a provare l’esistenza di un vero e proprio simbolismo muratorio. Così sarebbe eccessivo il pretendere ciò a proposito del filosofo e mago neoplatonico, Massimo di Tiro, il maestro dell’imperatore Giuliano, il quale chiama arte reale e pastorale quella che ha per oggetto la condotta del genere umano; oppure a proposito del Tasso di cui ricordiamo il verso (salvo errore nell’Aminta): «Usi ogni arte regal chi vuole il regno».

E così pure sarebbe eccessivo ritenere che si faccia uso di simbolismo muratorio vero e proprio in quei passi del Vecchio e del Nuovo Testamento dove si parla di edificazione spirituale, e si fa uso delle espressioni: tempio, pietra angolare e consimili. San Paolo nella seconda epistola ai Corinti, paragona i Corinti al tempio (naos, tempio, nave) dell’Iddio vivente. La frase di Matteo che dice: Tu sei Pietro e sopra questa pietra io edificherò la mia chiesa; ed il passo di Matteo 7,24 non hanno in proposito maggiore importanza. Un uso più vicino al simbolismo muratorio si ritrova invece nel passo della prima epistola di San Pietro (2, 8) che dice: «la pietra che gli edificatori hanno riprovata è divenuta il capo dell’angolo, e pietra di incappo e sasso di intoppo»; ed il passo di Isaia (28, 16) sopra la pietra angolare citato da San Pietro (I, 2, 6) e da San Paolo (agli Efesi 2, 19, 22) che fa uso ampio ed esplicito del simbolismo della pietra angolare e del tempio del Signore.

La ragione della denominazione pietra angolare riferita a Gesù ce la dice Origene:« Lapis angularis, è chiamato, vel quia duos parietes e diverso, id est, de circumcisione et praeputio venientes in unam fabricam Ecclesiae jungit; vel quod pacem in se angelis et hominibus fecit». Non traduciamo in omaggio alla religione della foglia di fico oggi dominante. Solo quando tale simbolismo si precisa, si accentua ed acquista un carattere sistematico e l’aspetto di gergo professionale, è il caso di parlare di un vero e proprio simbolismo muratorio. E questo è il caso del simbolismo massonico quando usa i termini: pietra grezza, pietra polita, pietra cubica, tagliatura e squadratura della pietra per la edificazione del tempio di Salomone ecc. Così pure quando l’arte muraria non si limita ad edificare in base alle sole considerazioni di stabilità e di estetica, ma per mezzo delle configurazioni e dei rapporti delle varie parti dell’edificio pensa ad esprimere concetti e sentimenti filosofici e religiosi, allora essa si eleva ad arte muratoria, ed assurge alla dignità dell’esoterismo. Simile carattere deve avere avuto od acquistato in tempi abbastanza remoti presso le corporazioni muratorie tutta la leggenda della costruzione del tempio di Salomone di Gerusalemme. Di fatti già nella Bibbia ed in generale nell’ebraismo Salomone è rinomato per la sua straordinaria sapienza; egli fu il re savio per eccellenza e la sua sapienza è detto avere sorpassato anche quella degli Egizii.

Essa diviene poi proverbiale nella letteratura cristiana, specialmente in quella apocrifa, e nella letteratura araba, e diventa addirittura leggendaria nel medio evo. Tra gli apocrifi della Bibbia un libro intitolato «La sapienza di Salomone», opera di Filone Ebreo o di qualche alessandrino, identifica questa sapienza con Dio e con il Logos e dice che pervade tutte le cose e non è soggetta ad interruzioni nella costanza della sua influenza; in un passo famoso dice che essa attraversa tutte le cose a cagione della sua purezza, e che in tutti i tempi entrando nelle sante anime le fa amiche di Dio e dei profeti. Ed alla sapienza di Salomone si attribuisce di buon’ora il carattere magico; p.e. secondo una assai interessante leggenda cabalistica Salomone ordinò ad un demonio di portare Hiram, re di Tiro, nei sette compartimenti dell’inferno, e questi al suo ritorno rivelò a Salomone tutto quello che vi aveva veduto. E questo carattere gli è attribuito nelle numerosissime opere arabe che si occupano di Salomone; p. e. nelle «Mille e una notte» egli è ricordato come dominatore dei demoni per mezzo del suo anello magico.

Le famose «Clavicole di Salomone» così diffuse nel Medio Evo ed ancor oggi popolari nelle campagne ne fanno il prototipo del mago e del sapiente. Rivestito di questo carattere si ritrova anche nella tradizione muratoria. Il tempio di Salomone è il tempio della saggezza; e non è perciò da stupire se ancor oggi si lavora alla sua edificazione. I più antichi documenti massoni ci si occupano diffusamente della costruzione del tempio di Salomone; e, dato questo suo carattere allegorico, furono bene inspirati quei fratelli che vi si riferirono nel comporre il rituale del terzo grado. Ma per trovare l’allegoria architettonica in senso spirituale, più o meno chiaro ed accentuato, è necessario dai tempi biblici e pitagorici venire a tempi assai più recenti. Il Rossetti, il patriota italiano esule a Londra per motivi politici e religiosi, dedica un intero capitolo del 3° volume della sua opera principale a ricercare l’uso del simbolismo architettonico e muratorio da parte degli scrittori medioevali. Egli ricorda il «De Compendiosa Architectura et Complemento Artis Lullii», e gli scritti di Francesco Colonna, nato poco oltre il principio del quattrocento, il quale annotando il Roman de la Rose lo definisce un trattato di «amore e architettura», dove le due parole vanno intese nel senso convenzionale del linguaggio allegorico. Ed il Rossetti rileva la curiosa identità tra l’espressione dantesca che chiama «cieco carcere» l’inferno e «miro ed angelico tempio» il paradiso, e la frase stereotipa del rituale massonico secondo la quale nelle logge «on bâtit des temples à la vertu, et l’on creuse des cachots pour le vice». Un uso molto più esplicito ed ampio di due elementi essenzialmente muratorii, insieme associati, come simboli della grande opera della palingenesi iniziatica è stato fatto dal Cardinale Niccolò di Cusa. Il Rossetti, che pure è andato a pescare i suoi documenti col lanternino, non ne fa alcuna menzione né ci consta che la cosa sia stata rilevata da altri. Per questa ragione e per l’importanza di questi passi, ne daremo l’esatta traduzione dal testo latino. Il Cusano, tedesco di nascita, nato a Cues presso Treviri nel 1401 e morto nel 1464, fu uomo di immensa erudizione, e fu un ardente seguace della filosofia pitagorica. A lui si inspirò e si conformò in gran parte un altro grande pitagorico, frate Giordano Bruno da Nola. Tra le altre cose pare che il Cusano sia stato il primo tra i moderni a sostenere la teoria eliocentrica, riprendendola appunto da Filolao e dai Pitagorici. I due passi che seguono fanno parte ambedue delle «Excitationum ex Sermonibus» del Cusano ; e vi si fa uso di un simbolismo simultaneamente cabalistico, pitagorico, platonico, cristiano e muratorio. «Poiché il tempio; dice il Cusano, ivi (cioè a Gerusalemme) edificato da Salomone non fu altro, che il luogo per la visione degli dei, il quale il principe dei sacerdoti consultava, dove si tenevano in scritto i responsi dei profeti, dai quali i sacerdoti investigavano le cose occulte». Ed ecco il secondo brano, che segue alla stessa pagina poco dopo: «L’anima zelante, che viene scelta in sposa per il figlio di Dio, il quale abita l’immortalità, ossia la celeste incorruttibilità, affinché sia gloriosa e degna, si conforma in questo mondo alle leggi ed ai costumi dello sposo e si adatta alla trasmigrazione, come vengono levigate le pietre (sicut lapides poliuntur) che devono essere trasportate all’edificio del tempio di Gerusalemme dove è la visione di Dio. Ed affinché tutte le pietre abbiano la debita misura, il maestro discende da Gerusalemme ai rudi monti del deserto, e le forma e poi le taglia per addurle e collocarle nel santo edificio.

Così la sapienza di Dio discende dal cielo nella carne, e sceglie la sposa che lavi col suo sangue, affinché sia sposa, e conosca (di essere) grandemente diletta dallo sposo, che si dette in morte per essa. Ma la sposa zelante chiamata alle nozze dell’agnello, vale a dire del suo sposo immacolato, non può celebrare le nozze se non in Galilea, vale a dire in trasmigrazione. È necessario dunque che si dimentichi del padre, e che esca dalla sua terra e dalla sua famiglia paterna e segua il re che concupisce la sua bellezza: come in questo mondo le spose quanto più sono nobili, a tanto più distanti sposi vengono spesso trasferite». La traduzione, se non è bella, è però fedelissima e permette di pesare il valore ed il senso di tutte le espressioni usate in questo esuberante simbolismo. Sono queste le mistiche nozze del re e della regina, del Sole e della Luna, da cui nasce la pietra filosofale o pietra cubica, che fa parte integrante dell’edificio santo di Gerusalemme. Il maestro scende da Gerusalemme nel deserto (l’aspro diserto, la diserta piaggia dantesca), trae di tra i ruvidi massi (le pietre gregge) la pietra, la leviga, la purifica, le dà la debita conformazione, la rende atta alla trasmigrazione dal deserto al tempio dove si ha la visione di Dio, la stacca dalla sua terra e dal suo luogo natale e la colloca nel santo edificio.

