ASTRI NELLA TRADIZIONE ORIGINALE (parte prima)

ASTRI NELLA TRADIZIONE ORIGINALE

L’intento nell’esposizione del seguente testo è di illustrare alcuni elementi di conoscenza astronomica provenienti da quella Tradizione Originale (Link) a cui mi sono spesso riferito nelle mie dissertazioni. Per fare ciò è necessario introdurre alcuni elementi di astronomia come i moti di rivoluzione nel sistema solare, l’eclittica e le inclinazioni degli assi dei pianeti rispetto ad essa, le congiunzioni planetarie e le eclissi. Tutto questo sistema di rappresentazione dei moti nel sistema solare è basato sulle leggi di Keplero e sull’assunto che le orbite dei pianeti siano ellittiche. Questo sistema è superato dal modello spiraliforme proposto dal dottor Nassim Haramein (Link) ma essendo ugualmente funzionale al calcolo delle eclissi, delle congiunzioni e delle opposizioni planetarie, in questo testo ci si atterrà ad esso. In questo modo verrà introdotto l’argomento principale che sono i “Cicli dei Saros” babilonesi, i “Pianeti Reali” dell’astronomia persiana e le “Stelle fisse beheniane” dell’astronomia medievale occidentale ed araba. Confrontando questi tre sistemi con i Nakshatra della tradizione vedica e con le costellazioni dello Zodiaco dell’astrologia occidentale, si noterà che in tutti questi sistemi sono comuni un certo numero di stelle e asterismi. Astri che sono ritenuti significativi in queste antiche tradizioni in quanto sono tra i principali punti di afflusso dell’energia cosmica che entra nella rete energetica planetaria e nella rete energetica degli individui che dimorano sulle sfere planetarie. Gli influssi energetici provenienti da questi asterismi come anche dai pianeti del sistema solare e dai loro satelliti, per certa parte influenzano gli eventi sulla Terra ed anche la qualità dell’esperienza sperimentata dai suoi abitanti. Un esempio ben noto di ciò è l’influenza della Luna sulle maree del pianeta, sulla crescita delle piante, sulla crescita dei capelli, sull’equilibrio psichico ed emotivo degli individui (esemplare dimostrazione di questo è l’effetto del Plenilunio).

MOTI DEI PIANETI

I pianeti come anche le stelle sono sottoposti ad un certo numero di moti specifici a ciascuno di loro, due di questi moti interessano questa discussione, il moto di rotazione ed il moto di rivoluzione. In generale si definisce Moto di Rivoluzione il movimento che un pianeta, o più in generale un qualsiasi corpo celeste, compie attorno ad un centro di massa. Ad esempio il moto di rivoluzione può essere di un pianeta attorno ad una stella come il caso della Terra attorno al Sole. Di un satellite attorno al suo pianeta come la Luna attorno alla Terra. Di sistemi stellari intorno al sole centrale galattico come accade nelle nostra galassia “Via Lattea”. Il Moto di Rotazione è il moto che un corpo celeste compie attorno al proprio asse.

Moto di rivoluzione dei pianeti attorno al Sole

È il moto di rotazione attorno ad un’orbita che i pianeti del sistema solare compiono attorno alla stella Sole. Secondo la prima legge di Keplero le orbite dei pianeti del Sistema Solare sono ellittiche e il Sole occupa uno dei due fuochi di queste ellissi. Pertanto la distanza dal sole dei pianeti durante questo moto varia continuamente con due punti massimi che in generale sono definiti:

Afastro il punto di maggior distanza dal corpo che occupa il fuoco dell’orbita. Se il punto di riferimento è il Sole si parla di afelio. Per la Luna, invece, si parla di apogeo dal momento che si fa riferimento alla distanza dalla Terra.

Periastro il punto di maggior vicinanza al corpo che occupa il fuoco dell’orbita. Se il punto di riferimento è il Sole si parla di perielio. Per la Luna, invece, si parla di perigeo dal momento che si fa riferimento alla distanza dalla Terra.

Leggi di Keplero

Nel moto la somma delle distanze dai due fuochi è costante.

Ellisse

Nell’ellisse possiamo individuare:

Semiasse maggiore (a)

Semiasse minore (b)

Semi-distanza focale (c)

Indicheremo quindi con 2a il semiasse maggiore (AB), con 2b il semiasse minore (CD) e con 2c la distanza focale (F1 F2).

Dalla figura, si nota che la somma delle distanze dai due punti fissi detti fuochi è costante ed è pari alla lunghezza dell’asse maggiore (2a). Quindi, si può anche applicare il teorema di Pitagora: a^2=b^2+c^2

Terza Legge

Nota

Come ho già affermato nell’introduzione a questo testo, per convenienza verrà considerato che le orbite siano delle ellissi ma ciò implicherebbe che il Sole, come qualunque altra stella, fosse fermo all’interno del sistema galattico. Così non è, il Sole si muove all’interno del sistema così che l’ellisse si svolge e nel tempo genera una forma elicoidale, a spirale.

Il moto di rivoluzione può avvenire sia in senso orario che antiorario. I pianeti del sistema solare si muovono in senso antiorario attorno al Sole concordemente al senso di rotazione della stella intorno al suo asse; se tutto questo è osservato dal punto di osservazione del polo nord celeste.

Il moto di rivoluzione dei pianeti attorno al Sole è caratterizzato da un periodo di rivoluzione che è l’intervallo di tempo necessario per compiere un’orbita completa (anno solare); e da una velocità di rivoluzione che è la velocità media con cui ciascun pianeta orbita attorno al Sole espressa solitamente in chilometri al secondo (km/s).

Moto di rotazione dei pianeti del Sistema Solare

Il moto di rotazione di un qualsiasi corpo celeste è il movimento continuo che esso compie attorno al proprio asse, detto asse di rotazione. Ogni moto di rotazione è caratterizzato da un periodo di rotazione e da una velocità di rotazione peculiari al corpo celeste considerato. Il periodo di rotazione è il tempo che un corpo celeste impiega per compiere una rotazione completa attorno al proprio asse. La velocità di rotazione è la velocità lineare (ossia la distanza percorsa da un punto nell’unità di tempo) con cui avviene il moto di rotazione, e varia con la latitudine: è massima all’equatore e decresce al crescere della latitudine fino a diventare nulla ai poli. Nel caso della Terra il moto di rotazione avviene attorno all’asse terrestre ad una velocità di 1668 km/h all’equatore e che richiede in media un Giorno sidereo, pari a 23 ore 56 minuti e 4 secondi.

Il moto di rotazione può avvenire sia in senso orario che antiorario: nel caso dei pianeti del Sistema Solare, per convenzione viene considerato come moto di rotazione diretto (o normale) quello che avviene in senso antiorario, perché questo è il moto di rotazione del Sole attorno al proprio asse, così come il verso del moto di rivoluzione di tutti i pianeti intorno al Sole.

La maggior parte dei pianeti presenta una rotazione diretta intorno al proprio asse, ad eccezione di Venere e Urano che presentano un moto di rotazione retrogrado, cioè in verso orario e quindi opposto al proprio moto di rivoluzione.

Moto di Rotazione e di Rivoluzione della Terra

Il pianeta Terra compie diversi Movimenti, alcuni sono a noi più evidenti e sono i seguenti:

Moto di rotazione: la rotazione che la Terra compie attorno al proprio asse terrestre.

Moto di rivoluzione: il moto che la Terra compie attorno al Sole lungo un’orbita ellittica.

Moto di Rotazione della Terra

Source:Globespin.gif – created using NASA’s “Visible Earth” image (in the public domain). Author Wikiscient, Tdadamemd.

È il moto che la Terra compie attorno al proprio asse detto “Asse Terrestre” (anche se, per essere precisi, è la rotazione stessa a determinare l’asse terrestre). La durata di una rotazione completa viene definita giorno. In base ai riferimenti vengono definiti: Giorno sidereo, pari a 23h56′, la durata di una rotazione misurata rispetto alle stelle. Giorno solare, pari a circa 24h. Giorno civile, esattamente di 24h, è quello definito dall’uomo, e si basa sul giorno solare medio.

La conseguenza più evidente del moto di rotazione terrestre è l’alternanza tra il dì e la notte. Il dì è la parte del giorno in cui un dato punto di osservazione riceve la luce del Sole, e dura dall’alba al tramonto (i rispettivi momenti in cui il Sole sorge e tramonta); la notte invece è la parte del giorno in cui il punto di osservazione non riceve la luce solare, e dura dal tramonto all’alba. Il dì e la notte scandiscono il moto di rotazione della Terra e hanno una durata variabile nel corso di un anno. Tale durata dipende dalla posizione della Terra lungo la propria orbita intorno al Sole. Questo fenomeno è dovuto all’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre che diversifica l’area di esposizione alla luce solare della superficie terrestre mentre la Terra percorre la propria orbita.

Variazione dell’area di esposizione alla luce solare nel corso del moto di rivoluzione.

Illuminazione della superficie terrestre agli equinozi.

Illuminazione della superficie terrestre durante il Solstizio estivo.

Durata del dì durante stagione estiva.

L’apparente movimento del Sole che sorge ad Est e tramonta ad Ovest è in realtà dovuto alla rotazione della Terra (che ruota da ovest verso est). Questo moto apparente è comune a tutti i corpi celesti (Luna, stelle, pianeti e altri corpi minori) che sorgono all’incirca a est e tramontano all’incirca a ovest se visti dalla prospettiva terrestre. I corpi celesti vicini al polo nord celeste detti “Costellazioni circumpolari apparentemente non sembrano mai sorgere o tramontare e sembrano ruotare attorno al Polo nord celeste (Stella Polare) nell’emisfero boreale ed al Polo sud celeste (Sigma Octantis) nell’emisfero australe.

Rotazione apparente della volta celeste sopra l’osservatorio di Cerro Paranal.

Moto di Rivoluzione della Terra

Attribuzione: usagif.com

È il moto che la Terra compie attorno al Sole. Il Periodo di rivoluzione terrestre è detto Anno siderale ed è pari a 365,2564 giorni solari medi (365 giorni, 6 ore, 9 minuti e 10 secondi). In questo intervallo di tempo la Terra si muove ad una velocità media di 30 km/s (pari a circa 108000 km/h) e percorre un’orbita della lunghezza media di 946 080 000 km.

La Terra percorre, come gli altri pianeti del sistema solare, un’orbita ellittica avente un’eccentricità di appena 0,017 attorno al Sole (che occupa uno dei due fuochi) in senso antiorario (se osservato dal polo nord celeste). La Terra raggiunge il perielio (il punto di massima vicinanza) all’inizio di gennaio, e l’afelio (il punto di massima distanza) ad inizio luglio (si osservi che l’alternarsi delle stagioni non è dovuto al variare della distanza dal Sole, poiché nell’emisfero nord del pianeta la stagione calda coincide con il periodo di massima distanza dal Sole).

Il non percorrere un’orbita circolare, pur se l’eccentricità è piccola, comporta che la velocità non sia uniforme: un pianeta va più veloce al perielio piuttosto che all’afelio. Tale variazione segue la seconda Legge di Keplero.

Orbita e stagioni

L’inclinazione assiale della Terra, con evidenziati i piani dell’eclittica e dell’equatore celeste. L’asse di rotazione individua il Polo Nord celeste e il Polo Sud celeste.

La principale conseguenza della rivoluzione terrestre attorno al Sole è l’alternanza delle stagioni. Essendo l’asse terrestre inclinato rispetto alla perpendicolare al piano dell’orbita (stessa inclinazione del piano equatoriale rispetto al piano dell’eclittica), a seconda della posizione della Terra lungo la propria orbita i due emisferi boreale e australe non vengono illuminati in modo omogeneo. Di conseguenza vi sono tratti dell’orbita in cui un emisfero riceve complessivamente più luce rispetto all’altro.

L‘inclinazione dell’asse terrestre insieme al moto di rivoluzione della Terra attorno al Sole sono la causa dell’alternanza delle stagioni.

Per convenzione astronomica, le quattro stagioni sono determinate dai solstizi, i due punti dell’orbita terrestre dove l’asse terrestre ha l’inclinazione massima, o verso il Sole o dalla parte opposta del Sole, e dagli equinozi, i due punti dell’orbita terrestre dove l’asse terrestre inclinato è perpendicolare alla linea immaginaria che congiunge i centri della Terra e del Sole. I solstizi e gli equinozi dividono l’anno in quattro parti più o meno di uguale durata. Nell’emisfero settentrionale, il solstizio d’inverno si verifica intorno al 21 dicembre, il solstizio d’estate intorno al 21 giugno, l’equinozio di primavera intorno al 20 marzo, l’equinozio d’autunno intorno al 23 settembre. L’effetto dell’inclinazione dell’asse terrestre nel sud del mondo è l’opposto di quello nell’emisfero settentrionale, quindi le stagioni nel sud del mondo sono il contrario di quelle nel nord del mondo (il solstizio d’estate boreale è allo stesso tempo il solstizio d’inverno australe).

Nei tempi moderni, la Terra si trova al perielio (minima distanza dal Sole) intorno al 3 gennaio, e all’afelio (massima distanza dal Sole) intorno al 4 luglio; per altre epoche, occorre considerare la precessione degli equinozi e i cicli di Milanković.

Lo schema seguente mostra la relazione tra la linea dei solstizi, la linea degli equinozi e la linea degli apsidi dell’orbita terrestre. Sono evidenziati i seguenti eventi: il perielio (il punto più vicino al Sole), dal 2 al 5 gennaio, l’afelio (il punto più lontano dal Sole), dal 3 al 5 luglio, i solstizi, il 20 o 21 giugno e il 21 o 22 dicembre, gli equinozi, dal 19 al 21 marzo e il 22 o 23 settembre.

La variabilità della distanza Terra-Sole, dovuta all’eccentricità dell’orbita, determina un aumento di circa il 6,9% di energia solare totale che raggiunge la Terra al perielio rispetto all’afelio.

A causa dell’inclinazione dell’asse della Terra nella sua orbita, l’intensità massima dei raggi solari colpisce la Terra 23,4 gradi a nord dell’equatore al solstizio di giugno (al Tropico del Cancro), e 23,4 gradi a sud dell’equatore al solstizio di dicembre (al Tropico del Capricorno).

Eclittica ed Equatore Terrestre

L’eclittica e la sua relazione con l’asse di rotazione, piano orbitale e inclinazione assiale.

Il moto di rivoluzione della Terra intorno al Sole avviene lungo un’orbita che giace su un piano immaginario, detto Piano dell’eclittica, che è il percorso apparente che il Sole compie in un anno rispetto allo sfondo della sfera celeste. Si tratta dell’intersezione della sfera celeste con il piano geometrico, detto piano eclittico o piano dell’eclittica, su cui giace l’orbita terrestre. È dunque il cerchio massimo della sfera celeste geocentrica di raggio pari alla distanza tra il centro del Sole e il centro della Terra. Il nome deriva da eclissi poiché è sul piano dell’eclittica che si può produrre l’allineamento di tre astri, Sole, Terra e Luna, per dar luogo a tale fenomeno astronomico.

Immagine tratta da www.cieloeterra.it/corso1/Lezione01/02equatore.html.

L’eclittica è il cammino apparente che il Sole percorre nel cielo nel corso di un anno, causato in realtà dalla rotazione della Terra intorno al Sole (rivoluzione). Tale moto non è da confondere col cammino che il Sole compie in cielo durante una giornata, dovuto invece al movimento di rotazione della Terra su se stessa, il quale provoca il sorgere e il tramontare degli oggetti celesti. L’eclittica è infatti un cerchio (360 gradi) che vediamo percorrere dal Sole in 365 giorni, cioè compiendo meno di un grado al giorno: di conseguenza, il Sole ci appare ogni giorno ad un’angolatura leggermente differente.

L’eclittica si può considerare anche come il cerchio massimo dato dall’intersezione tra il piano dell’orbita terrestre attorno al Sole (detto appunto “piano dell’eclittica”) e la sfera celeste. Quest’ultima rappresenta una sfera molto grande, di cui la Terra occupa la posizione centrale e sulla quale ai nostri occhi sembrano essere disposte tutte le stelle. L’equatore e i poli della sfera celeste sono una sorta di estensione dell’equatore e dei poli della Terra. Poichè il Polo Nord celeste ruota attorno al Polo Nord dell’eclittica in 25.920 anni (fenomeno chiamato “precessione”), la Stella Polare cambia: infatti quest’ultima è individuata dalla direzione in cui punta il Polo Nord della Terra, e quindi quello celeste. Per esempio, mentre l’attuale Stella Polare è la stella alfa dell’Orsa Minore (che rimarrà tale fino a circa il 3500 d.C.), tra 13.000 anni la Stella Polare sarà Vega, nella costellazione della Lira.

Il piano dell’eclittica è inclinato di 23° 27′ rispetto al piano dell’equatore celeste. Al solstizio d’inverno e a quello d’estate il Sole occupa posizioni diametralmente opposte sull’eclittica, così come agli equinozi di primavera e d’autunno. L’equinozio in cui il Sole passa da sud a nord dell’equatore celeste (cioè l’equinozio di primavera) viene chiamato punto vernale, “punto γ” o “primo punto di Ariete”. Questa nomenclatura si riferisce a quando l’equinozio di primavera cadeva all’interno della costellazione dell’Ariete. Per questo punto e per i poli celesti passa il coluro equinoziale.

Eclittica e stelle

L’eclittica funge da centro di una regione chiamata lo zodiaco che costituisce una banda di 9° da entrambi i lati. Tradizionalmente, questa regione viene divisa in 12 segni, ognuno di 30° di longitudine. Secondo la tradizione, questi segni prendono il nome da 12 delle 13 costellazioni che si trovano a cavallo dell’eclittica.

Mentre la Terra percorre la sua orbita attorno al Sole (circonferenza rossa piccola), l’immagine del Sole, proiettata sulla volta celeste (linea gialla), cade sull’eclittica (circonferenza rossa grande) in posizione diametralmente opposta. L’eclittica, che è la proiezione sulla volta celeste dell’orbita terrestre, è inclinata di 23° e 30′ rispetto all’equatore celeste (linea bianco-azzurra), che è la proiezione dell’equatore della Terra. La freccia gialla indica il Punto Vernale.

Eclittica e Luna

L’orbita della Luna è inclinata di circa 5° sull’eclittica. Neppure la sua linea nodale permane fissa, ma retrocede (si muove verso ovest) su una orbita completa ogni 18,6 anni. Questo è la causa della nutazione e immobilità lunare (lunar standstill). La luna attraversa l’eclittica circa due volte al mese. Se questo succede durante la luna nuova, accade un’eclissi solare, mentre durante la luna piena un’eclissi lunare. Questo era il modo in cui gli antichi potevano tracciare l’eclittica lungo il cielo; essi segnavano i posti dove le eclissi sarebbero potute accadere.

Il piano dell’eclittica, secondo la prospettiva lunare, si può osservare bene in questa foto scattata dal veicolo spaziale Clementine nel 1994. Si vede (da destra a sinistra) la Luna illuminata dalla luce cinerea, il riverbero del Sole sorgente sull’orlo oscuro della Luna, e i pianeti Saturno, Marte e Mercurio (i tre puntini nella parte più bassa a sinistra).

L’importanza che l’eclittica rivestiva presso antiche culture e che riveste tuttora è dovuta al fatto che in questa fascia di cielo si possono osservare le costellazioni, i moti dei pianeti e della Luna. I movimenti più significativi come i Transiti e gli Occultamenti dei pianeti, le Quadrature le Congiunzioni e le Opposizioni, le Eclissi di Sole e Luna, sono osservabili qui.

Moti Planetari e Orbite

Il moto dei pianeti è caratterizzato dalle orbite descritte attorno alla stella centrale del Sistema Solare e queste orbite dipendono dai valori di alcuni parametri di base detti Parametri orbitali. Gli elementi orbitali sono un insieme di parametri necessari per determinare in maniera univoca un’orbita, dato un sistema ideale formato da due masse che seguano le leggi del moto di Newton e la legge della gravitazione universale.

A seconda dell’insieme di variabili che si sceglie di misurare si possono definire diversi insiemi di parametri, ognuno dei quali permette di stabilire in maniera univoca la medesima orbita. In genere vengono utilizzati sei parametri orbitali:

1) l’Inclinazione dell’orbita rispetto al piano dell’eclittica (i);

2) Longitudine del nodo ascendente o l’ascensione retta del nodo ascendente (Ω);

3) l’Argomento del pericentro (ω);

4) l’Eccentricità dell’orbita (e);

5) il Periodo orbitale (T) o il semiasse maggiore (a);

6) l’Anomalia vera (θ) oppure la longitudine media o anomalia media (Mo) all’epoca considerata.

I parametri individuano l’orbita come segue: il semiasse maggiore (o il periodo) determina le dimensioni dell’orbita; l’eccentricità determina quanto la sua forma si discosti dal cerchio; l’inclinazione e la longitudine (o l’ascensione retta) del nodo ascendente precisano il piano orbitale; l’argomento del pericentro (o del perielio) è l’angolo compreso tra il perielio e il nodo ascendente e specifica l’orientazione dell’orbita all’interno del piano; l’Anomalia Vera la posizione dell’oggetto sull’orbita in funzione del tempo.

L’inclinazione fa riferimento all’angolo creato dall’orbita del corpo celeste relativamente al piano di riferimento rappresentato nel Sistema Solare dall’eclittica. L’inclinazione dell’orbita di un satellite, invece, fa riferimento al piano equatoriale del pianeta al quale appartiene. Per la Luna, invece, l’inclinazione si calcola in base all’eclittica e non in base al piano equatoriale terrestre.

Una inclinazione di 0° indica che il corpo celeste orbita la stella (o il pianeta, o la galassia) proprio lungo il piano equatoriale e nello stesso senso di rotazione.

Una inclinazione di 90° indica che il corpo celeste orbita in modalità polare, passando in pratica per Polo Nord e Polo Sud del corpo di appartenenza.

Una inclinazione di 180° indica che l’orbita si svolge lungo il piano dell’equatore ma è retrograda, nel senso che la sua direzione è opposta a quella di rotazione del corpo celeste di appartenenza.

Una inclinazione di 270° indica una orbita polare retrograda.

Il Passaggio al nodo è il punto corrispondente all’intersezione dell’orbita con il piano di riferimento, come conseguenza della differente inclinazione dei due piani. Nel momento in cui il corpo celeste sale dal basso verso l’alto incrociando il piano orbitale di riferimento si parla di passaggio al nodo ascendente. Nel caso opposto si parla di passaggio al nodo discendente.

Il Periodo di rivoluzione (o Orbitale) è il tempo che un corpo orbitante, ad esempio un pianeta, impiega per compiere un’orbita completa durante il suo moto di rivoluzione.

Data l’imprecisione del modello newtoniano del moto orbitale, che considera i corpi celesti come oggetti puntiformi, gli elementi orbitali dei pianeti tendono a cambiare nel tempo. Per i corpi minori del Sistema Solare le perturbazioni prodotte dai pianeti risultano determinanti.

Pianeti interni ed esterni

Dal momento che tutta l’astronomia si basava su osservazioni prodotte da osservatori presenti sul pianeta Terra (visuale geocentrica), i pianeti del sistema solare sono stati divisi in due categorie, pianeti esterni e pianeti interni. I pianeti interni (pianeti inferiori) sono Mercurio e Venere che hanno orbite più vicine al Sole rispetto alla Terra, i pianeti esterni sono Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno (Plutone è stato recentemente declassato a “pianeta minore”). Particolare significativo è che più un pianeta si trova vicino al sole, più la sua velocità nel compiere il moto di rivoluzione è alta. Quindi i pianeti interni gireranno attorno al sole più velocemente e quelli esterni più lentamente rispetto alla Terra.

Moto Retrogrado

Retrogradazione di un pianeta esterno, se osservato dalla Terra.

Il movimento di tutti i pianeti attraverso le stelle fisse segue apparentemente la stessa direzione del Sole (moto “Diretto” o antiorario) con una strana variante: talvolta il loro moto apparente cambia temporaneamente direzione (moto “Retrogradoo orario). Tra i due tipi di moto ci saranno punti in cui la direzione apparente cambia e in questi punti il pianeta appare immobile tra le stelle, in questi casi si parla di Punto di Stazionamento.

Sia i pianeti interni che quelli esterni sono soggetti a questo fenomeno. Per i pianeti interni, il moto retrogrado si registra durante il movimento che porta alla congiunzione inferiore. Per i pianeti esterni il moto retrogrado si verifica quando il pianeta si trova nel periodo a cavallo dell’opposizione.

In maniera semplicistica si può affermare che la causa di questo fenomeno è la differenza di velocità dei vari pianeti nella loro rivoluzione attorno al sole. Più si trovano vicini al Sole nella loro orbita e più rapidamente si muovono (Terza legge di Keplero). Quindi, quando i tre pianeti esterni sono vicini all’opposizione, la Terra, che orbita più vicina al Sole, li sorpassa, e quindi essi sembrano muoversi all’indietro. Il moto retrogrado dei due pianeti interni ha una causa simile. Essendo più vicini al Sole, sono essi che sorpassano la Terra durante il loro moto.

Moto retrogrado apparente di Marte nella costellazione dell’Aquario, come poteva essere visto dalla Terra nell’estate del 2003.

Nel seguente video (Link– YouTube) viene fornita un’ulteriore spiegazione utilizzando il moto di Mercurio come esempio.

Nell’astronomia come nell’astrologia il moto retrogrado era considerato un evento infausto al pari del passaggio delle comete, attualmente sappiamo che si tratta di un’interpretazione dovuta alla limitata comprensione del fenomeno.

Allineamenti Orbitali

Sigizie

La parola Sizigia, o più raramente sigizia, significa unione, congiunzione, o allineamento. Il termine risulta utile per la sua genericità, che consente di raggruppare termini talvolta contrapposti; ad esempio in astronomia pleniluni e noviluni, e più in generale congiunzioni e opposizioni sono entrambi sizigie.

Sizigia in astronomia non è quindi una semplice congiunzione, ma una configurazione astronomica con tre o più corpi celesti, due dei quali possono trovarsi anche in opposizione, purché tutti siano disposti approssimativamente lungo una linea retta. Normalmente uno di questi tre corpi è la Terra, dalla quale si osserva appunto l’allineamento (e quindi la congiunzione o l’opposizione) degli altri due. Eclissi, transiti e occultazioni sono fenomeni astronomici che hanno luogo solo durante una sizigia.

Quando nessuno dei tre corpi celesti è la Terra, il verificarsi di una sizigia non può essere osservato dalla Terra, ma deve essere calcolato. Un esempio si è verificato il 21 marzo 1894, verso le 23:00 GMT, quando Mercurio ha transitato il Sole, visto da Venere, e Mercurio e Venere hanno simultaneamente transitato il Sole visti da Saturno.

In planetologia il termine è spesso usato al plurale per indicare le posizioni dell’orbita della Luna in cui questa si trova in congiunzione o in opposizione al Sole, il che avviene durante le fasi lunari del novilunio e del plenilunio. In questo utilizzo il termine si contrappone a quello di quadratura, situazione che si verifica durante il primo e l’ultimo quarto, quando l’angolo Luna-Terra-Sole risulta retto. Durante le sizigie l’attrazione gravitazionale del Sole e della Luna si combina costruttivamente nell’accrescere l’intensità delle maree, che vengono appunto dette maree sizigiali.

Esempi di sizigie, cioè di allineamenti Sole-Luna-Terra (col Sole al centro), che ricorrono nelle configurazioni indicate coi numeri 1, 2, 3, 4, mentre le due posizioni della Terra a lato, con la Luna non allineata, non lo sono.

Congiunzioni

In astronomia la congiunzione è una configurazione celeste che si verifica quando due o più astri, visti dalla Terra, riescono ad essere osservati all’interno di uno stesso campo visivo (ad esempio di un binocolo o di un telescopio), a causa della loro declinazione ed ascensione retta di quel momento.

Pianeti Interni

Nel caso di un pianeta interno (Mercurio o Venere che hanno una distanza dal Sole minore di quella della Terra), la congiunzione può presentarsi in due configurazioni diverse. Se il pianeta si trova tra la Terra e il Sole si ha una configurazione Terra – pianeta interno – Sole, si dice che esso è in congiunzione inferiore; questa posizione corrisponde alla minima distanza dalla Terra.