Così la sapienza discende dalle regioni celesti nella carne (verbum caro factum est), muore alla pura vita incorporea per immedesimarsi alla vita corporea di quella sposa che ha scelto, e che purifica col sangue che sparge per lei, il sangue dell’agnello immacolato, cioè vissuto sino ad allora nelle pure regioni spirituali. Così il re preso di amore per la bellezza di una anima nobile la trasporta tanto più lungi da terra quanto più essa è di nobile natura. Queste nozze del Cusano sono conformi alla dottrina cabalistica per la quale: «Anima plena superiori conjungitur», ed alla concezione dell’amore platonico secondo il quale vi sono quattro specie di furore divino, e la quarta che è di Venere e di Amore, è la meglio; la quale Venere Urania, dice Platone, non è lasciva manco per ombra. È un argomento questo su cui si sono dette e si dicono un sacco di sciocchezze da coloro che, per essere meno affini di gran lunga agli angeli che non ai porci, non sanno levare il naso dal trogolo in cui si godono rimestare il grifo. E perciò non ragioniamone, ma guardiamo e passiamo. L’identificazione dell’uomo e più specialmente della carne colla terra, e quindi colla pietra, è antichissima. L’etimologia stessa della parola homo, humanus da humus, cui corrisponde in ebraico quella di Adam lo prova; ed il Cardinale di Cusa teneva certo presente il racconto biblico della creazione dell’uomo dal fango. Egli era, come appare anche dai passi riportati, assai eclettico nei simboli che adoperava, e inoltre doveva certo parlare non per semplice erudizione. Cardinali così illuminati fanno onore alla Chiesa cui sono appartenuti, ed è giusto riconoscerlo. Non sappiamo però quanti ne annoveri oggi il Sacro Collegio; e, salvo il debito rispetto, ci pare che da un bel po’ di tempo, nella vigna del Signore, di queste piante si sia perduto sin anco il seme. In compenso, prospera la mala erba di Santo Ignazio. Questo simbolismo muratorio adoperato dal Cusano, che era arcivescovo di Treviri, proprio nel periodo della grande attività delle corporazioni muratorie nella costruzione delle grandi cattedrali di Colonia, Strasburgo ecc. della regione renana, presenta allo storico della Massoneria più di un lato degno di riflessione.

Le corporazioni muratorie erano allora in qualche modo dipendenti da questi alti prelati che le chiamavano al lavoro, e l’associazione dei due concetti di edificazione materiale e spirituale doveva attuarsi naturalmente per la collaborazione degli uni e degli altri. Alcuni simboli, strettamente muratorii, furono pure usati dagli alchimisti. Un manoscritto alchemico della Biblioteca dell’Arsenal contiene questo racconto del viaggio simbolico di un adepto: «Con la protezione dell’Altissimo tetrapentagrammaton, di cui la sovrana bontà mi ha conservato sempre questo prezioso mezzo (milieu) quod tenuere beati, nel mio pellegrinaggio laborioso tra il cielo ed il globo pietroso ho respirato e trovato il mio nutrimento tra i due poli artico ed antartico, nel sommo dei cieli e nella sfera di Saturno, nel cospetto molto benefico di Venere. Grazie alla favorevole introduzione di Mercurio, mi sono visto condotto nel gabinetto del Sole… dove ho riconosciuto che la vera e maestra pietra angolare e cubica è la base ed il vero centro della luce, che esce per se stessa dalle tenebre di questo sasso bianco, di questa unzione che insegna tutte le cose, di questa saggezza celeste che assiste continuamente il trono dell’Altissimo, da cui esce questo olio di gioia, questo balsamo di vita triangolare…».

Il Jacob, da cui riportiamo il passo, non indica il tempo cui appartiene il manoscritto, di modo che si potrebbe forse dubitare della sua antichità; ma un po’ per lo stile ed un po’ per altre ragioni lo si può fare risalire al settecento. Analogia ed identità tra il simbolismo massonico e quello alchemico si riscontrano facilmente nelle opere degli alchimisti. Michele Sendivogio, detto il Cosmopolita, morto ottantenne nel 1646, paragona ad una via reale (via regia) quella seguita dalla santissima arte filosofica o scienza reale. Nel suo «Novum Lumen Chemicum» mette il chicco di grano in relazione colla putrefazione e colla resurrezione ed altrettanto fa l’anonimo Philalete in tutto il XIII capitolo dell’«Introitus apertus ad occlusum Regis Palatium», scritto nel 1645. In queste mirabili opere di antichi iniziati il chicco di grano ha il medesimo valore allegorico che riveste nei misteri egiziani, in quelli eleusini, nella tradizione massonica; e che è racchiuso nel carattere intenzionalmente duplice, ermetico ed eleusino, della parola di passo del secondo grado m∴, conformemente al significato ebraico ed a quello greco della parola, come sulla scorta dell’Hutchinson abbiamo mostrato altrove. Il sangue versato dall’agnello del Cusano è il sangue che viene trasudato dalla pietra cubica. «Beato te, dice il Sendivogio, se tu sai che il sangue dello Zolfo è quella virtù e sincerità intrinseca che converte e congela l’argento vivo (il mercurio) in oro».

Perché, è detto poco dopo, «lo zolfo è più maturo degli altri principi, ed il Mercurio non si coagula se non collo zolfo. Quindi tutta la nostra operazione in questa parte non è se non di sapere fare uscire dai metalli lo zolfo col quale il nostro argento vivo si coagula in oro ed argento nelle viscere della terra: il quale zolfo in questa opera viene tenuto al posto del maschio, e quindi più degno, ed il Mercurio al posto della femmina. Dalla composizione e dall’atto di questi due si generano i Mercurii dei filosofi»; e così si penetra nel chiuso palazzo del re del Filalete, del Cusano e del Sendivogio. La squadra ed il compasso erano simboli usati dagli alchimisti sino dai primi del settecento. In un’opera edita a Francoforte nel 1618 (Joannis Danielis Mylii Tractatus III seu Basilica Philosophica) è rappresentato entro l’uovo filosofale l’ermafrodito ermetico o Rebis.

Una figura umana bicipite (una testa maschile, l’altra femminile) tiene nella destra un compasso, nella sinistra una squadra, sta dritta sopra un dragone, e questo sta sopra un globo terrestre alato, in cui è inscritto un triangolo ed un quadrato. Questo Rebis dice il Filalete è la materia nella prima opera ed è rem ex re bina confectam juxta poenam: Res rebis est bina conjuncta, sed tamen una. Pochi anni dopo la morte del Sendivogio fu pubblicato a Parigi (1660) uno scritto famoso per i seguaci dell’Arte, le «Dodici chiavi della filosofia», composto probabilmente da Basilio Valentino. Al principio di questo libro, scrive il Silberer, si vede una magnifica incisione in rame, di cui è evidente l’affinità col simbolismo massonico. Come complemento al simbolo del sale, rappresentato dalla pietra cubica, e collocato proprio a pie’ di pagina, si trova un chiaro accenno alla terra ed alle cose terrestri; la rettificazione del soggetto (l’uomo) trattato nell’arte si effettua difatti attraverso la prova degli elementi terrestri, conformemente ai precetti degli alchimisti, i quali chiamano Vitriol l’inizio dell’opera e danno la forma di una massima alle iniziali di questa parola: «Visita interiora terrae, rectificando invenies occultum lapidem». Poco sotto il centro dell’incisione trovasi il simbolo alchemico del Mercurio con a destra il sole ed a sinistra la luna; e sopra il Mercurio il simbolo dello zolfo, ossia un triangolo equilatero dalla cui base pende una croce. Nell’interno del triangolo una Fenice si solleva dalle fiamme; e sopra il vertice del triangolo sta in piedi Saturno incoronato, colla falce nella destra ed un compasso nella sinistra. Il sale, il mercurio e lo zolfo furono, dopo Paracelso, i tre simboli fondamentali della alchimia. In questa incisione di Basilio Valentino tutto poggia sopra la pietra cubica. Sopra di essa, e sotto l’influsso del sole e della luna si forma il mercurio, che unisce la pietra cubica allo zolfo, entro cui la Fenice risorge dalle fiamme.

Sta in sommo Saturno che tiene in mano la falce del tempo ed il compasso dell’eternità. La proprietà del Mercurio (l’argento vivo mobile come il pensiero) di fissarsi e di amalgamarsi coll’oro (il sole) e coll’argento (la luna) ne fa un simbolo alchemico preciso ed efficace, perché come abbiamo cercato di esporre altrove la grande opera si attua mediante l’amalgama, l’assimilazione della coscienza individuale in quella non differenziata. Il Rosacroce Joachim Frigerius nel suo «Summum bonum» (Oppenhemii 1629) parla continuamente del lapis dei filosofi e dice che «la pietra spirituale è Cristo che riempie tutte le cose, e quindi noi siamo le membra della pietra spirituale e conseguentemente siamo delle pietre viventi, tratte da questa pietra universale. Perciò non soltanto a Pietro ma ad ogni uomo cristiano compete il nome di Cephas». Ed il grande filosofo rosacroce Robert De Fluctibus (Fludd) attribuisce l’invenzione della musica a TubalCain, ben noto in Massoneria, mentre il Borrichius pone la culla dell’alchimia nell’officina di TubalCain. Ricordiamo poi che Elias Ashmole, rosacroce, alchimista, ed autorevole massone, pubblicò il suo Fasciculus Chemicus sotto lo pseudonimo di Jacques Hasolle nel 1650, ed il «Theatrum Chemicum Britannicum» a Londra nel 1652.

Egli era stato iniziato in Massoneria nel 1646. Ed infine ricordiamo che un vecchio libro avente per titolo: L’Adepte moderne, ou le vrai secret des FrancsMaçon, Londres 1747, non si occupa affatto di massoni, ma solo della trasmutazione dei metalli. Ma sui rapporti tra alchimia e massoneria avremo occasione di tornare e per il momento rimandiamo il lettore alle opere del Wirth, del Höhler, del Silbèrer, del Katsch e dello Tschoudy. Un tempio che ricorda quello massonico viene sommariamente descritto da Giordano Bruno nel De Monade, Numero et Figura nel capitoletto intitolato Urbs Cabalistica e che principia coi seguenti versi: Descripsit seclum, tetradis sub lege propheta, cui Domus est Quator laterum; Templumque quaternis cornibus adsurgens. Quadruplo ordine adesse columnas ad Quator coeli plagas,… (Opera latina – Napoli 1884 – Vol. I, Pars II, pag. 385). E così pure sotto molti rispetti ricorda quello massonico e quello di Salomone il tempio della Città del Sole di Tommaso Campanella; ed il grande sacrificio che vi si compie e di cui Campanella fa la descrizione non è altro che la figurazione della suprema iniziazione. Il filosofo italiano scrisse verso il 1602, nel carcere, questo viaggio all’ideale città del sole che egli vagheggiava. Circa venti anni più tardi un grande filosofo inglese, Francesco Bacone, poco prima di morire, scriveva la nuova Atlantide, dove in modo consimile egli immagina di pervenire dopo un grande viaggio nella lontana isola di Ben Salem dove una umanità vive secondo un regime sociale e civile dall’autore esaltato. Come abbiamo accennato nel breve studio sopra le Costituzioni dell’Anderson, comparso in un numero precedente della Rassegna, varii autorevoli scrittori massonici fanno risalire ai rosacroce pel tramite della Nuova Atlantis di Bacone il nuovo spirito universale ed asettario impresso all’Ordine dai riformatori del 1717. Certo il grande rinascimento scientifico e filosofico del settecento, di cui Bacone fu magna pars, doveva esercitare una qualche ripercussione anche nel seno della Massoneria speculativa.

Il severo spirito scientifico di Bacone e l’ampia visione umanistica che informa la Nuova Atlantide, la filosofia socratica propugnata nel Pantheisticon e nelle Letters to Serena del Toland, cui facevano capo i più eletti ingegni dell’Inghilterra (1720) e lo spirito libero con cui il Dupuy nel suo «Traitez concernent l’Histoire de France – 1651» trattò della storia e della condanna dei templari, dovevano certo promuovere la idea di una nuova società umanitaria in luogo dell’antica Massoneria cristiana ed anche suggerire l’adozione di simboli tratti dal paganesimo e dall’ ebraismo. Ma oltre a questo legame ideale, vi sono altre cose più determinate in comune alla Massoneria ed alla Nuova Atlantide di Bacone. Gli abitanti dell’isola di Bensalem «grazie alla loro solitaria situazione, ed alle leggi del segreto verso i viaggiatori ed alle rare ammissioni di stranieri, conoscono bene la maggior parte del mondo abitabile, e sono essi stessi non conosciuti». Questa era esattamente la situazione dei Rosacroce, e in generale di ogni società segreta seria. Nel regno di Bensalem esiste una Società della casa di Salamon, composta di uomini savi, la quale casa o collegio costituisce l’occhio diritto (the very eye) del reame.

Il governatore della casa degli stranieri, fornendo delle spiegazioni agli avventurosi viaggiatori, così si esprime in proposito: «Circa 1900 anni or sono regnò in quest’isola un re, la cui memoria più che tutte le altre onoriamo; non in modo superstizioso ma come un istrumento divino benché uomo mortale. Il suo nome era Solamone, e noi lo stimiamo come il legislatore della nostra nazione… Tra gli atti eccellenti di questo re uno ebbe sopra tutti preminenza. Fu l’erezione e la istituzione di un ordine, o società, che noi chiamiamo Casa di Salomone, la più nobile fondazione, pensiamo, che sia mai stata sopra la terra, e la lanterna di questo regno. Essa è dedicata allo studio delle opere e delle creature di Dio. Alcuni pensano che essa porta il nome del fondatore alquanto corrotto, perché dovrebbe essere la casa di Solamone; ma i documenti lo scrivono come è detto.

Ed io penso che sia così denominata dal re degli Ebrei, che è famoso presso di voi e non è straniero per noi, perché abbiamo alcune delle sue opere che voi avete perduto: precisamente la Storia Naturale che egli scrisse di tutte le piante, dal cedro del Libano al muschio che cresce dai muri, e di tutte le cose che hanno vita e moto. Questo mi fa pensare che il nostro re, trovandosi a simbolizzare (ossia a concordare) in molte cose con quel re degli Ebrei (che visse molti anni prima di lui) lo onorò col titolo di quella fondazione. Ed io sono tanto più indotto ad essere di questa opinione perché nelle antiche memorie trovo che questo ordine o società talvolta è chiamato Casa di Salomone e qualche volta il Collegio dei Lavori dei sei giorni, per mezzo di che mi persuado che il nostro eccellente re aveva imparato dagli Ebrei che Iddio aveva creato il mondo e tutto quello che vi è dentro nello spazio di sei giorni; e perciò egli istituì quella casa per scoprire la vera natura delle cose (di modo che Dio potesse avere la maggior gloria nella loro fabbricazione e gli uomini il maggior frutto nel loro uso), e le diede anche il secondo nome».

Ed infine Bacone fa dire personalmente al «padre della casa di Salomone»: «lo scopo della nostra fondazione è la conoscenza delle cause e dei movimenti segreti delle cose; e l’allargamento dei limiti dell’impero umano, per effettuare tutte le cose possibili». Lo scopo attribuito da Bacone alla sua casa di Salomone è lo stesso, anche nella espressione adoperata, con lo scopo e la definizione della Massoneria data dal manoscritto della Bodleyana. Notevole è pure la asserzione della esistenza di una sapienza arcana di Salomone nota solo ai fratelli del Collegio di Salomone, ed il perseguito allargamento dei limiti della potenza umana per effettuare tutte le cose possibili. Questi sono gli elementi essenziali per misurare quale legame spirituale leghi la Massoneria, attraverso l’opera dei riformatori massonici di due secoli or sono, alle idee di Francesco Bacone ed alla sapienza della misteriosa fratellanza dei rosacroce.

Sull’origine del simbolismo muratorio” articolo apparso su “Rassegna Massonica” giugno-luglio 1923 e in “Paganesimo, Pitagorismo, Massoneria”, Messina, 1986.

Autore: Arturo Reghini»

Dal testo sopra si può evincere come la tradizione massonica si sia evoluta nel tempo raccogliendo elementi provenienti da molteplici altre tradizioni. Inoltre le Corporazioni di Costruttori, i cosiddetti “Operativi”, erano gli eredi ed i conservatori di una tradizione antichissima proveniente dalla sapienza dell’Egitto, della Mesopotamia e dell’India. Avevano poi integrato tale tradizione con le conoscenze provenienti dalla tradizione ebraica quando si erano posti sotto la protezione dei Cavalieri del Tempio, i “Templari”:

«I Maestri d’Opera delle cattedrali gotiche erano a capo di confraternite di costruttori chiamate“compagnons”, e la Confraternita dei costruttori più importante era quella dei Figli di Salomone legati all’Ordine del Tempio, alle quali è attribuita la costruzione di molte chiese fra cui le cattedrali di Chartres, di Amiens e di Reims. Ci fu un accordo fra i Templari e i Compagnons in base al quale, i primi s’impegnarono sia a proteggere i Compagnons e sia di mettere le loro competenze a disposizione, mentre i secondi s’impegnarono di mantenere segreti, tali insegnamenti sugli aspetti esoterici di costruzione. Senza la protezione dei Templari i Compagnons sarebbero stati costretti a mettersi sotto vassallaggio.