Di norma i pianeti passano più a nord o a sud della stella, in rare occasioni passano sulla stessa linea che congiunge Terra e Sole, in questi momenti il loro piccolo disco apparente può essere visto passare sul disco solare, questo evento è definito Transito.

Durante il suo moto intorno al sole il pianeta mostra, se osservato al telescopio, delle fasi di illuminazione simili alle fasi lunari.

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Quando, invece, il pianeta si trova in direzione opposta alla Terra rispetto al Sole (cioè si ha una configurazione Terra – Sole – pianeta interno), si dice che esso è in congiunzione superiore; questa posizione corrisponde alla massima distanza dalla Terra. In fase di congiunzione superiore il pianeta può trovarsi in perfetto allineamento con Terra e Sole e in tal caso il pianeta viene occultato dalla stella.

Pianeti Esterni

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Quando un pianeta esterno si trova allineato all’estremo opposto rispetto al Sole, si dice che si ha una congiunzione. Quando invece un pianeta esterno si trova allineato con la Terra compresa fra Sole e pianeta, il pianeta si dice in opposizione.

Una caratteristica particolare dei pianeti in opposizione è data dalla loro visibilità per l’intera notte. Viceversa quando il periodo di opposizione termina e il pianeta torna prospetticamente ad avvicinarsi al Sole, esso risulterà visibile per un tempo sempre inferiore, sino a raggiungere il periodo di congiunzione quando sarà visibile solo di giorno.

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Esistono però diverse opposizioni planetarie, le Piccole e le Grandi opposizioni, la differenza dipende dalla vicinanza relativa del pianeta alla Terra. Si indica come Grande o Perielica, l’opposizione di un corpo celeste rispetto alla Terra che si verifica quando il primo si trova al perielio. Poiché anche la distanza della Terra dal Sole varia rispetto al suo valore medio, possono verificarsi grandi opposizioni particolarmente ravvicinate, quando la Terra si trova all’afelio della sua orbita.

Un pianeta interno non può mai trovarsi in fase di opposizione. Quando un pianeta interno è in congiunzione inferiore o un pianeta esterno è in opposizione si verifica un moto apparente retrogrado.

Elongazioni

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In astronomia, l’elongazione di un pianeta è data dall’angolo formato tra il Sole e il pianeta, visto dalla Terra.

I punti in cui il pianeta si trova angolarmente più lontano dal Sole dal punto di vista dell’osservazione terrestre vengono definiti punti di massima elongazione e in base a questo parametro è possibile capire se un pianeta è osservabile durante quale fase del giorno, ovvero se risulta visibile prima dell’alba o dopo il tramonto. La massima elongazione rappresenta, quindi, la massima distanza angolare dal Sole oltre la quale il pianeta non andrà mai. Nel punto di massima elongazione, quindi, si avrà un punto di stazionamento dal momento che il pianeta interno smetterà di allontanarsi prospetticamente dal Sole per tornare ad avvicinarsi, invertendo il proprio moto da diretto ad indiretto e viceversa.

Quando un pianeta interno (Mercurio o Venere) è visibile dopo il tramonto, si dice che è vicino alla sua massima elongazione est. Viceversa, quando un pianeta interno è visibile prima dell’alba, si dice che è vicino alla sua massima elongazione ovest. Il valore della massima elongazione (ovest o est), per Mercurio, è compreso fra 18° e 28°, per Venere tra 45° e 47°.

Questi valori variano perché le orbite dei pianeti sono ellittiche: sarebbero costanti se fossero circolari. Un altro contributo, seppure su scala minore, a questa variazione è dovuto alla differente inclinazione dei due pianeti fra di loro e rispetto al piano dell’eclittica.

L’evento di massima elongazione dei pianeti interni accade periodicamente, con le due rispettive elongazioni (est e ovest) che si alternano fra loro. Il periodo con il quale ricorrono le massime elongazioni dipende dalla velocità angolare relativa del pianeta rispetto alla Terra, vista dal Sole. Il tempo necessario a completare il suddetto periodo è detto periodo sinodico del pianeta.

Pianeti esterni, Pianeti nani e asteroidi seguono dei cicli differenti. Dopo una congiunzione superiore, l’elongazione dell’orbita dell’oggetto continua ad aumentare fino a quando non si avvicina a un valore massimo superiore a 90° (impossibile per un pianeta interno), tipicamente molto più vicino a 180°, fenomeno conosciuto in Meccanica Celeste come opposizione, che permette in pratica al pianeta stesso di essere visibile durante tutta la notte e corrisponde a una congiunzione eliocentrica con la Terra. In altre parole, per un osservatore solidale a un pianeta esterno in opposizione con la Terra, la Terra appare in congiunzione inferiore con il Sole.

Tutti i pianeti superiori sono più facilmente visibili alla loro opposizione e sono visibili al di sopra dell’orizzonte per tutta la notte.

Quadratura

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La Quadratura è la posizione orbitale di un pianeta con un angolo di 90° rispetto al Sole e alla Terra. Un pianeta è in quadratura quando la direzione Sole-Terra forma un angolo di 90° con la direzione Terra-pianeta. Si dice invece semiquadratura la posizione orbitale per un angolo di 45°.

Nel caso della Luna, la fase di quadratura è prossima (ma non esattamente uguale) con le fasi di primo quarto e ultimo quarto di luna, quando cioè la percentuale di superficie illuminata è il 50%. In effetti alle due quadrature la fase lunare sarà leggermente oltre il primo quarto o leggermente prima dell’ultimo quarto.

I pianeti interni non possono mai entrare in quadratura poiché essendo “interni” la loro massima elongazione non può mai raggiungere i 90°.

Occultazioni e Transiti

Transito di Venere davanti al Sole (8 giugno 2004).

In astronomia, il Transito è l’occultazione (parziale o totale) di un corpo celeste dovuta a un secondo corpo che si interpone tra il primo e l’osservatore.

Esempi di transiti sono quelli dei pianeti davanti al Sole (per esempio, i transiti di Venere e di Mercurio) visti dalla Terra. Si definiscono transiti anche quelli di un satellite davanti al suo pianeta (per esempio, il transito dei satelliti di Giove); mentre i “transiti” della Luna di fronte al Sole, sono indicati più propriamente come eclissi di Sole. Se a essere nascoste dai pianeti o dagli asteroidi sono le stelle si ha una occultazione.

Mercurio e Venere sono chiamati pianeti interni. Quando Mercurio o Venere, osservati dalla Terra, passano davanti al Sole si verifica un transito. Durante un transito la parte non illuminata dei pianeti interni si staglia come un piccolo disco nero sulla luminosissima superficie solare.

In una rappresentazione bidimensionale il transito di un pianeta interno può essere schematizzata così.

Ma in realtà siccome l’orbita del pianeta è inclinata rispetto all’orbita di rivoluzione terrestre perché si verifichi un transito il pianeta interno deve trovarsi, oltre che in linea tra la Terra ed il Sole, anche in uno dei due punti in cui la sua orbita interseca il piano su cui giace l’orbita terrestre (il cosiddetto piano dell’eclittica). Questi due punti si chiamano nodi. In particolare il nodo ascendente è quello in cui il pianeta passa dalla parte di orbita sotto l’eclittica alla parte sopra, e nodo discendente quello in cui il pianeta passa dalla parte di orbita sopra l’eclittica a quella sotto. In questo esempio il pianeta si trova sul nodo discendente (ricordando che i pianeti ruotano in senso antiorario, come indicato dalle frecce rosse).

Se il pianeta interno si trova tra il Sole e la Terra esattamente al passaggio da uno dei nodi avrà luogo un transito centrale, ovvero un transito in cui il pianeta, visto dalla Terra, passerà esattamente al centro del disco solare. Se invece l’allineamento avverrà vicino ad uno dei nodi, ma non esattamente al nodo, si potrà avere un transito non centrale o anche un transito parziale. In un transito parziale il disco del pianeta non è sovrapposto completamente al disco solare. (Fonte)

L’inclinazione dell’orbita di Mercurio rispetto all’eclittica, all’incirca di 7°, fa si che Mercurio regali in media 13 transiti al secolo: per il resto passa al di sopra o al di sotto del disco solare. L’orbita di Venere lascia poco spazio ai transiti, che quindi sono più rari di quelli di Mercurio ed avvengono un paio di volte ogni secolo, ma a coppie di eventi distanziati da 8 anni.

Occultazione

Una occultazione è essenzialmente una eclissi di un corpo celeste prodotta dal passaggio di un qualsiasi altro corpo celeste tra esso e l’osservatore.

Occultazione di Saturno da parte della Luna il 2 novembre 2001 ripresa con un telescopio amatoriale.

Se nel linguaggio comune i termini “eclissi” e “occultazione” sono sinonimi, in quello astronomico è necessaria una definizione più stringente. La definizione ufficiale di occultazione è quella riportata nel testo normativo “Explanatory Supplement to The Astronomical Almanac”: l’occultazione è l’oscuramento di un corpo celeste da parte di un altro di maggiore diametro apparente: in modo speciale è il passaggio della Luna davanti a una stella o a un pianeta, oppure è la scomparsa di un satellite dietro al disco del suo primario. Se la principale sorgente di illuminazione di un corpo riflettente è interrotta dall’occultazione, il fenomeno è anche chiamato eclissi. L’occultazione del Sole da parte della Luna è una eclissi solare.

In astronomia si usa correntemente il termine Occultazione quando il corpo celeste più vicino appare all’osservatore molto più grande di quello distante, che viene completamente nascosto per un tempo inversamente proporzionale alla velocità angolare e direttamente proporzionale al diametro e alla traiettoria del corpo occultante. Si usa invece il termine Transito quando l’oggetto più vicino appare all’osservatore molto più piccolo di quello distante e, prospetticamente, transitante sulla superficie di quello più distante per chi osserva. Ad esempio si parlerà di transito quando Mercurio oppure Venere sembreranno attraversare la superficie del disco solare.

SISTEMA LUNA-TERRA

Orbita della Luna

La Luna orbita intorno alla Terra in senso antiorario (moto progrado) lungo un’orbita ellittica quasi circolare, (eccentricità di 0,0549) in circa 27,32 giorni, che corrispondono al cosiddetto mese siderale. In realtà, per essere più precisi, la Terra e la Luna costituiscono un sistema binario e orbitano entrambe attorno al baricentro (centro di massa comune) del sistema, che si trova a circa 4.600 km dal centro della Terra o 3/4 del raggio terrestre.

Con una velocità orbitale media di 1,023 km/s, la Luna si muove in cielo ogni ora, rispetto alle stelle, di una distanza pari al suo diametro angolare, cioè 0,5° circa. A causa del suo moto di rivoluzione, la Luna osservata alla stessa ora appare ogni giorno spostata verso est, sorgendo e tramontando in media ogni giorno con 50 minuti di ritardo rispetto al giorno precedente.

Il piano sul quale orbita la Luna è inclinato di circa 5° rispetto all’eclittica.

La linea di intersezione tra il piano orbitale della Luna e l’eclittica è detta linea dei nodi ed identifica sull’orbita lunare due punti chiamati nodo ascendente e nodo discendente. Il nodo ascendente è detto così perché è il punto in cui la Luna passa dalla parte della sua orbita che si trova sotto l’eclittica a quella sopra. Nel nodo discendente avviene il contrario.

I nodi lunari sono i due punti in cui il percorso orbitale della Luna incrocia l’eclittica, ossia il percorso annuale del Sole lungo la sfera celeste.

L’orientamento dell’orbita non è fisso nello spazio ma, col tempo, è soggetto a precessione a causa di diverse perturbazioni gravitazionali. Per questo motivo la linea dei nodi presenta un moto retrogrado e, per un osservatore sulla Terra, ruota verso ovest lungo l’eclittica. Il tempo impiegato perché essa compia una rotazione completa è chiamato periodo di retrogradazione dei nodi.

La linea che congiunge l’apogeo al perigeo dell’orbita lunare viene definita linea degli apsidi e ruota, così come la linea dei nodi, verso ovest con un periodo di 8,85 anni. La linea degli apsidi è in pratica il semiasse maggiore dell’orbita ellittica della Luna e il suo ruotare è noto come precessione anomalistica.

Nella figura si nota come il semiasse maggiore ruota modificando l’orientamento dell’orbita lunare. In questa immagine la forma ellittica dell’orbita è stata esagerata per meglio evidenziare la precessione.

La distanza media Terra-Luna è di 384.400 km. Nell’arco di una lunazione, questa distanza varia di circa 45.000 km. Inoltre, la distanza massima (apogeo) e minima (perigeo) non resta costante ma cambia da una rivoluzione all’altra a causa di perturbazioni gravitazionali. All’apogeo la distanza massima può raggiungere i 406.720 km, mentre mediamente misura 405.503 km. Al perigeo la distanza minima può raggiungere i 356.371 km, mentre mediamente misura 363.296 km.

Visto dalla Terra, il disco lunare varia la sue dimensioni apparenti di circa il 12% passando fra questi due valori estremi.

Dimensioni apparenti del disco lunare in due immagini scattate in un perigeo e in un apogeo prossimi ai valori massimi.

L’asse di rotazione della Luna è inclinato di soli 1,5° rispetto all’eclittica e impiega circa 27,32 giorni per effettuare una rotazione intorno al suo asse. Il periodo di rotazione è quindi uguale a quello di rivoluzione (mese siderale) e per questo è soggetta alla cosiddetta rotazione sincrona. A causa di questo fenomeno, la Luna mostra sempre la stessa “faccia” alla Terra, che viene chiamata “nearside”, mentre l’altra parte, chiamata “farside”, non è mai visibile dalla Terra. La rotazione sincrona è una caratteristica tipica di quasi tutti i principali satelliti del sistema solare ed è causata dalle forze di marea esercitate fra il pianeta e il suo satellite. Queste forze allungano leggermente i corpi l’uno verso l’altro generando, in ciascuno di essi, una “protuberanza” che punta in direzione dell’altro corpo. Questa protuberanza risulta sempre spostata indietro rispetto alla direzione di rotazione, nel nostro caso, della Luna e viene attirata dalla gravità della Terra, rallentando la rotazione del satellite. La velocità di rotazione della Luna si è così ridotta fino a sincronizzarsi con la sua velocità di rivoluzione. Il rigonfiamento disallineato inoltre trascina la Luna facendola accelerare e allungando il semiasse maggiore della sua orbita di circa 3 cm all’anno. In pratica la Luna si sta lentamente allontanando dalla Terra.

Librazioni Lunari

Come affermato in precedenza la Luna è soggetta a rotazione sincrona, pertanto ci si aspetterebbe che mostri verso la Terra esattamente metà del suo globo. In realtà questo è vero solo mediamente, in quanto esistono delle oscillazioni, chiamate librazioni, che consentono di vedere dalla Terra circa il 60% della superficie lunare.

Le Fasi Lunari

Per comprendere le dinamiche delle fasi lunari è necessario, per prima cosa, distinguere fra due diverse definizioni di mese. La rivoluzione della Luna intorno alla Terra infatti non coincide temporalmente con il ciclo delle sue fasi e questi due periodi sono definiti distintamente:

Mese siderale: E’ il tempo che la Luna impiega per compiere un’orbita attorno alla Terra. Viene calcolato in base alla posizione della Luna rispetto alle stelle. Un mese siderale dura 27g 7h 43m e 12s.

Mese sinodico (mese lunare o lunazione): E’ il tempo che impiega la Luna per riallineare nuovamente la sua posizione rispetto al Sole e alla Terra. In pratica, è il tempo che intercorre fra un novilunio e quello successivo (o quello per ritornare ad una stessa fase). E’ diverso dal mese siderale poiché si deve tener conto anche del movimento della Terra. Un mese sinodico dura 29g 12h 44m e 2,9s (Video esplicativo).

Fasi lunari (in alto) e corrispondente aspetto del disco lunare visto dalla Terra (in basso).

Nell’arco di un mese sinodico, il Sole illumina la parte visibile della Luna da diverse angolazioni e questo ne altera l’aspetto giorno dopo giorno. I cambiamenti dell’aspetto del disco della Luna, percepiti dalla Terra, sono detti fasi lunari e sono i seguenti in ordine cronologico:

1. Luna nuova (o novilunio): la Luna è invisibile. Essa si trova fra il Sole e la Terra, cioè in congiunzione con il Sole.

2. Luna crescente: la luminosità della Luna cresce ogni giorno fino a raggiungere metà del disco.

3. Primo quarto: la prima metà del disco lunare è illuminata. I tre corpi celesti formano un angolo di 90°.

4. Gibbosa crescente: il disco è illuminato oltre la metà e cresce ogni giorno fino a raggiungere l’intero disco.

5. Luna piena (o plenilunio): il disco lunare è completamente illuminato. La Luna si trova dalla parte opposta rispetto al Sole, cioè in opposizione.

6. Gibbosa calante: la luminosità del disco decresce ogni giorno fino a raggiungere metà del disco.

7. Ultimo quarto: solo la seconda metà del disco lunare è illuminata. L’angolo fra i tre corpi celesti è nuovamente di 90°.

8. Luna calante: la luminosità della Luna decresce ogni giorno fino a scomparire.

Il ciclo delle fasi lunari inizia quando la Luna è nuova. Si parla di età della Luna per definire il tempo trascorso dall’ultima Luna nuova e si misura solitamente in giorni, ore, minuti e secondi.

Da un punto di vista geometrico, la fase della Luna (cosi come quella di un pianeta) che osserviamo dalla Terra, è determinata dall’angolo di fase, cioè l’angolo formato dal Sole, il corpo illuminato e l’osservatore con al centro il corpo illuminato. Nel caso delle fasi lunari, l’angolo è formato da Sole-Luna-Terra con al centro la Luna. Questo valore può variare da 0° a 180°. Quando i tre corpi sono disposti in linea retta (Luna nuova o piena) si verifica la cosiddetta sigizia.

Si parla invece di elongazione per definire la distanza angolare verso est fra la Luna e il Sole visti dalla Terra.

Quando questo valore è 0° la Luna si trova in congiunzione con il Sole e in fase di nuova. Quando questo valore è 180° si trova invece in opposizione e cioè in fase di piena. Infine, quando l’elongazione è di 90° o 270°, si dice che la Luna si trova in quadratura, cioè nella fase dei quarti.

In base alla fase della Luna, e quindi la sua posizione rispetto al Sole, possiamo sapere i momenti in cui essa sorge o tramonta, per esempio:

-La Luna nuova è in congiunzione con il Sole, quindi si muove in cielo assieme ad esso. Sorge all’alba e tramonta anch’essa al tramontare del Sole.

-Nelle quadrature o quarti, le semirette congiungenti la Terra con la Luna e il Sole formano un angolo di 90°, quindi al primo quarto la Luna sorge circa a mezzogiorno e tramonta circa a mezzanotte, invece all’ultimo quarto sorge a mezzanotte e tramonta a mezzogiorno.

-La Luna piena si trova dalla parte opposta al Sole, quindi sorge al tramontare del Sole e tramonta all’alba.

Elongazione della Luna di 1g 14h. La distanza angolare verso est dal Sole è circa 17°. Essendo la Luna da poco uscita dalla fase di nuova si trova in cielo ancora molto vicina al Sole e tramonterà poco dopo di esso.

Va notato che al novilunio il disco lunare appare debolmente luminoso per la luce su di esso rinviata dalla Terra (luce cinerea); 12 lunazioni formano un anno lunare, corrispondente 354 giorni, 8 ore, 48 minuti e 36 secondi. La rivoluzione sinodica ha una grande importanza pratica, poiché dipendono da essa le fasi lunari e quindi le feste mobili del calendario.

Le Maree

Le maree sono osservabili sulla Terra principalmente come cambiamenti periodici del livello del mare. L’attrazione gravitazionale esercitata dalla Luna sulla Terra è la principale responsabile delle maree, insieme ad altri fattori. In realtà va precisato che la Luna esercita una forza di marea non solo sull’acqua, ma anche sulle parti solide del globo terrestre e sull’atmosfera. Ciò che si crea è un rigonfiamento lungo la linea Terra-Luna. Questo rigonfiamento è presente sia in direzione della Luna, sia dalla parte opposta. Questo fenomeno è il risultato della combinazione di due forze: l’attrazione gravitazionale della Luna e la forza centrifuga generata dalla rotazione della Terra intorno al centro di massa del sistema.

L’interazione fra le due forze può essere spiegata in questo modo. Sulla faccia della Terra rivolta verso la Luna, l’attrazione lunare è maggiore (in quanto la distanza dalla Luna è minore) mentre la forza centrifuga è minore (in quanto la distanza dal centro di massa è minore). Da questa differenza risulta una forza diretta verso la Luna. Sull’altra faccia accade il contrario: l’attrazione lunare è minore mentre la forza centrifuga è maggiore, quindi la forza risultante punta nel verso opposto alla Luna. Ne consegue quindi un sollevamento del mare sia sul lato della Terra rivolto verso la Luna, sia sul lato opposto (la cosiddetta “seconda gobba” della marea).

L’alta e la bassa marea quindi si alternano all’incirca due volte al giorno (mediamente ogni 12 ore e 25 minuti circa). L’orientamento dei rigonfiamenti inoltre si sposta con la rivoluzione della Luna attorno alla Terra. La differenza tra l’altezza dell’alta marea e della bassa marea è definita ampiezza di marea.

Anche il Sole influisce sulle maree attirando le masse d’acqua terrestri verso di se. Poiché però la distanza Terra-Sole è maggiore della distanza Terra-Luna, la forza di marea del Sole risulta pari solo al 46% circa di quella della Luna, nonostante abbia una massa molto maggiore. A seconda della posizione relativa dei tre corpi celesti, la forza di marea del Sole può agire nella stessa direzione di quella della Luna, quando sono allineati, oppure in direzione a essa perpendicolare. Ne risulta un rafforzamento della marea quando i due astri si trovano in congiunzione (Luna nuova) o in opposizione (Luna piena), e un suo indebolimento quando si trovano in quadratura (primo o ultimo quarto). L’ampiezza delle maree perciò aumenta e diminuisce ciclicamente, con un periodo di circa 15 giorni. In caso di congiunzione e opposizione, la marea è detta sigiziale e l’ampiezza raggiunge il suo valore massimo, in caso di quadratura è detta di quadratura e raggiunge il suo valore minimo.

ECLISSI

La Terra e la Luna possono essere considerati come corpi opachi di forma quasi sferica. Soltanto l’emisfero rivolto verso il Sole viene illuminato, mentre dalla parte opposta essi proiettano un cono d’ombra la cui ampiezza dipende dalle loro dimensioni e dalla distanza alla quale si trovano in quel momento rispetto al Sole.

Il cono d’ombra della Terra presenta una lunghezza di circa 1.4 milioni di km, con oscillazioni dovute al variare della distanza Terra-Sole. Il cono d’ombra della Luna ha invece una lunghezza media di 373.500 km. Oltre a questo cono se ne produce un altro, detto cono di penombra, nella sua area la luce del Sole viene solo parzialmente bloccata. Dato che la distanza Terra-Sole non è fissa ma varia durante l’anno, anche la lunghezza del cono varia nel tempo.

Eclissi solare (in alto) e lunare (in basso).

Una eclissi si verifica quando un corpo celeste, nel nostro caso la Terra o la Luna, si interpone tra il Sole e l’altro corpo celeste. Il secondo corpo entra quindi nel cono d’ombra o di penombra del primo.

Vista la configurazione sopra si potrebbe pensare che a ogni Luna nuova vi sia un’eclissi di Sole e ad ogni Luna piena un’eclissi di Luna. Ciò però non accade perché, come detto precedentemente, il piano dell’orbita lunare non coincide con quello terreste ma è inclinato di 5° rispetto ad esso. Non basta infatti che la Luna si trovi nella giusta fase, ma deve trovarsi in prossimità di uno dei due punti di intersezione (i nodi) del suo piano orbitale con l’eclittica.

In questo caso si verifica una eclissi: Di Sole: con Luna nuova (in congiunzione); Di Luna: con Luna piena (in opposizione)

Se la luna non si trova in prossimità dei nodi, non passerà davanti al Sole quando sarà in fase di nuova, ma vi passerà sopra o sotto. Viceversa, in fase di piena, non passerà nel cono d’ombra o di penombra terrestre.

Eclissi di Luna

Come abbiamo visto quindi una eclissi di Luna si verifica quando questa si trova in opposizione al Sole, si trova in prossimità di uno dei nodi e avviene quindi il suo transito nel cono d’ombra terrestre. In base a come la Luna attraversa il cono d’ombra terrestre, l’eclissi può essere di 3 tipi:

Totale: la Luna transita interamente dentro al cono d’ombra proiettato dalla Terra. Durante la fase di totalità la Luna non si oscura del tutto ma assume una colorazione rossastra poiché della luce solare viene rifratta e filtrata attraverso l’atmosfera terrestre verso la Luna. Il colore rosso è dato dal fatto che la nostra atmosfera, a causa di un fenomeno chiamato “scattering di Rayleigh”, lascia passare più facilmente le lunghezze d’onda tendenti al rosso mentre diffonde maggiormente quelle blu. La luce viene poi filtrata una seconda volta quando dalla Luna ritorna verso l’osservatore a Terra.

Parziale: la Luna transita solo parzialmente dentro al cono d’ombra proiettato dalla Terra, quindi solo una parte del disco lunare viene oscurata.

Di penombra: la Luna transita solo nel cono di penombra. Queste eclissi sono difficili da vedere ad occhio nudo in quanto la luminosità della Luna resta pressoché invariata. Le eclissi di penombra sono più frequenti rispetto alle altre.

Traiettoria della Luna durante un’eclissi totale e parziale. Visti dalla Terra, i coni d’ombra e di penombra possono essere immaginati come due cerchi concentrici. Il tipo di eclissi è definito dal percorso che compie la Luna all’interno di questi ultimi.

Durante un’eclissi totale la Luna attraversa le seguenti fasi in ordine cronologico:

1. Entrata nella penombra

2. Entrata nell’ombra

3. Uscita dall’ombra

4. Uscita dalla penombra

La Luna entra nel cono di penombra da ovest e ne esce ad est. In media il tempo che il satellite impiega ad attraversare la penombra è di 1 ora mentre quello nell’ombra è di 2,5 ore, quindi un’eclissi dura in totale circa 4,5 ore. La distanza fra Luna e Terra influenza la durata dell’eclissi. In particolare, quando la Luna si trova all’apogeo, la sua velocità orbitale è la più lenta e, dato che la dimensione del cono d’ombra terrestre a quella distanza non diminuisce di tanto, la durata dell’eclissi è aumentata.

L’intervallo di tempo che intercorre fra due successive eclissi di Luna può essere di 1, 5 o 6 mesi sinodici. Un’eclissi lunare si può verificare (anche di breve durata) solo nel caso in cui l’orbita terrestre è spostata meno di 10°.6 gradi dal nodo lunare (ad est o ad ovest). La Terra si muove lungo l’eclittica di circa 59’ al giorno, quindi per percorrere i 10°.6 gradi impiega 10.8 giorni e la distanza doppia in 21.6 giorni (10°.6 gradi ad est + 10°.6 gradi ad ovest). Una rivoluzione sinodica si compie in 29,5 giorni. Una Luna piena può verificarsi ad una distanza superiore ai 10°.6 gradi ad ovest e la successiva Luna piena ad una distanza superiore ad est e quindi nel corso di questa rivoluzione non si verificheranno eclissi. Può succedere che in un anno non ci siano eclissi o al massimo tre: quando la prima cade poco dopo il primo gennaio, la seconda sei mesi dopo (in prossimità di giugno) e la terza a fine dicembre (dodici mesi sinodici dopo la prima, 354 giorni).

Una eclissi di luna è visibile da tutta la superficie non illuminata della Terra.

Eclissi di Sole

Un’eclissi di Sole si verifica quando la Luna, attorno alla sua congiunzione, si trova allineata tra la Terra e il Sole, molto vicino ad uno dei nodi o esattamente in esso. Le eclissi di Sole, cosi come le osserviamo dalla Terra, si verificano per una particolare configurazione fisica, infatti la Luna e il Sole hanno un diametro ed una distanza dalla Terra tali da far si che nel nostro cielo abbiano circa lo stesso diametro angolare. È questa la caratteristica che consente al disco lunare di coprire cosi bene il Sole durante una eclissi totale. Una eclissi di Sole può essere di tre tipi:

Totale: l’intero disco del Sole si trova dietro alla Luna.