Salomone è rappresentato quale Maestro Costruttore in tutte le sacre costruzioni gotiche. Salomone è il Maestro Costruttore del Tempio di Gerusalemme, il progettista del Tempio, che appare come il Primo Maestro Costruttore cui fanno riferimento i Maestri d’Opera delle cattedrali gotiche. I Templari erano particolarmente legati alla Scienza Sacra di Salomone.

Troviamo scritto nel libro dei Re (I, 4-29): “Dio diede a Salomone la saggezza, una grandissima intelligenza, un’estensione di mente vasta come la sabbia che è sulla riva del mare. La saggezza di Salomone superava la saggezza di tutti gli orientali e tutta la saggezza degli Egiziani. Era più saggio di ogni altro uomo“.

Maestro Costruttore nel linguaggio mistico corrisponde a Perfetto, Iniziato ai sacri Misteri Maggiori: è riferibile all’ultimo grado d’iniziazione, quello dell’epopteia, la Rivelazione finale. La parola epopteia è composta di “epi” che vuol dire sopra e da “opteia” che significa vedo o sorveglio. Colui che vede e sorveglia dall’alto è l’Architetto, il Maestro Costruttore.

I costruttori gotici utilizzarono il Cubito Reale egizio CR, portato in Francia dai Templari. Mosè proviene dall’Egitto. Tutta la scienza egiziana era concentrata nel Tempio. Mosè era del Tempio e fu istruito in tutta la scienza dei Faraoni. I Templari portarono in Europa questa conoscenza e la impressero nei libri di pietra, le cattedrali gotiche».

«I Misteri egizi sono stati trasmessi ai greci e da questi ai romani, in Palestina Mosè egizio porta con se questa conoscenza che viene codificata nella Kabalah ebraica trasmessa di generazione in generazione dalla casta sacerdotale dei Leviti e viene integrata dal simbolismo numerico ed astrologico dei Magi Caldei durante la “Cattività Babilonese”; la Cabala nei secoli successivi viene riformata e reinterpretata dalla scuola degli Esseni o Nazareni. Con l’avvento del cristianesimo la conoscenza viene tramandata dai Giovanniti, eredi degli insegnamenti di Giovanni Battista, e da questi trasmessa, in qualche modo, ai monaci cistercensi.

Parallelamente in Egitto grazie ad Ermete trismegisto si sviluppa lo Gnosticismo che recupera e ripropone l’antica Conoscenza, i cristiani copti diventano i custodi della tradizione gnostica. Gli arabi e l’islam non cancellano queste conoscenze, che insieme allo gnosticismo copto, vengono tramandate da scuole esoteriche come quella degli Ismailiti, il cui capo era il ”Signore della Montagna”. I Templari nel 1100 grazie ai loro viaggi in medio oriente, effettuati durante le crociate, riuniscono tutte queste scuole sapienziali in una unica (aggiungendo, inoltre, le conoscenze dei costruttori di cattedrali di scuola celtica e scandinava): “Ugo di Champagne, dopo alcuni soggiorni in Terra santa, fatti in compagnia di Ugo de Payns riportò in Francia al monastero di Citeaux preziosi documenti che furono segretamente studiati da dotti arabi, rabbini e cabalisti, sotto la guida di Stefano Harding. Dopo scelsero nel posto più inaccessibile dello Champagne, che prese il nome di Foresta d’Oriente, il luogo di gestazione dell’Ordine Templare; un luogo nel quale Bernardo, per ordine dell’abate Stefano Harding fonderà l’abbazia dei Cistercensi riformati di Clairvaux (tradotto sinteticamente con Chiara-valle)”.

Nel 1300 con la distruzione dell’ordine e la diaspora dei templari sopravvissuti, la conoscenza viene ereditata dai Cavalieri di Rodi e poi di Malta, dalla Massenie francese, dalla massoneria scozzese dei cavalieri di Sant’Andrea. Successivamente i segreti dei templari riaffiorano nella conoscenza degli alchimisti tardo-medievali, per poi riemergere nel Rinascimento con l’ordine dei Rosacroce. Alla fine del 1700 il Conte Di Cagliostro fonda il “Grande Oriente” che si rifà alla tradizione egizia per riproporne l’insegnamento. In epoca moderna i segreti della “tradizione” sono detenuti da alcune élite segrete appartenenti ai vari rami della massoneria contemporanea, la cosiddetta “Massoneria Speculativa”.»

Quello che questa succinta ricostruzione storica non rivela è da dove provenisse la scienza iniziatica degli egizi, dei caldei, degli Indù e degli stessi ebrei. Le entità della Confederazione e la loro controparte negativa comunicarono tramite “Canali” o anche tramite l’insegnamento diretto, la “Legge dell’Uno” a questi popoli come anche ad altri. Entità come Ra, Yahweh, Shiva ed altri non sono un mito, essi esistono realmente e hanno servito cercando di insegnare come hanno potuto, ai popoli della Terra. Dai Ra Materials:

«2.2 Interrogante: Potete dirci qualcosa sul vostro passato storico e sulle vostre precedenti esperienze nell’illusione, parlandoci magari della vostra incarnazione su questo pianeta alla quale avete fatto riferimento in precedenza, e del vostro contatto con le antiche popolazioni di questo pianeta? Così avremo qualcosa da cui iniziare per scrivere questo libro.

RA: Io sono Ra. Siamo consapevoli del fatto che la tua mente/corpo sta valutando quale sia il metodo adeguato per adempiere al compito di creare uno strumento di insegnamento/apprendimento. Siamo consapevoli del fatto che troviate di grande interesse la nostra condizione incarnata, come voi la chiamate. Abbiamo atteso una seconda domanda allo scopo di evidenziare il fatto che il tempo/spazio di diverse migliaia dei vostri anni non costituisce per noi un argomento di reale interesse. Così, nel fornirvi queste informazioni, vi chiediamo di non dare grande peso alle nostre esperienze nel vostro spazio/tempo locale. L’insegnamento/apprendimento verso il quale siamo responsabili è di tipo filosofico piuttosto che storico. Ora esaudiremo la vostra richiesta, che è innocua se opportunamente valutata.

Noi siamo quelli della Confederazione che, 11.000 dei vostri anni fa, hanno raggiunto due delle vostre culture planetarie, che a quel tempo erano strettamente a contatto con la creazione dell’Uno Creatore. Credevamo ingenuamente che avremmo potuto insegnare/imparare con un contatto diretto, senza che le distorsioni del libero arbitrio delle sensazioni individuali o della personalità fossero in pericolo di essere disturbate, per via del fatto che queste culture erano già strettamente allineate ad una credenza onnicomprensiva nella vitalità (live-ness) o consapevolezza di tutte le cose. Così, siamo giunti in quel luogo e siamo stati accolti dai popoli che desideravamo servire. Abbiamo cercato di aiutarli fornendo loro informazioni tecniche che avevano a che vedere con la guarigione delle distorsioni del complesso mente/corpo/spirito attraverso l’uso del cristallo, appropriato alla relativa distorsione, collocato all’interno di un’opportuna serie di rapporti (ratios) di materiale tempo/spazio. A questo scopo vennero create le piramidi.

Ci siamo resi conto che questa tecnologia veniva riservata prevalentemente a quelli che possedevano una forte distorsione della mente/corpo verso il potere. Questo non era previsto dalla Legge dell’Uno. Così, abbiamo lasciato quei popoli. Il gruppo che doveva lavorare con le entità dell’area del Sud America, come voi chiamate quella porzione della vostra sfera, non si è arreso così facilmente. Loro sono ritornati. Noi no. Comunque, non abbiamo mai abbandonato la vostra vibrazione, per via del fatto che eravamo responsabili dei cambiamenti nella consapevolezza che avevamo determinato in un primo momento, e che abbiamo poi trovato distorti in modalità non relegate alla Legge dell’Uno. Abbiamo cercato di contattare i sovrani della terra in cui eravamo giunti, quella terra che voi chiamate Egitto o, in certe aree, Terra Santa.

Nella Diciottesima Dinastia, come viene chiamata nelle vostre registrazioni delle distorsioni di spazio/tempo, siamo stati in grado di contattare un faraone, come voi lo chiamereste. Quest’uomo era giovane nell’esperienza di vita sul vostro piano ed era un… quello che questo strumento chiamerebbe, Errante. Così, questo complesso mente/corpo/spirito ha ricevuto le nostre distorsioni di comunicazione ed è stato in grado di fondere le proprie distorsioni con le nostre. A questa giovane entità era stato dato un complesso sonoro vibratorio che vibrava in onore di un dio prosperoso, che questo complesso mente/corpo, che noi chiamiamo strumento per comodità, chiamerebbe “Amon”. L’entità decise che non era accettabile che questo nome, essendo in onore di uno fra i molteplici dei, venisse incluso nel suo complesso sonoro vibratorio. Così, egli cambiò il suo nome in uno che onorasse il disco solare. Questa distorsione, chiamata “Aten”, era una distorsione vicina alla nostra realtà, per come comprendiamo la nostra natura di distorsioni di complesso mente/corpo/spirito. Tuttavia, essa non corrispondeva totalmente all’insegnamento/apprendimento che intendevamo e che era stato inviato. Questa entità, Akhenaten, si convinse che la vibrazione dell’Uno fosse la vera vibrazione spirituale e pertanto decretò la Legge dell’Uno.

Tuttavia, le credenze di questa entità vennero accettate da pochissime persone. I suoi sacerdoti fornivano un sevizio puramente verbale, senza avere alcun orientamento verso la ricerca spirituale. Il popolo perseverò nelle vecchie credenze. Quando l’entità abbandonò questa densità, si ritornò al credo polarizzato nei molti dèi ed ha continuato ad essere così finché l’entità nota come Muhammad non ha fornito alla popolazione una distorsione più intelligibile delle relazioni mente/corpo/spirito.

14.25 Interrogante: In che modo prestate normalmente il vostro servizio? In che modo avete solitamente offerto la Legge dell’Uno negli ultimi 2.300* anni? In che modo l’avete solitamente offerta [alla] popolazione della Terra?

RA: Io sono Ra. Abbiamo usato dei canali come questo, ma nella maggior parte dei casi, i canali si sentono ispirati da sogni e da visioni senza essere coscienti, in modo consapevole, della nostra identità o esistenza. Questo particolare gruppo è stato notevolmente addestrato a riconoscere tale contatto. Ciò rende questo gruppo in grado di essere consapevole di una focale o vibrazionale fonte di informazioni.

90.29 Interrogante: Va bene. Non credo fosse una buona domanda.

Ora, quando Ra inizialmente fece progetti per aiutare gli egiziani nella loro evoluzione, qual era il maggiore, o il concetto primario, e anche il secondario e terziario, se puoi nominarmeli, che Ra desiderava impartire agli egiziani? In altre parole, quale era il progetto di formazione o il programma di Ra per rendere gli egiziani consapevoli di ciò che era necessario per la loro evoluzione?

Ra: Io sono Ra. Siamo venuti ai vostri popoli per enunciare la Legge dell’Uno. Abbiamo voluto far comprendere a coloro che desideravano sapere dell’unità che nell’unità tutti i paradossi sono risolti; tutto ciò che è rotto è sanato; tutto ciò che è dimenticato viene portato alla luce. Non avevamo alcun piano di insegnamento, come tu lo hai chiamato, in quanto la nostra intenzione quando camminavamo tra i vostri popoli era manifestare ciò che era richiesto da quegli allievi/insegnanti a cui eravamo giunti…

18.14 Interrogante: Potete dirmi in che modo Yahweh comunicava con la popolazione terrestre?

RA: Io sono Ra. Questa è una domanda alquanto complessa.

La prima comunicazione è consistita in quella che voi chiamereste genetica. La seconda comunicazione è consistita nel “camminare fra la vostra popolazione” per generare ulteriori modificazioni genetiche nella coscienza. La terza è consistita in una serie di dialoghi con canali prescelti.

23.16 Interrogante: Grazie. Se non mi sbaglio, avete detto che era stato effettuato un contatto anche in Sud America. Potete rispondere pressapoco alla stessa domanda che vi ho posto in precedenza a proposito del vostro contatto, per quanto riguarda l’attitudine o – potete parlarmi del contatto, delle sue conseguenze, della pianificazione del contatto, e perché era stata contattata la popolazione del Sud America?

RA: Io sono Ra. Questa sarà l’ultima domanda completa di questa sessione. Le entità che hanno camminato fra gli abitanti del vostro continente sudamericano erano state chiamate per via di un simile desiderio da parte delle entità di quel luogo di ricevere informazioni riguardo alle manifestazioni del sole. Essi adoravano questa fonte di luce e di vita.

Queste entità vennero pertanto visitate da esseri di luce non dissimili a noi. Vennero impartiti degli insegnamenti, ed essi vennero accettati in una misura maggiore e distorti in una misura minore rispetto ai nostri. Le entità stesse iniziarono a costruire una serie di città sotterranee e nascoste, che includevano delle strutture piramidali.

Queste piramidi erano piuttosto diverse rispetto al progetto che avevamo emanato. Comunque, le idee di base erano le stesse, con l’aggiunta del desiderio o dell’intenzione di creare dei luoghi di meditazione e di riposo, dove fosse possibile percepire la presenza dell’Uno Creatore; tali piramidi erano dunque aperte a tutti, non solo agli iniziati e alle entità che dovevano essere guarite.

Essi lasciarono questa densità quando hanno visto che i loro piani erano stati messi solidamente in moto e che, di fatto, erano stati assimilati (Recorded). Durante i successivi tre mila cinque cento [3.500] anni, all’incirca, tali piani, sebbene piuttosto distorti, sono giunti sotto diversi aspetti ad uno stato di quasi-completamento.

Pertanto, come avviene per qualsiasi violazione della quarantena, l’entità che stava prestando assistenza alle entità sudamericane, in quella parte del Sud America che voi chiamate in parte, Rio delle Amazzoni, si è presentata davanti al Consiglio di Saturno per richiedere un secondo intervento, per poter correggere di persona le distorsioni che erano state apportate ai loro piani. Una volta che venne fornita tale autorizzazione, questa entità o complesso di memoria sociale ha fatto ritorno, e l’entità prescelta come messaggero si è recata nuovamente presso quella popolazione per correggere gli errori.

Di nuovo, è stato tutto assimilato (Recorded), e l’entità si è unita nuovamente al proprio complesso di memoria sociale, lasciando i vostri cieli.

Come era già accaduto nella nostra esperienza, anche in questo caso gli insegnamenti sono stati, per la maggior parte, notevolmente e grossolanamente distorti, fino al punto che nelle epoche successive hanno avuto luogo dei veri e propri sacrifici umani al posto della guarigione di esseri umani. Pertanto, anche a questo complesso di memoria sociale è stato offerto l’onore/responsabilità di rimanere finché tali distorsioni non verranno armonizzate dai complessi di distorsione della vostra popolazione.»

Oltre agli interventi “diretti” di cui abbiamo una testimonianza sopra, le entità della Federazione comunicarono “indirettamente” tramite sogni, visioni o ispirazioni in meditazione con coloro che desideravano ricevere tali informazioni, tra questi ci furono molti che poi diventarono profeti o fondatori di religioni e tradizioni filosofiche. Tuttavia le inclinazioni o preferenze (bias) di questi individui hanno influenzato l’enfasi posta su parti diverse del messaggio ricevuto, da questo hanno avuto origine le differenze riscontrabili tra le varie “Tradizioni” religiose e filosofiche pur avendo avuto tutte origine dalla Legge dell’Uno.

Il testo che segue tratto dal libro”The Square and Compasses” di Don Falconer è un compendio di esempi di come un concetto spirituale comune a diverse tradizioni sia stato interpretato in maniera significativamente differente da ciascuna di esse. Il concetto in questione è il “Lavoro” o “Opera” e questo termine viene ampiamente utilizzato da Ra nelle sue comunicazioni, facendo così desumere la provenienza di tale concetto da quella comune “Tradizione Originale” che è la “Legge dell’Uno”.

«LA NOBILTÀ DEL LAVORO

In tutte le religioni il lavoro è un simbolo di impegno spirituale.

Lavoro nel Mito e nella Religione

In tutti i miti e le religioni antiche, come anche nel moderno ebraismo, cristianesimo e islam, il lavoro (work) o lavoro (labour), gli stessi lavoratori, i loro salari, i loro luoghi di lavoro, le opere che svolgono e i risultati delle loro fatiche hanno tutti un significato simbolico. Nel linguaggio dei miti e delle religioni del mondo, il Lavoro o l’Opera è un simbolo di impegno (sforzo, impresa, tentativo, endeavour) spirituale. Nel simbolismo religioso il lavoro rappresenta lo sforzo dell’anima per raggiungere la perfezione e i lavoratori caratterizzano quelle qualità dell’anima attraverso le quali questi tentativi vengono messi in atto. I salari rappresentano le ricompense che verranno ricevute per i progressi compiuti, o la punizione che maturerà per la mancanza di progressi. Tali simbolici pagamenti sono commisurati al progresso spirituale raggiunto o al mancato progresso, come espresso nel vecchio adagio che “il salario del peccato è la morte”. Poiché il simbolismo massonico è stato adattato o è strettamente legato, al simbolismo del mito e della religione, sarebbe opportuno tracciare attraverso quelle fonti come si è evoluto il concetto di “nobiltà del lavoro”.