Parziale: solo parte del disco solare si trova dietro alla Luna.

Anulare: quando l’eclissi si verifica nel momento il cui la Luna si trova vicino all’apogeo e il suo diametro apparente risulta più piccolo di quello del Sole.

La visibilità delle eclissi di Sole è differente rispetto a quelle di Luna. Per osservare dalla Terra una eclissi totale di Sole, bisogna trovarsi infatti lungo il percorso del cono d’ombra proiettato dalla Luna sulla superficie terrestre. Se l’osservatore si trova solo all’interno del cono di penombra, vedrà sovrapporsi solo in parte i dischi solare e lunare e l’eclissi sarà parziale. Se ci si trova fuori dal cono di penombra non è possibile vedere alcuna eclissi. Durante una eclissi di Sole, soltanto una piccola parte della superficie terrestre cade all’interno del cono d’ombra (al massimo 200-300 km). L’osservazione di questo tipo di evento è quindi una cosa rara.

Eclissi solare del 11/08/1999: a sinistra l’ombra proiettata dalla Luna sulla superficie terrestre ripresa dallo spazio. A destra il percorso del cono d’ombra (in blu) e le regioni di visibilità dell’eclissi.

Perché ci sia una eclissi di Sole è necessario che al momento del novilunio il Sole sia distante dal nodo inferiore in media 15°.5. Questo valore è più alto di quello calcolato per l’eclissi di Luna, e quindi si capisce perché le eclissi di Sole sono più frequenti. Il cono d’ombra massimo della Luna ha un valore che non supera i 270 km sulla superficie della Terra, mentre la lunghezza del cono d’ombra è circa 374.000 km per cui il vertice di questo cono non sempre raggiunge la Terra: in questo caso si hanno eclissi anulari. In località differenti della Terra, l’eclissi di Sole si verifica in tempi diversi. Il moto della Luna attorno alla Terra e la rotazione della Terra attorno al proprio asse fanno sì che l’ombra lunare si sposti da ovest verso est formando una striscia d’ombra lunga un migliaio di km e larga da 200 a 270 km. Poiché la Luna si sposta da ovest verso est l’eclissi inizia dal bordo ovest del Sole.

Il Sole, muovendosi alla velocità di 59’ al giorno, percorre 33° gradi di eclittica in 34 giorni. Essendo il periodo sinodico di 29.5 giorni, è evidente che nel corso di questo periodo si ha una Luna nuova (ed anche due). Questo assicura che nel corso di un anno si verificano, almeno, due eclissi di Sole in vicinanza dei nodi. Se la prima si verifica ai primi di gennaio, la seconda si ha alla Luna nuova successiva, la terza e la quarta poco meno di sei mesi dopo e la quinta 354 giorni dopo la prima.

Video esplicativo: Le fasi lunari, le eclissi di Sole e di Luna

Fonti: (Link); (Link); (Link); (Link)

GRANDI CONGIUNZIONI

Grande Congiunzione Giove Saturno del 21 dicembre 2020.

Una Grande Congiunzione è una congiunzione dei pianeti Giove e Saturno, si verifica quando i due pianeti appaiono particolarmente vicini nel cielo. La congiunzione Giove-Saturno è un evento astronomico molto appariscente che si verifica con frequenza e regolarità e che perciò sin dall’antichità ha influenzato la scansione del tempo, la mitologia e l’astrologia. Quando i due pianeti sono allineati col Sole si dice che la congiunzione è eliocentrica; quando invece sono allineati con la Terra la congiunzione è geocentrica. Poco prima o poco dopo ogni congiunzione eliocentrica si verifica almeno una congiunzione geocentrica. Con periodicità irregolare la congiunzione eliocentrica può dar luogo a fenomeni più spettacolari, in quanto il moto della Terra può determinare il susseguirsi di due o tre congiunzioni geocentriche nel corso di pochi mesi. (Video)

Trigono

Trigono della Luna al Sole che forma un angolo di 120 gradi sullo zodiaco, nell’esempio in due segni di fuoco (Ariete e Leone).

Il Trigono è l’aspetto tra due pianeti corrispondente ad una distanza angolare di 120 gradi sullo zodiaco, il suo simbolo astrologico è △. I trigoni costituiti dai segni zodiacali appartenenti ad una stessa natura (fuoco, aria, acqua, o terra) si chiamano propriamente “Triplicità. Dato che ogni trigono connette tre segni zodiacali, in astrologia vengono chiamati trigoni le quattro possibili terne di segni zodiacali posti a 120° fra loro. Il concetto di “trigono”, noto nel mondo ellenistico, ad esempio nell’Almagesto di Claudio Tolomeo, nacque probabilmente in Mesopotamia, un diagramma dei quattro trigoni compare in una tavoletta di età seleucide trovata ad Uruk.

Si parla di trigono anche in riferimento alle congiunzioni tra pianeti che si verificano nel tempo ad una distanza spaziale di 120 gradi l’una dall’altra, ritenute portatrici di presagi celesti. La più nota di queste congiunzioni è quella tra Giove e Saturno, che avviene ogni 20 anni ad una distanza di quasi 120 gradi dalla precedente. In tal modo la loro terza congiunzione ritorna dopo circa 60 anni in prossimità della prima, sebbene con uno spostamento di circa 8° rispetto alle stelle fisse: non più di quattro di queste congiunzioni si verificano pertanto nello stesso segno zodiacale.

Le congiunzioni eliocentriche Giove-Saturno accadono circa ogni venti anni (19,859= 19 anni e 314 giorni). In questo intervallo di tempo Saturno percorre circa due terzi della propria orbita, mentre Giove percorre quasi due volte la propria. Ogni tre congiunzioni (circa 59,6 anni, poco dopo che Saturno ha completato due rivoluzioni e Giove cinque) la nuova congiunzione si verifica quasi nello stesso punto della fascia zodiacale, mentre le due congiunzioni intermedie si verificano a intervalli di quasi 120° nel cerchio dello zodiaco, individuando perciò nel piano dell’eclittica uno schema triangolare quasi equilatero, detto “Trigono”.

La rotazione del Trigono

La rotazione del trigono nel libro di Keplero “De Stella Nova” (1606).

Dato che la quarta congiunzione eliocentrica ha luogo circa 8° in meno rispetto al cerchio completo, il trigono successivo viene a essere ruotato in senso retrogrado. Dopo tre o quattro cicli, cioè al massimo una dozzina di congiunzioni, si accumula una rotazione di oltre 30° che porta il trigono in una terna di segni zodiacali diversi da quelli originari. Questo evento è considerato di grande importanza dagli astrologi.

Ogni 794 anni circa (per la precisione 40 congiunzioni) un altro vertice del trigono si trova ad avere approssimativamente la stessa ascensione retta o la stessa longitudine celeste, che aveva il primo evento. Con tre cicli di questo tipo, cioè in 2383 anni, si dovrebbe completare un ciclo intero dello zodiaco. Il ragionamento, tuttavia, non tiene conto della precessione degli equinozi, cioè dello spostamento del punto vernale, a partire dal quale si computano l’ascensione retta o la longitudine. In pratica rispetto alle stelle fisse la configurazione più prossima a quella iniziale si ottiene solo dopo 43 o 46 congiunzioni celesti, cioè rispettivamente 854 o 913 anni. Ogni 794 anni, infatti, ci sono 13,33 cicli sessantennali e il trigono ruota di circa 8°×13,33=106°; simultaneamente però il “punto gamma” ruota di 11° nel verso opposto completando la distanza angolare di circa 117° fra due successivi vertici del trigono. Con uno (o due) cicli sessantennali aggiuntivi si ottiene per difetto (o per eccesso) la rotazione di 11° mancante per completare la rotazione di 117° anche rispetto alle stelle fisse.

Congiunzioni “grandissime”

Le congiunzioni che ogni 794 anni si verificano nei pressi dell’inizio dello zodiaco, il cosiddetto punto vernale o “punto gamma”, sono chiamate “conjunctio maxima”, cioè congiunzione “grandissima”. Secondo Keplero esse scandiscono la storia dell’umanità.

Congiunzioni geocentriche

Le congiunzioni geocentriche seguono solo approssimativamente la periodicità di quelle eliocentriche. Se, poi, al momento della congiunzione eliocentrica, la Terra è anch’essa in congiunzione o almeno la sua distanza angolare è inferiore a 30°, si verifica una congiunzione multipla, in cui le congiunzioni geocentriche addizionali possono anticipare o posticipare la congiunzione eliocentrica di diversi mesi. L’intervallo, quindi, fra due congiunzioni geocentriche successive può essere inferiore a 19 anni o superiore a 20. Le incertezze degli antichi astronomi nel prevedere esattamente la durata dei grandi cicli associati alla rotazione del trigono sono verosimilmente dovute a questa variabilità dell’intervallo fra due congiunzioni geocentriche, le uniche effettivamente osservabili.

Congiunzioni multiple

Le congiunzioni multiple (doppie o triple) sono un fenomeno particolarmente spettacolare causato dal rapido moto della Terra, che modifica il punto d’osservazione prima che i due pianeti possano allontanarsi significativamente. Giove e Saturno, infatti, sembrano allontanarsi e poi nuovamente riavvicinarsi per una o due volte nell’arco di 7-9 mesi. Le congiunzioni multiple si verificano solo se i due pianeti si trovano, almeno approssimativamente, in opposizione al Sole. Occorre, infatti, che quando i due pianeti sono allineati col Sole (“allineamento eliocentrico”), l’asse Terra-Sole formi un angolo inferiore a 30° con la linea Saturno-Giove-Sole. In questo caso, infatti, la distanza dalla Terra è minore e il cambiamento del punto di vista causato dal moto terrestre risulta esaltato.

Le congiunzioni multiple si verificano con periodicità irregolare (con un intervallo minimo di 40 anni e uno massimo di 377). Le congiunzioni multiple verificatesi o previste nel corso dei 4000 anni fra il 1500 a.C. e l’anno 2500 d.C. sono 22. Quelle prima di Cristo si sono realizzate negli anni: 1496/95, 1376, 1119/18, 980, 861/60, 821/20, 563/62, 523/22, 146/45, 7. Le date di quelle dopo Cristo sono: 332/33, 411/12, 452, 709/10, 967/68, 1305/06, 1425, 1682/83, 1940/41, 1980/81, 2238/39, 2279. Come si vede il numero di congiunzioni semplici fra due congiunzioni multiple varia da 1 a 18.

Una situazione ancora più rara è quella in cui la congiunzione tripla si verifica proprio nella costellazione in cui il Sole si trova durante l’equinozio di primavera. Questa situazione è quella del 7 a.C., verificatasi nella costellazione dei Pesci, la cui era era iniziata da poco. Nel corso dei precedenti 5000 anni questa situazione si verificò secondo Mario Codebò solo nel 4038 a.C., quando la congiunzione ebbe luogo nella costellazione del Toro.

Lista delle Grandi Congiunzioni (Link)

Congiunzioni triple nella storia

Keplero notò che una congiunzione tripla si era verificata nel 7 a.C. e ipotizzò per primo che il fenomeno potesse aver dato luogo al racconto della Stella di Betlemme. In questo caso, la prima congiunzione si verificò il 29 maggio circa e l’allineamento eliocentrico fu raggiunto il primo settembre. La Terra era in ritardo e le due successive congiunzioni ebbero luogo il primo ottobre (mentre il Sole era approssimativamente in opposizione, cioè nel segno della Vergine) e il 5 dicembre. Dal 27 aprile al 14 gennaio dell’anno successivo i due pianeti furono sempre a distanza angolare inferiore a tre gradi, mentre fra la seconda e la terza congiunzione non si allontanarono di più di un grado.

Ciclo dei 60 anni

La scoperta del ciclo sessagesimale, secondo cui ogni congiunzione si ripresenta nella stessa regione celeste dopo un ciclo di 60 anni, potrebbe aver determinato l’importanza della suddivisione sessagesimale in diversi settori presso disparate civiltà. In Cina (ma anche Giappone, Corea e Vietnam) gli anni si calcolano secondo un ciclo sessagesimale. La suddivisione degli angoli in sessantesimi di grado e quella del tempo in sessantesimi di ora, invece, ha origine in Mesopotamia, la patria dell’osservazione astronomica.

Sistema numerico e astronomico presso i Caldei

«Da molto tempo i Caldei hanno condotto osservazioni sulle ‘stelle’ e primi tra tutti gli uomini hanno indagato nella maniera più accurata i movimenti e la forza delle singole stelle; per questo essi possono predire molto il futuro degli uomini.» (Diodoro Siculo. “Bibliotheca historica” II,29)

Col termine astronomia babilonese si intendono le teorie e i metodi sviluppati in Mesopotamia (la “terra fra i fiumi” Tigri ed Eufrate, situata nel Sud dell’attuale Iraq), in particolare dai seguenti popoli: Sumeri, Accadi, Babilonesi e Caldei. Le loro avanzate conoscenze astronomiche influenzarono la cultura scientifica di egizi, indiani e greci. Ed in effetti l’astronomia mesopotamica rappresenta la prima fase dell’astronomia occidentale.

Legata alla nascita dell’astronomia, ed anzi propedeutica ad essa, è la creazione della più antica forma di scrittura, quella cuneiforme, elaborata dai Sumeri attorno al 3500 – 3000 a.C.

Sebbene i Sumeri si limitassero ad osservazioni astronomiche abbastanza semplici, tuttavia esse posero le basi del successivo e sofisticato sistema astronomico babilonese.

La teologia astrale, la quale riteneva che alla base dell’universo vi fossero degli dèi corrispondenti a corpi celesti, fu elaborata dai Sumeri e successivamente ripresa ed integrata dagli altri popoli mesopotamici. Lo sviluppo di tale teologia è anch’esso legato allo sviluppo dell’astronomia.

Utilizzavano inoltre il sistema di numerazione sessagesimale, che semplificava il difficile compito di registrare sia numeri molto grandi che numeri molto piccoli. La pratica moderna di dividere un cerchio in 360 gradi, di 60 minuti ciascuno, iniziò presso di loro.

Durante l’VIII ed il VII secolo a.C., gli astronomi babilonesi svilupparono un sistema empirico di approccio alla materia. Fu questo un importante contributo sia per l’astronomia che per la filosofia della scienza, tanto che molti studiosi si riferiscono a questo nuovo approccio come alla prima “rivoluzione scientifica”. Questo nuovo sistema venne poi adottato nell’astronomia greca ed ellenistica. Le fonti classiche latine e greche utilizzano il termine “Caldei” per indicare gli astronomi della Mesopotamia, i quali erano in realtà dei sacerdoti-scribi specializzati in astrologia e altre forme divinatorie.

Astronomia Babilonese del Primo Impero

L’astronomia babilonese antica si riferisce al tipo di astronomia che veniva praticato durante e dopo il Primo Impero Babilonese e prima della Seconda Dinastia Babilonese. I Babilonesi furono i primi a riconoscere la periodicità dei fenomeni astronomici ed i primi ad applicare la matematica alle loro predizioni.

Alcune tavolette, databili al Primo Impero Babilonese, documentano l’applicazione della matematica alla variazione della lunghezza delle ore diurne durante l’anno solare. Secoli di osservazioni dei fenomeni celesti furono registrati in una serie di tavolette redatte in scritture cuneiforme, conosciute come “Enuma Anu Enlil” – la più vecchia e significativa fonte che possediamo è la Tavoletta 63, chiamata anche la cosiddetta “Tavoletta di Venere di Ammi-Saduqa“, che mostra il primo e ultimo sorgere visibile di Venere per un periodo di circa 21 anni. È la prima testimonianza del riconoscimento della periodicità dei fenomeni planetari.

Tavoletta d’argilla con due colonne di iscrizione. Trattato astronomico, della serie Mul-Apin (“la stella dell’aratro”) che comprende un elenco delle tre divisioni dei cieli, le date (nell’anno ideale di 360 giorni) del sorgere delle stelle principali e di quelle che sorgono e tramontano, e le costellazioni sul percorso della luna. Conservata presso il British Museum.

Il “MUL.APIN, contiene cataloghi di stelle e costellazioni, come anche schemi per predire la levata eliaca e le posizioni dei pianeti, la lunghezza delle ore diurne misurata attraverso clessidre ad acqua, gnomoni, ombre ed infine metodi per sincronizzare il calendario lunare a quello solare. Il testo babilonese “GU” organizza le stelle in “stringhe” che giacciono lungo declinazioni circolari e misurano dunque intervalli di tempo utilizzando le stelle allo zenit, riportando anche le differenze ascensionali. Ci sono decine di testi mesopotamici che descrivono osservazioni di eclissi, soprattutto fatte dalla città di Babilonia.

Astronomia Babilonese del Secondo Impero

L’Astronomia del Secondo Impero si riferisce all’astronomia sviluppata dagli astronomi Caldei durante il Secondo Impero Babilonese, l’Impero Achemenide, l’età seleucide, e l’Impero partico.

Un incremento significativo della qualità e della frequenza delle osservazioni babilonesi cominciò durante il regno di Nabonassar (o “Nabu-nasir”, 747-734 a.C.), il fondatore del Secondo Impero. La sistematica registrazione in almanacchi astronomici di fenomeni infausti che cominciò in questo periodo, permise ad esempio la scoperta della frequenza delle eclissi lunari in cicli di 18 anni (saros). L’astronomo egiziano Tolomeo utilizzò più tardi il regno di Nabonassar come inizio di un’era, poiché ritenne che le prime osservazioni utilizzabili incominciassero in quel periodo.

L’ultimo stadio nello sviluppo dell’astronomia babilonese prese piede durante l’Impero Seleucide (323-60 a.C.). Nel terzo secolo a.C., gli astronomi incominciarono ad usare dei testi per la previsione dei moti dei pianeti. Questi testi includevano materiale di precedenti studi per scoprire la ripetizione di avvenimenti infausti concernenti i pianeti. Nello stesso periodo, o poco dopo, gli astronomi crearono dei modelli matematici che permettevano di predire questi fenomeni direttamente, senza l’ausilio delle osservazioni passate.

Astronomia Empirica

La maggioranza degli astronomi Caldei erano interessati esclusivamente alle effemeridi e non alla teoria. Il modello planetario babilonese era strettamente empirico ed aritmetico, e normalmente non venivano incluse la geometria, la cosmologia o la filosofia speculativa, benché gli astronomi babilonesi fossero interessati alla filosofia naturale e alla natura ideale dell’universo primordiale. I risultati raggiunti in questo periodo, comprendono la scoperta di cicli di eclissi, del ciclo di saros e di altre osservazioni astronomiche precise, come quella dell’orbita di Giove. Fra gli astronomi Caldei che hanno svolto ricerche empiriche ci sono Naburimannu (VI o III secolo a.C.), Kidinnu (330 a.C.), Berosso (III secolo a.C.) e Sudines (240 a.C.). Sono noti per aver avuto un’importante influenza sugli astronomi greci Ipparco e Tolomeo, come anche su molti altri astronomi del periodo ellenico.

In seguito alle importanti scoperte archeologiche del XIX secolo, sono state ritrovate alcune tavolette di argilla incise in caratteri cuneiformi, alcune delle quali trattavano di astronomia. Molte di queste sono state descritte da Abraham Sachs e in seguito pubblicate da Otto E. Neugebauer negli “Astronomical Cuneiform Texts” (ACT).

Dalla riscoperta della civiltà babilonese è emerso chiaramente che l’astronomia ellenistica era stata fortemente influenzata da quella Caldea. Gli esempi meglio documentati sono quelli di Ipparco di Nicea (II secolo d.C.) e Claudio Tolomeo.

Molti studiosi concordano sul fatto che gli antichi greci abbiano appreso il ciclo metonico dagli scribi babilonesi. Metone di Atene, un astronomo greco del V secolo a.C., sviluppò un calendario lunisolare basato sulla corrispondenza tra 19 anni solari e 235 mesi lunari; tale relazione era già nota ai babilonesi.

Nel IV secolo a.C., Eudosso di Cnido scrisse un libro sulle stelle fisse. Le sue descrizioni di molte costellazioni e specialmente i dodici segni dello zodiaco, sono molto simili agli originali babilonesi. Nel secolo seguente Aristarco di Samo utilizzò un ciclo di eclissi di origine babilonese, il saros, per determinare la lunghezza dell’anno.

Attualmente i ricercatori concordano nel ritenere che le conoscenze e le fonti della cultura babilonese siano state introdotte nel mondo ellenistico da Berosso che in qualità di Sacerdote di Bēl-Marduk avrebbe tramandato ad altri mondi e culture nozioni astronomiche e astrologiche del mondo antico.

Fonte: Wikipedia

Sistema matematico “babilonese”

La matematica degli antichi babilonesi si basava su di un sistema numerico a base 60, cioè un’unità formata da sessanta sotto-unità, sistema tuttora in vigore nella suddivisione delle ore in minuti e di questi in secondi, e nella suddivisione degli angoli in gradi, in primi e in secondi di grado.

Questo sistema ha una sua logica legata al concetto di frazione: un’unità più grande viene pensata come frazionabile in tante parti; Il 60 si presenta da questo punto di vista un buon numero, dato che pur essendo ragionevolmente piccolo ha ben 12 divisori: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 10, 12, 15, 20, 30, 60.

Probabilmente queste stesse ragioni hanno fatto sì che in svariati sistemi di misura si sia diffuso con il tempo e sia tutt’oggi predominante un sistema sessagesimale. Solitamente è prevista un’unità di misura più grande (ad esempio il grado, indicato con il simbolo °, nelle misurazioni di angoli e l’ora nelle misurazioni temporali), una più piccola, equivalente ad 1/60 di quella più grande, detta “minuto primo” ed indicata con un apice (′), ed una ancora più piccola, equivalente ad 1/60 di minuto primo, detta “minuto secondo” ed indicata con due apici (′′). Qualora serva più precisione, si suddivide il minuto secondo in 100 parti, dette semplicemente centesimi di secondo (in realtà tali sistemi non sono sessagesimali puri). Due esempi lampanti sono la misurazione degli angoli e quella del tempo (verosimilmente, l’origine delle due convenzioni è unica, ad esempio il tempo trascorso dall’ultimo scoccare dell’ora si può leggere su un orologio a lancette semplicemente misurando l’angolo che la lancetta dei minuti forma con l’asse verticale).

Ad esempio, la latitudine e la longitudine del centro della base della Torre di Pisa sono rispettivamente:

+43° 43′ 22,81″, ovvero 43 gradi, 43 minuti primi, 22 minuti secondi e 81 centesimi

+10° 23′ 47,22″, ovvero 10 gradi, 23 minuti primi, 47 minuti secondi e 22 centesimi

Infatti latitudine e longitudine non sono altro che angoli.

Sebbene un sistema di notazione sessagesimale “puro”, ovvero comprendente 60 diversi simboli da memorizzare, sia difficilmente utilizzabile in pratica, il sistema di numerazione babilonese rappresenta un caso in cui effettivamente si è fatto uso di un sistema posizionale sessagesimale; i simboli per indicare i numeri dal 1 al 59 sono però a loro volta composti in base decimale a partire da un segno elementare (il cuneo che rappresenta l’unità o la decina, a seconda dell’orientazione).

Le civiltà mesopotamiche furono le prime a utilizzare sia il principio posizionale sia il numero zero (Inizialmente, nel sistema di numerazione sessagesimale babilonese lo zero era rappresentato da un “spazio vuoto”).

Il pattern di rappresentazione ripartiva da 60. Cioè il tratto verticale singolo poteva rappresentare sia l’unità, che 60 (60ˆ1), che 3600 (60ˆ2), ecc., naturalmente in funzione della posizione.

Nell’interpretazione di testi si ha spesso a che fare con ambiguità (che per gli scribi babilonesi non esistevano).

Per esempio, questa scrittura:

poteva rappresentare: 24·60ˆ1 + 18·60ˆ0 cioè 1458

oppure: 24·60ˆ2 + 18·60ˆ1 cioè 87480

oppure: 24·60ˆ-1 + 18·60ˆ-2 cioè 0.405

Nel modo di scrittura moderno della notazione sessagesimale, gli specialisti fanno uso dei simboli “,” e “;” (virgola o punto e virgola). Quest’ultimo simbolo è annunciatore di una parte frazionaria. Ad esempio:

con la notazione 5; 24, 36 si intende 5 + 24/60 + 36/3600 cioè 5.41

con la notazione 5, 24; 36 si intende 5·60ˆ1 + 24·60ˆ0 + 36·60ˆ-1 cioè 324.6

Approfondimento (sistema di numerazione babilonese)

Per terminare questo argomento riteniamo opportuno dare un esempio dell’alto grado di sviluppo raggiunto dalla matematica dei popoli mesopotamici.

Tavoletta babilonese YBC 7289 che mostra il numero sessagesimale 1;24,51,10 approssimazione della √2.

Si tratta di una tavoletta risalente a circa il 1700 a.C., sopra ad essa è rappresentato un quadrato con le due diagonali. Sul lato superiore sinistro lo scriba ha inciso il valore 30 (la misura del lato). Sotto la diagonale orizzontale sono stati incisi i valori 42, 25 e 35 (da essere intesi rappresentativi del numero 42 + 25/60 + 35/60ˆ2, cioè 42,426388889). Sulla diagonale orizzontale sono incisi i valori 1, 24, 51, 10 (da essere intesi come 1 + 24/60 + 51/60ˆ2 + 10/60ˆ3, cioè 1.414213, che è il valore ben noto della radice di 2, approssimato alla sesta cifra decimale).

L’interpretazione di quei numeri ci dice che se dividiamo il valore corrispondente a 42,426388889 per 30 otteniamo proprio quel valore della √2=1.414213. Vediamo dunque che lo scriba sapeva che la diagonale di un quadrato è data dalla misura del lato moltiplicata per la radice di 2, un caso speciale del teorema di Pitagora, milleduecento anni prima del grande nativo di Samo.

Approfondimenti: (Sexagesimal – Wikipedia); (Astronomia babilonese).

Calendario Lunisolare Babilonese

Le società mesopotamiche, fin dal principio strutturate con un alto grado di socializzazione, affrontarono il problema di dotarsi di un efficace strumento per il computo del tempo. Si orientarono, come altrove, verso la soluzione più a portata di mano, la più accessibile alla massa della popolazione: quella del mese lunare. Ne venne determinata agevolmente la durata in 29 giorni e mezzo e ne venne stabilito l’inizio convenzionale al giorno in cui la Luna, dopo essere stata occultata dal Sole per qualche giorno durante la fase della congiunzione, appariva ad occidente, subito dopo il tramonto del Sole, sotto forma di falce sottilissima, appena visibile, con la convessità rivolta a ponente.

Si presentò naturalmente il problema, invero abbastanza complesso, di armonizzare il mese lunare con l’altra importante unità di computo del tempo: quella dell’anno solare, del quale era naturalmente nota la durata di 365 giorni. Poiché 12 mesi lunari di 29.5 giorni ciascuno ammontavano a 354 giorni, per coprire gli 11 giorni mancanti si rendeva necessario aggiungere, di tanto in tanto, un tredicesimo mese. (La necessità dell’armonizzazione appare evidente se si considera l’opportunità che: 1) ogni stagione astronomica fosse sempre composta dagli stessi mesi; 2) ogni anno iniziasse sempre con lo stesso mese).

Ecco intanto i nomi dei dodici mesi assiro-babilonesi: Nisannu, Airu, Sivanuu, Duzu, Abu, Ululu, Tasritu, Arahsamma, Kisilivu, Tbitu, Sbatu, Addaru. Il primo mese, Nisannuu, era quello nel quale si tendeva a far capitare l’equinozio di primavera. Il tredicesimo mese da intercalare (vedremo tra poco come) veniva ottenuto ripetendone uno: gli Assiri e i Babilonesi ripetevano talvolta il mese di Addaru, tal’altra quello di Ululu. Vediamo ora come avveniva l’intercalazione (ripetizione).

Nei primi tempi, quando non veniva ancora usata la tecnica delle osservazioni eliache, ci si limitava a sorvegliare accuratamente la data in cui si era effettivamente osservata la Luna nuova. Se una o più osservazioni non erano possibili, si ricorreva alla regola pratica di considerare i due anni (solare e lunare) in allineamento fino a un massimo di tre anni solari. Quando poi, con il progredire degli studi astronomici, acquisirono le nozioni di levate e tramonti eliaci, queste furono applicate alla sorveglianza dell’allineamento tra l’anno solare e l’anno lunare. Evidentemente,la sorveglianza delle levate e dei tramonti eliaci consisteva nel prendere nota che ciascuna levata o tramonto eliaco non avvenisse fuori di un suo proprio ambito. Era necessario eseguire le osservazioni su più di una stella perché poteva succedere (allo stesso modo di come poteva avvenire con le osservazioni dei noviluni) che per tempo nuvoloso od altra causa, l’osservazione di una data stella falliva.