Il Simbolismo nelle Scritture Giudeo-Cristiane

C’è un ampio spettro del simbolismo religioso giudeo-cristiano che coinvolge il Lavoro, che è illustrato nei seguenti estratti dalla “New English Bible”. Gli estratti sono citati come una narrazione continua nella sequenza in cui si trovano nella Bibbia, ciascuno identificato dal suo riferimento biblico. La narrazione mostra come i vari elementi del simbolismo religioso relativo al lavoro siano intrecciati e ne mette in evidenza gli stretti parallelismi con il simbolismo massonico.

Ti guadagnerai il pane con il sudore della tua fronte finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto. Polvere sei, in polvere tornerai. (Genesi 3:19) Hai sei giorni per lavorare e fare tutto il tuo lavoro. Ma il settimo giorno è il sabato del Signore tuo Dio; in quel giorno non farai alcun lavoro. (Esodo 20-9-10 e Deuteronomio 5:13-14)) Settant’anni è la durata della tua vita , ottanta se la tua forza tiene; gli anni che si affrettano sono fatica e dispiacere, così velocemente passano e sono dimenticati. (Salmi 90:10) Quando Dio fa sorgere il sole, loro (i giovani leoni) sgattaiolano e vanno a riposare nel loro tane; ma l’uomo esce al suo lavoro e alle sue fatiche fino a sera. (Salmo 104:22-23) Mangerai il frutto del tuo lavoro, sarai felice e prospererai. (Salmo 128:2) Il lavoro dell’uomo buono è il suo sostentamento; i guadagni dell’uomo malvagio lo portano a una brutta fine. La correzione è la strada maestra per la vita; trascura la riprensione e perderai la strada. (Proverbi 10:16-17) Un uomo pigro è dilaniato dall’appetito insoddisfatto , ma i diligenti si ingrassano e prosperano. (Proverbi 13:4) Cosa guadagna l’uomo da tutto il suo lavoro e fatica qui sotto il sole? Una generazione se ne va, un’altra viene, e la terra sussiste per sempre. (Ecclesiaste 1:3-4) Quale profitto ottiene uno che lavora da tutto il suo lavoro? (Ecclesiaste 3:9) Dio giudicherà allo stesso modo il giusto e il malvagio; ogni attività e ogni scopo ha il suo tempo. Nel trattare con gli uomini è scopo di Dio metterli alla prova e vedere ciò che sono veramente. (Ecclesiaste 3:17-18) Sia che piantino o che annaffino, è lo stesso, anche se ciascuno riceverà la propria paga per il proprio lavoro. (I Corinzi 3:8-9) Se qualcuno costruisce su quel fondamento con oro, argento e pietra fine, o con legno, fieno e paglia, l’opera che ciascun uomo fa sarà alla fine portata alla luce; il giorno del giudizio lo smaschererà. Perché quel giorno sorge nel fuoco e il fuoco metterà alla prova il valore dell’opera di ciascun uomo. Se l’edificio di un uomo resiste, egli sarà ricompensato; se brucia, egli dovrà sopportare la perdita; eppure salverà la sua vita, ma come uno sfuggito ad un fuoco. Sicuramente sai che sei il tempio di Dio, dove lo Spirito di Dio dimora. (I Corinzi 3:12-16)

C’è una parabola nel Nuovo Testamento su un vignaiolo e sui suoi lavoranti, che mette a fuoco gli elementi essenziali che compongono il concetto di “nobiltà del lavoro”, compresa la giustizia della ricompensa. Questi elementi sono sottolineati anche nei passaggi del Corano e della Bhagavad Gita che vengono citati in seguito. Nella “New English Bible”, Matteo 20, la parabola è data nei seguenti termini:

Il regno dei cieli è così. C’era una volta un proprietario terriero che uscì una mattina presto per assumere lavoranti per la sua vigna; e dopo aver acconsentito a pagare loro la solita paga giornaliera (letteralmente un denaro o un soldo al giorno) li mandò a lavorare. Uscendo tre ore dopo vide altri uomini in piedi sulla piazza del mercato. “Andate e raggiungete gli altri nella vigna” disse “e vi pagherò un giusto salario”; così se ne andarono. A mezzogiorno uscì di nuovo e alle tre del pomeriggio e fece lo stesso accordo di prima. Un’ora prima del tramonto uscì e trovò un altro gruppo lì; così disse loro: “Perché state tutto il giorno in piedi così senza fare niente?” “Perché nessuno ci ha assunto”, risposero; così disse loro: “Andate e raggiungete gli altri nella vigna”. Scesa la sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama gli operai e dai loro la paga, cominciando da quelli che sono arrivati per ultimi e finendo con i primi”. Coloro che avevano iniziato a lavorare un’ora prima del tramonto si fecero avanti e furono pagati per l’intera giornata. Quando fu il turno degli uomini che erano venuti per primi, si aspettavano qualcosa in più, ma furono pagati la stessa cifra degli altri. Mentre la prendevano borbottavano al loro datore di lavoro: “Questi ritardatari hanno fatto solo un’ora di lavoro, eppure li hai messi alla pari con noi, che abbiamo sudato tutto il giorno sotto il sole cocente!” Il proprietario si rivolse a uno di loro e disse: “Amico mio, non sono ingiusto con te. Hai accettato la solita paga giornaliera, vero? Prendi la tua paga e vai a casa. Scelgo di pagare l’ultimo uomo come te. Sicuramente sono libero di fare quello che mi piace con i miei soldi. Perché essere geloso quando sono gentile? Così gli ultimi saranno i primi e i primi gli ultimi”.

In questo passaggio il “regno dei cieli” significa il compimento degli sforzi terreni di un essere umano, che può essere raggiunto solo attraverso l’accettabile completamento dell’opera di una vita ed è spesso indicato in senso figurato come quella “casa non fatta con le mani, eterna nei cieli”. I pensieri e le azioni del “proprietario terriero” rappresentano Volontà, Saggezza e Azione, i tre aspetti divini degli esseri umani mentre lavorano in questa terrena “arena di vita”. I pensieri e le azioni dei “lavoratori” simboleggiano quelle qualità dell’anima con cui un essere umano deve lavorare per il proprio miglioramento mentre è sulla terra, così come l’avidità e la gelosia insite nella natura umana. La “vigna” rappresenta la sfera della saggezza spirituale umana, illustrante i più ampi aspetti della natura umana che devono essere sviluppati per raggiungere un fine spirituale appagante. Il “Lavoro” simboleggia gli sforzi che le anime umane dovrebbero compiere verso il raggiungimento della perfezione, attraverso i loro sforzi sulla terra. Il “giusto salario” non solo simboleggia quelle specifiche acquisizioni spirituali che ricompenseranno gli esseri umani per il completamento con successo del loro lavoro di vita, ma serve anche a ricordare che la ricompensa non deve essere l’unico obiettivo del lavoro.

Gli Insegnamenti di Maometto

Il nome corretto per la religione del Profeta Maometto è Islam, che è l’infinito del verbo arabo che significa sottomettere. I seguaci dell’Islam intendono questo come “sottomissione al volere di Allah”, da cui deriva l’espressione “inche Allah”, che significa “a Dio piacendo”. Il termine corretto per un seguace dell’Islam è musulmano, che è il participio presente dello stesso verbo. Per apprezzare il concetto islamico della nobiltà del lavoro, è utile conoscere qualcosa delle origini dell’Islam e delle sue principali credenze. L’Islam è derivato dalle rivelazioni ricevute dal Profeta Maometto, che nacque alla Mecca tra il 570 e il 580. Era il figlio postumo di un padre poco conosciuto e sua madre morì quando aveva circa sei anni. Dopo la morte della madre, fu allevato dal nonno e poi dallo zio Abu Talib. Le Tradizioni ci dicono che quando Maometto aveva dodici anni andò a vivere con suo zio in Siria, dove incontrò e ricevette istruzione religiosa da un monaco cristiano di nome Bahira. Anche se si sa poco della vita giovanile di Maometto con certezza, non c’è dubbio che fosse ben versato nelle scritture degli ebrei e dei cristiani, a cui si riferiva come la “gente del libro”. Le tre dottrine più importanti dell’Islam sono: Primo, che l’unico Dio, Allah, è la fonte sia del bene che del male. Secondo, che la volontà di Allah è suprema, senza alcuna restrizione da leggi o principi. Terzo, che solo Allah decide chi sarà perdonato e chi sarà punito.

Sir Norman Anderson (1908-), un esperto di fama mondiale sulla legge e la pratica dell’Islam, fu nominato professore di Leggi Orientali presso l’Università di Londra nel 1954. Scrivendo sull’Islam in “The World’s Religions”, che il professor Anderson ha curato, ha riassunto l’essenza della fede islamica nelle seguenti parole:

Il Dio musulmano può essere meglio compreso nel deserto. La sua vastità, maestà, spietatezza e mistero – e il risultante senso dell’assoluta insignificanza dell’uomo – suscitano l’adorazione e la sottomissione dell’uomo, ma a malapena stimolano il suo amore o suggeriscono quello di Dio“.

La pratica dell’Islam si concentra sull’osservanza religiosa, al centro della quale sono i “Cinque Pilastri” o i “fondamenti della religione”, che sono la recitazione del credo, la preghiera rituale, il digiuno, l’elemosina e il pellegrinaggio. I musulmani credono di poter raggiungere il paradiso solo con una stretta osservanza dei Cinque Pilastri, unita al riconoscimento dell’Unità e della Trascendenza di Dio, diversamente dalla salvezza basata sulla vita e sulle opere dell’individuo. Tuttavia gli ‘aqa’id, che sono gli “Articoli di fede” attribuiti dalla tradizione allo stesso Profeta Maometto, richiedono tra l’altro che un musulmano debba credere “in Dio, nei suoi Angeli, nei suoi Libri, nei suoi Messaggeri, ne L’Ultimo Giorno… e nel Decreto sia del bene che del male”. L’educazione di Maometto ha indubbiamente plasmato le sue iniziali convinzioni. La maggior parte dei temi importanti delle scritture giudeo-cristiane si riflettono nel Corano (Koran) o Qur’an. Nonostante l’atteggiamento dell’Islam nei confronti della salvezza, il Corano mette in evidenza le ricompense per le buone opere quando si parla della trascendenza e dell’immanenza di Dio nei versetti da 35 a 40 della Sûrah XXIV – Luce:

Allah è la Luce dei cieli e della terra. . . . Luce su luce, Allah guida alla Sua luce chi egli vuole. E Allah parla all’umanità per mezzo di allegorie, perché Allah è Conoscitore di tutte le cose. . . . Gli uomini che né la mercanzia né la vendita distolgono dal ricordo di Allah e dalla costanza nella preghiera e nel pagare ai poveri ciò che è loro dovuto; che temono un giorno in cui i cuori e gli occhi saranno sconvolti; che Allah li ricompensi per il meglio delle loro opere e aumenti la ricompensa per loro della sua generosità. Allah concede benedizioni senza limite a chi lui vuole. Quanto a coloro che non credono, le loro azioni sono come un miraggio nel deserto. L’assetato crede che sia acqua fino a ché non va ad essa e non trova nulla; e trova al suo posto, Allah, che gli paga ciò che gli è dovuto; e Allah è rapido al conto… E colui per il quale Allah non ha assegnato luce, per lui non c’è luce”.

Gli Insegnamenti nell’Induismo

L’induismo è una delle più antiche religioni viventi del mondo. Non ha avuto un singolo fondatore, ma ha avuto origine nelle antiche civiltà pre-ariane dell’India. I suoi concetti e le sue pratiche si sono evoluti gradualmente nel corso di cinquemila o più anni, assimilando tutti i diversi movimenti culturali e religiosi in India. Sebbene ci siano alcune ovvie affinità tra l’Islam e le “bhakti” o “sette devozionali dell’Induismo”, in particolare la forma Nirgunam, che mette in risalto un Dio senza immagine e senza forma, le dottrine dell’Induismo sono in netto contrasto con quelle dell’Islam. Questo perché l’induismo pone molta più enfasi sulla condotta di vita, piuttosto che sulle rigide forme di religione richieste dall’Islam. Il principio centrale dell’induismo è la legge del karma, che è il principio dell’azione e della reazione morale applicata al comportamento sia buono che cattivo, da cui si dice che “come un uomo semina, così raccoglierà”. L’induismo cerca le verità fondamentali che sono alla base di tutte le manifestazioni, senza nessuna delle nette distinzioni che si sono sviluppate tra religione e cultura nelle civiltà occidentali. L’induismo è inoltre una fede evolutiva, che assorbe gli ideali e l’etica del cristianesimo e di altre religioni moderne, ma non è caratterizzata da un credo come l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam. Gli indù chiamano la loro religione sanatana dharma, che significa “la religione eterna” che non ha né inizio né fine, ma è coeva alla vita stessa. Tutte le verità religiose sono considerate manifestazioni dell’Unica Verità, o Realtà Ultima. Nella Bhagavad-Gita, o “Canto del Signore”, Krishna dichiara:

In qualunque modo gli uomini si avvicinino a me, anche così li accetto; poiché da tutte le parti, qualunque strada scelgano è la mia.”

La conoscenza e l’accettazione ultima di questa profonda verità è un’esperienza mistica interiore che l’indù esprime in questa familiare preghiera:

Dall’illusione guidami alla verità. Dalle tenebre guidami alla luce. Dalla morte guidami verso l’immortalità.”

La legge sacra che è esposta nelle numerose scritture indù, così come i presupposti fondamentali della fede, sono chiamati dharma. Il dharma non è meramente una credenza religiosa, ma un modo totale di vita e di condotta diretto verso la ricerca del Brahman, che è l'”Essere Eterno” o “Realtà”, per il quale la legge del karma è centrale. Il karma è azione o attività, che si esprime come interpretazione morale della legge naturale di causazione. Il karma dice che ogni azione è l’effetto di una causa, che a sua volta è causa di un effetto. Opera come una legge inesorabile di retributiva giustizia, così che le cattive azioni raccolgono sofferenza e schiavitù (Legame; Bondage), mentre le buone azioni portano alla libertà. Un’aggiunta essenziale al karma è la credenza nella trasmigrazione dell’anima, che si chiama Samsara. Nell’Induismo si crede che l’anima sia eterna e condivida l’essenza stessa della Realtà. Il bene e il male sono considerati una funzione della misura in cui l’anima è attaccata o distaccata dal Sé Individuale, così che quando l’anima raggiunge il suo Vero Sé la moralità viene trascesa e l’anima viene liberata dalla ruota della rinascita e dalla schiavitù del karma, ottenendo così la Salvezza. Nelle scritture indù la guerra nel Mahabharata è una guerra terrena, laddove la guerra nella Bhagavad Gita è simbolica. L’importanza attribuita al lavoro disinteressato (non rivolto al sé; unselfish) nell’induismo è sottolineata nella traduzione dal sanscrito della Bhagavad Gita di Juan Mascaró (2.47-50), quando Krishna come auriga dell’anima si rivolge ad Arjuna quale anima dell’uomo:

Dedica il tuo cuore al tuo lavoro, ma mai alla sua ricompensa. Lavora non per una ricompensa; ma non cessare mai di compiere il tuo lavoro. Compi il tuo lavoro nella pace dello Yoga e libero dai desideri egoistici; non commuoverti nel successo o nel fallimento. Lo yoga è l’equilibrio (evenness) della mente, una pace che è sempre la stessa. Perché il lavoro svolto per una ricompensa è molto inferiore al lavoro svolto nello Yoga della saggezza. Cerca la salvezza nella saggezza della ragione. Quanto sono poveri quelli che lavorano per la ricompensa! In questa saggezza l’uomo va al di là di ciò che è ben fatto e di ciò che non è ben fatto. Vai dunque con saggezza: lo Yoga è saggezza nell’Opera”.

Gli Insegnamenti del Buddismo

Il buddismo è una progenie dell’induismo, che è venuto in esistenza quasi seicento anni prima di Cristo e circa milleduecento anni prima dell’Islam. Sebbene nel Buddismo sia praticata un’ampia varietà di dottrine e usanze, esse derivano tutte dalle “Quattro Verità” dell’illuminazione di Siddhartha Gautama. A Gautama fu dato il titolo di Buddha, che significa “Illuminato” o “Risvegliato”, da cui deriva il nome della religione. Le Quattro Verità trattano della sofferenza; con la causa della sofferenza; con il concetto che la sofferenza cessa quando cessa il desiderio; e infine con l’Ottuplice Sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza. I passi dell’Ottuplice Sentiero sono rette visioni, rette aspirazioni, retta parola, retta condotta, retto modo di vivere, retto sforzo, retta consapevolezza e retta concentrazione. Due di questi passi in particolare, vale a dire il retto modo di vivere e il retto sforzo, implicano il karma in un senso molto simile a quello inteso nell’induismo, nella misura in cui l’esistenza futura di un uomo è sempre considerata sostanzialmente influenzata dalle sue azioni presenti. Il buddismo insegna che tutto ciò che esiste passa attraverso un continuo ciclo di nascita, crescita, decadimento e morte, ma che in realtà non esiste la morte. L’obiettivo ultimo del buddismo è il Nirvana, una parola sanscrita che letteralmente significa “estinzione”, ma in questo caso si riferisce solo all’esistenza tangibile. Il Nirvana è uno stato etico in cui il karma giunge al termine e tutte le rinascite future vengono eliminate, ogni bramosia è estinta e vi è una liberazione finale da ogni sofferenza.