Riprendiamo dal capitolo dedicato alla meccanica celeste la nozione relativa al fatto che una levata eliaca di una certa stella avviene sempre lo stesso numero di giorni a partire, ad esempio, dall’equinozio di primavera (è come se fosse un paracarro sul cammino temporale dell’anno solare), e affrontiamo, per semplificare, un caso pratico. Supponiamo di partire da una situazione di anno lunare allineato con l’anno solare (equinozio di primavera che avviene ad esempio il giorno 3 del mese di Nisannu di un anno che chiameremo 1) e supponiamo che una certa stella faccia la sua levata eliaca il giorno 5 dello stesso mese di Nisannu. Gli osservatori sapevano che questa era una situazione tranquilla per circa tre anni perché il prossimo equinozio di primavera sarebbe avvenuto 365 giorni dopo quindi non al prossimo 3 del mese di Nisannu (354 giorni dal 3 Nisannu precedente) ma il giorno 3+11=14 Nisannu dell’anno 2 (e la nostra stella di riferimento avrebbe fatto la sua levata eliaca il giorno 5+11=16 di Nisannu). Quindi, in quei primi due anni non erano necessarie intercalazioni. Ripetendo il ragionamento per l’anno successivo, anno 3, avremmo che l’equinozio si sarebbe verificato il giorno 14+11=25 di Nisannu e la stella avrebbe avuto la levata eliaca il 16+11=27. A questo punto, non si poteva più dire che per l’anno 3 non era necessaria l’intercalazione, perché, non facendola, l’anno successivo l’equinozio sarebbe avvento il 25+11=6 di Airu, e la levata eliaca si sarebbe avuta il giorno 27+11=8 di Airu, e ciò non era accettabile. Ecco quindi che, nell’assumere quella data stella come stella di riferimento per il mese di Nisannu, si stabiliva che, se nel sorvegliare la sua levata eliaca si constatava che essa si produceva oltre il giorno 19 di quel mese, nel corso di quell’anno si doveva fare una intercalazione.

Come detto in precedenza, ogni mese aveva una o più stelle (o intere costellazioni) di riferimento (scelte naturalmente tra le più brillanti), in modo che se in un mese tutte le osservazioni fallivano, si poteva sperare di rifarsi il mese successivo, o un altro mese ancora.

Il lettore converrà certamente nell’ammettere che, malgrado la scrupolosità che sicuramente non difettava agli osservatori mesopotamici, e malgrado essi si fossero dotati di un minuzioso sistema di regole, era inevitabile che certe intercalazioni non venissero eseguite per cause varie (i ricercatori moderni hanno trovato le prove di ciò). Perciò, gli astronomi si dedicarono alla ricerca di un ciclo calendariale che assicurasse una intercalazione sicura. Sembra che dal 529 al 503 a.C. si sia fatto uso di un ciclo di otto anni (tre degli otto erano “bisestili”, cioè con 13 mesi). Finalmente, a partire dal 499 a.C., venne in uso il ciclo di 19 anni (quello che i Greci attribuirono a Metone, e che adottarono una cinquantina di anni dopo). Ne diamo una descrizione adesso perché è provato che furono i Babilonesi a scoprirlo e ad adottarlo per primi.

Per arrivare alla comprensione del ciclo, partiamo da una luna nuova che avvenga, ad esempio, il 1º gennaio di un qualsiasi anno. Sappiamo che il 1º gennaio dell’anno successivo non sarà certamente giorno di luna nuova. Se ci chiediamo quanti anni interi dovranno trascorrere affinché si abbia la luna nuova il 1º gennaio, dobbiamo prendere in considerazione il minimo comune multiplo (evidentemente approssimato) tra i valori 365.2422 (durata di un anno tropico) e 29.5306 (durata di un mese lunare). Troviamo così che:

19 anni tropici di 365.2422 giorni comprendono 6939.60 giorni

235 lunazioni di 29.5306 giorni comprendono 6939.69 giorni

Quindi, se si ha luna nuova un certo giorno di un certo anno, per avere ancora la luna nuova lo stesso giorno, devono passare 19 anni esatti (con uno scarto di due ore) da quel giorno.

Dopo la conquista di Alessandro e l’avvento della Dinastia Seleucide, i testi babilonesi fanno uso dell’Era seleucide (ES). Il calendario lunisolare basato sul ciclo di 19 anni continuò ad essere applicato, ma l’anno veniva dato in termini di regno seleucide (il 1º Nisannu dell’anno 1 dell’Era seleucide corrisponde al 3 aprile 311 a.C. in data giuliana.). Ecco gli anni intercalari (marcati con asterisco) del ciclo di 19 anni, secondo l’ES: 1*, 2, 3, 4*, 5, 6, 7*, 8, 9*, 10, 11, 12*, 13, 14, 15*, 16, 17, 18*, 19.

Mese sinodico

Il mese sinodico, altrimenti detto lunazione, rivoluzione sinodica o mese lunare, è il tempo che impiega la Luna per riallineare nuovamente la sua posizione con il Sole e la Terra dopo aver compiuto una rivoluzione intorno a quest’ultima: si può anche definire come il tempo che intercorre tra un novilunio e quello successivo.

Il termine “sinodico” deriva dal latino synodicum, a sua volta ricavato dal greco synodikós, derivazione di synodos (‘riunione’): esso indica quindi l’allineamento (o congiunzione) tra due o più astri come avviene nel nostro caso tra Sole, Luna e Terra.

La durata di un mese sinodico è variabile a causa delle irregolarità del moto lunare ed è minima in occasione del solstizio d’estate (29 giorni 6 ore 28 minuti e 48 secondi, cioè 29,27 giorni) e massima nei pressi del solstizio d’inverno (29 giorni 20 ore 9 minuti e 36 secondi, cioè 29,84 giorni). La durata effettiva di una lunazione, perciò, varia in un intervallo di circa 7 ore in eccesso o in difetto rispetto alla durata media.

La durata media del mese sinodico è di 29 giorni 12 ore 44 minuti e 2,9 secondi (quasi 29,53059 giorni). Essa cresce molto lentamente nel tempo, in epoca storica è sempre stata superiore a 29,53058 giorni.

La durata del mese lunare era nota con notevole precisione sin dall’antichità. Il modo più semplice di calcolarlo consisteva nell’osservare i cicli delle eclissi, cioè il numero di anni trascorsi prima che una eclissi si verificasse nuovamente nella stessa regione del cielo. Gli astronomi babilonesi si accorsero che ciò poteva avvenire dopo 235 lunazioni (e ciò diede origine al ciclo metonico di 19 anni) e successivamente scoprirono che 225 anni erano circa uguali a 2783 lunazioni. Con questi ultimi valori il mese sinodico può essere calcolato con un errore inferiore a un millesimo di giorno (225×365,25/2783=29,5297 che differisce per circa 0,9 millesimi di giorno dal valore corretto).

GRANDI CICLI

Per poter affrontare la teoria babilonese dei Grandi Cicli dobbiamo richiamare alcune nozioni di meccanica celeste, così come le concepiamo oggi. Intanto chiariamo cosa intendiamo con la locuzione “osservazioni di stelle o pianeti”, riferite ai Babilonesi. Evidentemente, dobbiamo ammettere che la strumentazione di cui disponevano gli astronomi babilonesi, era molto primitiva. La misura delle posizioni planetarie (sostanzialmente le misure delle distanze angolari dei pianeti da alcune stelle di riferimento) veniva condotta valutando, tramite opportuni traguardi rudimentali, le posizioni dei pianeti nell’ambito delle costellazioni dell’eclittica. Dobbiamo anche ammettere che gli astronomi di quell’epoca avevano a mano a mano migliorato le loro tecniche di osservazione visuale della posizione di un pianeta rispetto a stelle di riferimento, al punto da raggiungere un grado di maestria tale da consentir loro di redigere delle vere e proprie carte del cielo, sulle quali le posizioni planetarie venivano registrate anche per un intero anno. Queste registrazioni permettevano loro di rendersi conto delle caratteristiche dei moti planetari, e specialmente della Luna, della quale individuarono ben presto i moti di retrocessione dei nodi e di progressione del perigeo. Ma il fondamentale risultato delle osservazioni dei pianeti per secoli e secoli fu il raggiungimento della previsione dei moti stessi (previsione sia di data che di posizione). A questo risultato arrivarono rendendosi conto che, su lunghi periodi di tempo, cioè su cicli, per ogni pianeta (e per la Luna) si aveva una ripetizione del percorso che il pianeta compiva nel cielo, molto prossima al percorso precedente. In altre parole, il pianeta sarebbe transitato alle stesse posizioni di cielo alle stesse date (naturalmente con una certa approssimazione).

Per poter procedere ulteriormente nella comprensione delle tecniche predittive dei Babilonesi, richiamiamo alcune nozioni di meccanica celeste. Diamo dapprima un paio di definizioni. E’ detto:

Periodo Tropico di un pianeta l’intervallo di tempo che in media un pianeta impiega per compiere un intero percorso zodiacale.

Periodo Sinodico è invece l’intervallo di tempo che in media intercorre tra due successive retrogradazioni. (Ndr. da non confondersi con il “mese sinodico” descritto sopra)

Ora, gli astronomi babilonesi avevano osservato che Mercurio e Venere “accompagnavano sempre” il Sole scostandosi da lui di poco, Mercurio di una trentina di gradi, Venere di circa 45º. Ciò li portò a concludere che i periodi tropici dei due pianeti inferiori si potevano ritenere esattamente di un anno (appunto come quello del Sole). La breve fase di moto retrogrado si ha quando Venere transita alla congiunzione inferiore.

Per i pianeti superiori invece l’apparente moto retrogrado si manifesta quando il pianeta si trova in opposizione.

I Babilonesi, per quanto sappiamo, si limitavano a registrare (accuratamente) le retrogradazioni stesse, prendendo nota che la fase retrograda di un pianeta inferiore si aveva in corrispondenza della sua congiunzione inferiore, mentre quella di un pianeta superiore si aveva quando era all’opposizione. Il lettore tenga poi presente che la non complanarità dei due piani orbitali fa si che le retrogradazioni, sia per i pianeti inferiori che per quelli superiori, appaiano effettivamente all’osservatore terrestre estendersi nella fascia zodiacale.

Marte dunque appare dalla Terra descrivere un moto retrogrado una volta ogni due anni (un po’ di più di due anni). Se dalla Terra si vede Marte eseguire un moto retrogrado a una certa epoca e in una certa zona di cielo, siccome il prossimo moto retrogrado verrà eseguito un po’ più di due anni dopo, esso verrà eseguito certamente in una zona di cielo spostata verso est (in verso diretto) rispetto alla zona in cui era stato eseguito il precedente, in accordo con quanto detto precedentemente. Il moto retrogrado ancora successivo verrà eseguito similmente in una zona di cielo spostata ulteriormente verso est più o meno della stessa quantità, e così via.

L’intuizione dei Grandi Cicli

A questo punto, procedendo ulteriormente nella ricerca di un metodo predittivo, gli astronomi babilonesi intuirono che la soluzione si sarebbe potuta ottenere se, esaminando i dati di posizioni planetarie di ogni pianeta su un lunghissimo periodo, per ciascuno si poteva trovare un periodo costante, al termine del quale si aveva un loop (moto retrogrado) che avveniva (più o meno) nella stessa zona di cielo in cui era avvenuto il loop all’inizio del periodo. Questo li indusse a ricercare quelli che essi considerarono i Grandi Cicli per ogni pianeta.

Per esempio, per Venere essi scoprirono che in 8 anni si avevano 5 periodi sinodici (e, per quanto detto sopra, 8 periodi tropici) per cui, Venere, ogni 8 anni avrebbe dovuto tornare ad occupare (più o meno) le stesse posizioni di cielo alle stesse date. Per Marte trovarono che il Grande Ciclo aveva una durata di 15 anni: in 15 anni si avevano contemporaneamente 8 periodi tropici e 7 periodi sinodici. Ma quegli accaniti (e sagaci) osservatori fecero molto di più. Arrivarono a capire che andando alla ricerca, per ogni pianeta di un Grande Ciclo il più lungo possibile, l’accuratezza nella ripetizione del percorso ne avrebbe guadagnato. Per Marte, ad esempio, arrivarono a scoprire Grandi Cicli di 47 anni e di 79 anni, sempre più precisi.

Testi di Goal-Year

C’è una categoria di testi cuneiformi che sono espressamente basati sui Grandi Cicli planetari. Il nome di “Testi di Goal-Year” venne loro dato da A.J. Sachs.

I Grandi Cicli che vennero usati in questi testi furono i seguenti:

Saturno 59 anni (in 2 periodi tropici, 57 periodi sinodici)

Giove 71 anni (in 6 periodi tropici, 65 periodi sinodici)

Giove 83 anni (in 7 periodi tropici, 76 periodi sinodici)

Venere 8 anni (in 8 periodi tropici, 5 periodi sinodici)

Mercurio 46 anni (in 46 periodi tropici, 45 periodi sinodici)

Marte 47 anni (in 25 periodi tropici, 22 periodi sinodici)

Marte 79 anni (in 42 periodi tropici, 37 periodi sinodici)

Luna 18 anni

Ricordiamo sempre che i Babilonesi disponevano di posizioni planetarie registrate per un gran numero di anni (per secoli e secoli). Per comprendere il loro modo di procedere, supponiamo di possedere anche noi una gran messe di posizioni planetarie per secoli precedenti la nostra epoca, registrate su nostri testi di Goal-Year, e di voler ricavare tramite il metodo del Goal-Year, ad esempio, le previsioni delle posizioni planetarie per l’anno 2005. Il 2005 sarà dunque il nostro Goal-Year.

Consultando allora i nostri testi di Goal-Year, annoteremo tutto ciò di notevole che ciascun pianeta “fece” nell’anno di inizio del proprio Grande Ciclo: annoteremo tutto ciò che Saturno “fece” di notevole nell’anno 2005-59=1946, annoteremo tutto ciò che Giove “fece” di notevole nell’anno 2005-83=1922, annoteremo tutto quello che Venere “fece” di notevole nell’anno 2005-8=1997, e così via.