Altre Religioni Orientali

Il Sikhismo è una setta monoteista dell’India settentrionale fondata da Nanak (1469-1538), che cercò di armonizzare Islam e Induismo, ma non riuscì a superare le differenze essenziali nelle dottrine. La parola punjabi sikh deriva dal sanscrito siksya che significa uno studente o un discepolo. La salvezza è vista come un’unione mistica con l’Uno Senza-Forma, principalmente attraverso il potere della Bhakti o Devozione, unita a Jnana o Conoscenza e Karma o Azione. Le sacre scritture del Sikhismo sono l’Adi-Granth, che è l’unica autorità. Il sikhismo è l’unica setta bhakti che si è separata “dall’ovile” dell’induismo. Il taoismo e il confucianesimo sono le antiche religioni native della Cina e lo shintoismo abbraccia le pratiche religiose tradizionali che hanno avuto origine in Giappone. Il misticismo taoista contrasta con il pragmatismo confuciano, ma entrambi sono sistemi etici per la regolazione della condotta nella sfera terrena, senza grande enfasi su Dio o su di una vita dopo la morte. Lo shintoismo non ha mai sviluppato una dottrina sistematica, ma è un amalgama di atteggiamenti, idee e modi di fare le cose, dipendenti da una fede personale nel Kami. Sebbene il Kami non possa essere definito con precisione, implica i concetti di Più Elevato e Superiore.

Nei tempi antichi kami era riferito a tutto ciò che ispirava soggezione. Il taoismo, il confucianesimo e lo shintoismo non hanno scritture sacre simili a quelle di altre religioni, dalle quali le loro credenze riguardo al lavoro e alle sue ricompense si possano accertare e confrontare. Tuttavia, alcuni aspetti di queste religioni sono di interesse. Uno dei principi più importanti della filosofia cinese è la convinzione che il cosmo sia governato da due forze opposte, lo yin e lo yang. Lo yin è la forza femminile, che rappresenta la terra, il freddo, l’oscurità e la morte. Lo yang è la forza maschile, che rappresenta il cielo, il calore, la luce e la vita. La parola Tao, da cui il Taoismo deriva il suo nome, significa sia “Il Verbo” che “la Via”, che hanno significati identici a quelli delle stesse parole quando usate nella traduzione della “New English Bible” del vangelo secondo Giovanni:

Quando tutte le cose ebbero inizio, il Verbo era già. Il Verbo dimorava con Dio e ciò che Dio era il Verbo era”. (Giovanni 1:1) “Io sono la Via; Io sono la verità e io sono la vita.” (Giovanni 14:6)

Nel misticismo del Taoismo, il Tao è concepito come il primo principio che precede anche Dio ed è l’energia cosmica universale alla base dell’ordine della natura. Nel pragmatismo del confucianesimo viene enfatizzata l’importanza della virtù, della correttezza e del corretto rituale. Confucio è la traduzione latina di K’ung Fu-tsu, o il Maestro K’ung il cui nome era K’ung Ch’iu e che probabilmente nacque nel 552 a.C. Molto del buddismo è stato assorbito dal taoismo e dal confucianesimo negli ultimi mille anni circa. Le origini dello shintoismo sono nascoste nella preistoria del Giappone, ma ha ricevuto il suo nome attuale nel sesto secolo da due caratteri cinesi, “shen”, che significa “Essere Divino” e “tao”, che significa “la Via”.

Il Lavoro nel Simbolismo Massonico

Migliaia di aderenti al buddismo, all’induismo, al giudaismo e al sikhismo, così come i cristiani, sono massoni che trovano che i principi della confraternita siano in accordo con le loro personali credenze religiose. Anche molti musulmani sono stati massoni e alcuni lo sono ancora, sebbene le sette più estreme dell’Islam ritengano che la massoneria appartenga solo agli infedeli. Tuttavia, dal precedente compendio delle religioni istituite su base mondiale, è ovvio che i principi ed i dogmi della massoneria non sono in conflitto con le credenze di quelle religioni. È inoltre evidente, dai testi scritturali citati, che il simbolismo massonico relativo al concetto di “nobiltà del lavoro” è in stretto accordo con il simbolismo religioso riguardante il Lavoro e le sue ricompense. È naturale che la massoneria abbia molti simboli illustrati dagli aspetti pratici della massoneria operativa, ma anche molti simboli nelle “Scritture” sono appropriatamente correlati all’arte operativa. I testi scritturali citati e le credenze religiose delineate sopra non lasciano dubbi sul fatto che il Lavoro è qualcosa di più del “destino dell’uomo”. Non è soltanto una necessità, ma anche una nobile virtù. I monaci antichi insegnavano, anche se non sempre praticavano, il saggio precetto che “laborare est orare”, che significa “il lavoro è preghiera”, anche se spesso viene citato come “il lavoro è devozione”. La Massoneria insegna che l’obiettivo e lo scopo principale di tutta l’umanità è lavorare bene e sinceramente, con onestà e tenacia, per il bene e la salvezza finale dell’umanità.

Nel “Bulletin du Grand Orient de France”, dicembre 1868, c’è un discorso tenuto da Fratelli “Troué” ai confratelli della Loggia di Saint-Pierre in Martinica, che include la seguente spiegazione che bene illustra quanto i principi e le dottrine della massoneria si riferiscano al concetto della “nobiltà del lavoro”:

Il nostro nome di Massone e i nostri emblemi annunciano distintamente che il nostro obbiettivo è l’elevazione del lavoro.

Noi, come Massoni, non consideriamo il lavoro come una punizione inflitta all’uomo; ma al contrario, lo eleviamo nei nostri pensieri all’altezza di un atto religioso, che è il più gradito a Dio perché è il più utile all’uomo e alla società.

Decoriamo noi stessi con gli emblemi del lavoro per affermare che la nostra dottrina è una protesta incessante contro lo stigma impresso sulla legge del lavoro, che un errore di comprensione che procede dall’ignoranza dell’uomo nei tempi primitivi, ha eretto a dogma; un errore che ha portato alla produzione di questo fenomeno antisociale che riscontriamo ogni giorno; vale a dire che la degradazione del lavoratore è tanto grande quanto più il suo lavoro è duro, mentre l’elevazione dell’ozioso è maggiore quanto più è completa la sua pigrizia.

Ma lo studio delle leggi che mantengono l’ordine nella natura, liberate dai ceppi delle idee preconcette, ha portato i massoni a quella dottrina, molto più morale della credenza contraria, che il lavoro non è un’espiazione, ma una legge di armonia, dalla soggezione alla quale l’uomo non può liberarsi senza compromettere la propria felicità e sconvolgere l’ordine della creazione. Il Disegno dei massoni è la riabilitazione del lavoro, che è indicata dal grembiule che indossiamo e dal martelletto, dalla cazzuola e dalla livella che si trovano tra i nostri simboli”.»

Il passo della “Bhagavad Gita” riportato sopra può essere messo a confronto con quanto similarmente dichiarato da Ra per avere l’ennesima conferma della comune origine dalla Legge dell’Uno di molte delle “Tradizioni”:

« …quando Krishna come auriga dell’anima si rivolge ad Arjuna quale anima dell’uomo: Dedica il tuo cuore al tuo lavoro, ma mai alla sua ricompensa. Lavora non per una ricompensa; ma non cessare mai di compiere il tuo lavoro. Compi il tuo lavoro nella pace dello Yoga e libero dai desideri egoistici; non commuoverti nel successo o nel fallimento. Lo yoga è l’equilibrio (evenness) della mente, una pace che è sempre la stessa. Perché il lavoro svolto per una ricompensa è molto inferiore al lavoro svolto nello Yoga della saggezza. Cerca la salvezza nella saggezza della ragione. Quanto sono poveri quelli che lavorano per la ricompensa! In questa saggezza l’uomo va al di là di ciò che è ben fatto e di ciò che non è ben fatto. Vai dunque con saggezza: lo Yoga è saggezza nell’Opera”.

RA: “D’altra parte, comunque, hai ragione nel tuo presupposto che la risposta del raggio verde non è così raffinata come quella che è stata permeata di saggezza. Questa saggezza consente all’entità di apprezzare i suoi contributi alla coscienza planetaria per mezzo della qualità del suo essere, senza riguardo all’attività o al comportamento che prevede dei risultati sui piani visibili”. »

Concludo questo testo con alcune considerazioni che ritengo significative. In molti ambienti la massoneria è diventata sinonimo di complotto segreto al fine di dominare l’umanità ed ha così assunto una accezione negativa come sua caratteristica distintiva. Posso affermare che la massoneria al pari delle altre “tradizioni” non è intrinsecamente né positiva né negativa ma offre al ricercatore puro un percorso puro per la realizzazione dell’Uno Creatore. Chi è sul “sentiero negativo” troverà nella gerarchia interna di queste strutture una possibilità di espressione del suo desiderio di Lotta per il Potere e Controllo sugli Altri. Chi si trova sul “Sentiero positivo” troverà una possibilità per esprimere la sua ricerca di “positività” nel relativo isolamento dalle cose del mondo e da un ambiente di ricerca interiore personale tramite la meditazione o le pratiche religiose e di Servizio agli altri che queste strutture offrono.

Ciò che è veramente importante è il perseguimento della ricerca dello Spirito, sia su di un sentiero che sull’altro. È questo che distingue un’entità di terza dimensione da una di seconda ed è questo che la condurrà alla “promozione” in Quarta Dimensione.

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