Per quanto riguarda gli eventi notevoli che essi annotavano per ogni pianeta, i tipici testi di Goal-Year elencano: 1) i più importanti fenomeni sinodici; 2) passaggi in prossimità di stelle di riferimento (che gli studiosi moderni chiamano “Normal Stars”). Per i pianeti superiori i testi di Goal-Year danno anche le date di inizio e di fine dei moti retrogradi e le date delle opposizioni. Oltre alla data viene anche indicato il segno zodiacale in cui il fenomeno ha luogo. Per quanto riguarda le “Normal Stars”, esse erano per i Babilonesi una trentina, tutte nell’ambito di una decina di gradi a nord e a sud dell’eclittica. I testi di Goal-Year danno, oltre alla data in cui un pianeta transita nei pressi di una “Normal Star”, anche quanti gradi sopra o sotto avveniva il transito.

Tutti i testi di Goal-Year sono del periodo seleucide. Tra i più antichi ce n’è uno del 231-230 a.C., ma è molto probabile che la loro produzione sia incominciata ben prima. Essi continuarono fino a tutto il primo secolo della nostra era. I dati che venivano utilizzati dai Babilonesi per redigere i testi di Goal-Year erano raccolte di dati astronomici che i ricercatori moderni hanno chiamato “Astronomical diaries”. I più vecchi che ci siano pervenuti risalgono al 650 a.C., ma è probabile che la loro compilazione sia incominciata a partire dal regno di Nabonassar (747 – 734 a.C.).

SAROS

Grande Ciclo della Luna

La scoperta del Grande Ciclo per la Luna oltre che essere stata motivata da esigenze di predizione della posizione, fu dovuta anche alle indagini che i Babilonesi condussero per la predizione delle eclissi.

Allora, per capire i progressi dei Babilonesi nelle predizioni lunari riprendiamo alcune nozioni sui moti della Luna. Il tempo medio per due congiunzioni successive della Luna con il Punto ^, Il cosiddetto mese siderale, è di 27.3216 giorni solari medi. Il tempo medio di un Mese sinodico è invece 29.5306 giorni solari medi. Le eclissi di Luna si hanno solo al plenilunio, per cui se sappiamo che un certo giorno si è avuta un’eclissi di Luna, per averne un’altra probabile si deve attendere un numero intero di mesi sinodici. Ma naturalmente le eclissi di Luna non avvengono ad ogni plenilunio. L’orbita lunare è inclinata di circa 5º sull’eclittica, e nel momento della maggior parte dei pleniluni la Luna passa “sotto” o “sopra” il cono d’ombra terrestre. Una eclissi lunare si ha se, al plenilunio, il Sole si trova in prossimità di uno dei due nodi dell’orbita lunare (punti di intersezione dell’orbita della Luna con l’eclittica). Se il Sole si trova a un nodo al plenilunio, la Luna sarà al nodo opposto, e quindi con buona probabilità di essere allineata con il Sole (e naturalmente con la Terra).

Ora, avviene che i nodi lunari abbiano un moto di precessione verso ovest (simile alla precessione terrestre che causa la precessione dei nodi equinoziali), per il quale essi fanno un giro completo di eclittica (periodo draconico o nodale) in 18,612958 anni (6.738,383 giorni (questa non è la stessa lunghezza di un saros).

Mentre la Terra ruota attorno al Sole, il parallelismo assiale approssimativo del piano orbitale della Luna (inclinato di cinque gradi rispetto al piano orbitale terrestre) determina la rivoluzione dei Nodi lunari rispetto alla Terra. Ciò provoca una “stagione di eclissi “(Eclipse season) circa ogni sei mesi, in cui può verificarsi un’eclissi solare nella fase di luna nuova e un’eclissi lunare nella fase di luna piena; Le “Eclipse season” dovrebbero verificarsi 38 volte in un ciclo di Saros (6.585,3 giorni).

Allora, ecco che le eclissi di Luna, se avvengono, non si hanno sempre nello stesso segno zodiacale, ma in segni successivi (in senso retrogrado). Il tempo che la Luna impiega per eseguire due passaggi successivi allo stesso nodo è detto mese draconico, ed è di 27.2122 giorni (gli astronomi medioevali si riferivano ai due nodi lunari come a un drago la cui testa cerca sempre di mordersi la coda).

Infine, il perigeo lunare non è fisso nello spazio ma, similmente al perielio delle orbite di tutti i pianeti, fa un giro completo di zodiaco in senso diretto (progressione del perigeo) in circa 9 anni (la linea degli apsidi apogeo-perigeo ruota mantenendosi sul piano dell’orbita lunare). E quindi l’intervallo di tempo che la Luna impiega per due passaggi consecutivi al perigeo, 27.5545 giorni, è detto mese anomalistico.

Per queste due ragioni (regressione dei nodi e progressione del perigeo) le circostanze favorevoli ad una eclissi non si ripetono con regolarità. Ma possiamo calcolare un periodo dopo il quale lo diventino. Supponiamo che un certo giorno A si abbia una eclissi di Luna. Se a una data successiva B, si ha che rispetto alla precedente:

1) è trascorso un numero intero di mesi sinodici

2) è trascorso un numero intero di mesi draconici

3) è trascorso un numero intero di mesi anomalistici

allora possiamo dire che alla data B, Sole Terra e Luna sono ritornati ad una situazione relativa molto prossima a quella della data precedente, cioè a posizioni reciproche pressoché simili, quindi è altamente probabile che l’eclissi di Luna alla data B si abbia. Un ciclo lunare molto accurato che viene spesso denominato, con dizione moderna, Saros. Esso è dato da 223 mesi sinodici, che sono molto prossimi a 242 mesi draconici e a 239 mesi anomalistici. Se moltiplichiamo ciascuno di questi tre valori per il rispettivo numero di giorni dato sopra, otteniamo sempre un valore prossimo a 6585.3 giorni, cioè a 18.029 anni.

Più precisamente un ciclo di Saros corrisponde a:

6.585,321347 giorni solari

18.029 anni

223 mesi sinodici

241.999 mesi draconici

18.999 “eclipse years” (38 “eclipse seasons)

238.992 mesi anomalistici

241.029 mesi siderali

Durante un saros avvengono 29 eclissi di luna e 41 eclissi di sole.

Questa è la ragione che indusse i Babilonesi, avendo scoperto tutte le nozioni relative alla Luna descritte sopra attraverso le loro sistematiche osservazioni, ad adottare per la Luna un Grande Ciclo di 18 anni, quello che, ripetiamo, con dizione moderna, viene detto Saros, e che viene trattato in termini di previsioni di eclissi, e non certamente in termini di Grande Ciclo.

Storicamente parlando il nome “saros” (greco: σάρος) fu applicato al ciclo di eclissi dall’astronomo inglese Edmund Halley nel 1686, che lo prese dal “Suda“, un lexicon bizantino dell’XI secolo. Il “Suda” dice: “[Il saros è] una misura e un numero tra i Caldei. Poiché 120 saroi fanno 2220 anni (anni di 12 mesi lunari) secondo i calcoli dei Caldei, se davvero il saros fa 222 mesi lunari, che sono 18 anni e 6 mesi (cioè anni di 12 mesi lunari).” Le informazioni contenute nel “Suda” a loro volta furono derivate direttamente o meno dalle “Cronache” di Eusebio di Cesarea, che citava Berosso. (Guillaume Le Gentil affermò nel 1756 che l’utilizzo di tale nome da parte di Halley era errato, ma il nome continua ad essere utilizzato correntemente) La parola greca apparentemente deriva dalla parola babilonese “sāru” che significa il numero 3600 o dal verbo greco “saro” (σαρῶ ) che significa “spazzare (il cielo con la serie di eclissi)”.

Posizione delle eclissi sulla superficie terrestre

Abbiamo detto “posizioni reciproche pressoché simili”. Infatti essendo il periodo di 223 mesi sinodici più corto di 0.04 di giorno del periodo relativo a 242 mesi draconici, la luna nuova si troverà, rispetto al nodo, in una posizione leggermente diversa da quella occupata all’inizio del ciclo. Oppure, per le eclissi di Sole abbiamo che se una certa eclissi totale di una certa data riguarda una ben determinata striscia di superficie terrestre, si potrebbe pensare che se l’eclissi totale che si ha al termine di quel ciclo si verificasse dopo 6585 giorni esatti (6585 rotazioni terrestri esatte) essa interesserebbe la stessa striscia. Invece, quei 0.3 decimali di rotazione terrestre verso est (otto ore circa) fanno si che al termine del ciclo, il cono d’ombra lunare con i tre astri allineati andrà a finire circa otto ore di longitudine più a ovest, e quindi è un’altra striscia di superficie terrestre ad essere interessata. Fonte: Astronomia babilonese.

E’ ben noto infatti che le eclissi solari si ripetono in maniera molto simile ogni 223 lunazioni, pari a 6585 giorni ed 8 ore; questo fa sì che la regione di visibilità si sposti approssimativamente di 120° in longitudine sul globo terrestre; Esempio 11/07/1991 – 22/07/2009. (Fonte)

Dato che un saros non dura un numero intero di giorni e la Terra ruota di circa 120° in 8 ore, la stessa eclissi si ripeterà in una località diversa trascorso un saros. Dopo, però, che siano trascorsi tre saros, la Terra avrà compiuto un numero intero di rotazioni e quindi le eclissi corrispondenti si verificheranno nello stesso luogo. Ciò richiede una durata di 19756 giorni (circa 54 anni); periodo chiamato “exeligmos” (dal greco ἐξέλιγμος, “un giro della ruota”).

Relazione tra eclissi lunare e solare nel Saros

Durante un saros avvengono 29 eclissi di luna e 41 eclissi di sole. In seguito ad una data eclissi lunare o solare, dopo 9 anni e 5+1⁄2 giorni (mezzo saros, o sar) si verificherà un’eclissi lunare invece che solare, o viceversa, con proprietà simili.

Ad esempio, se la penombra della Luna copre parzialmente il lembo meridionale della Terra durante un’eclissi solare, 9 anni e 5+1⁄2 giorni dopo si verificherà un’eclissi lunare in cui la Luna sarà parzialmente coperta dal lembo meridionale della penombra della Terra. Allo stesso modo, 9 anni e 5+1⁄2 giorni dopo il verificarsi di un’eclissi solare totale o di un’eclissi solare anulare, si verificherà anche un’eclissi lunare totale. Questo periodo di 9 anni e 5+1⁄2 giorni è denominato “Sar”. Comprende 111+1⁄2 mesi sinodici, ovvero 111 mesi sinodici più una quindicina. La quindicina rappresenta l’alternanza tra l’eclissi solare e quella lunare. Per un esempio visivo vedere questo grafico (Link) (ogni riga è separata da un Sar).

Serie di Saros

Le eclissi che si verificano dopo un intervallo temporale pari esattamente a un saros sono considerate parte di uno stesso ciclo, ciclo che comprende al massimo 70-80 eclissi perché dopo circa 1200 anni le piccole irregolarità si accumulano e l’eclisse non si verifica più. Generalmente ogni ciclo di saros ha inizio con un’eclissi parziale a partire da uno dei poli e successivamente si trasformerà in eclissi totale o eclissi anulare arrivando nei pressi dell’equatore e quindi di nuovo ritornerà parziale procedendo verso il polo opposto, fino a cessare concludendo il ciclo di saros. L’astronomo amatoriale tedesco George van den Bergh cominciò a prendere visione delle eclissi e cominciò a numerare i cicli a partire dall’anno 2872 a.C. I cicli attivi ora vanno dal numero 117 al 156 e il prossimo a cessare sarà il 117 con l’eclisse del 3 agosto 2054, mentre l’ultimo a essere nato è il 156 con l’eclisse del 1º luglio 2011. In Europa l’ultima eclissi totale di Sole avvenne l’11 agosto 1999 e il numero del ciclo era il 145, e la successiva è avvenuta il 21 agosto 2017 (fu visibile solo negli Stati Uniti d’America).

Serie di Saros145.

Alle eclissi solari che si verificano vicino al nodo discendente della Luna vengono assegnati numeri pari della serie Saros. La prima eclissi di ciascuna serie inizia dal lembo meridionale della Terra e il percorso dell’eclissi viene spostato verso nord con ogni successivo saros, mentre alle eclissi solari che si verificano vicino al nodo ascendente della Luna vengono assegnati numeri dispari di serie di saros. La prima eclissi di ogni serie inizia dal lembo settentrionale della Terra e il percorso dell’eclissi viene spostato verso sud con ogni successivo saros.

Eclissi dal ciclo Saros 136: dal 1937 al 2081.

Saros 136 è un esempio. La serie è di particolare interesse perché attualmente sta producendo le eclissi solari totali più lunghe del XX e XXI secolo. Nove eclissi solari di Saros 136 sono tracciate nell’immagine sopra per gli anni dal 1937 al 2081. Lo spostamento verso ovest di circa 120° di ciascun percorso di eclissi è una conseguenza delle 8 ore extra nella durata del periodo di Saros. Lo spostamento verso nord di ciascun percorso è dovuto al moto progressivo della Luna rispetto al suo nodo discendente ad ogni eclissi.

Saros 136 produrrà 71 eclissi nell’arco di 1262 anni nel seguente ordine: 8 parziali, 6 anulari, 6 ibride, 44 totali e 7 parziali.

Fonti: (NASA) (Wikipedia) (Wikipedia)

NUMERO 6585

La conoscenza dei Caldei del ciclo dei saros è testimoniata dalle loro tavolette d’argilla. Essi si accorsero che la Luna, il Sole e la Terra si ritrovano nella medesima condizione ciclicamente e perciò una volta avvenuta un’eclissi solare (parziale o totale) la successiva, nel medesimo luogo, si sarebbe verificata dopo 6585 giorni. Questo numero veniva tramandato in segreto ed era considerato “magico”. La chiave per questo numero sta nel numero 15.

6585=15×439

1080=15×72

6585−1080=5505

5505=15×367

Si noti che 24×15°=360° che è la suddivisione dei fusi orari della Terra: 15° per 24 ore.

Inoltre 15 è collegato ai numeri del ciclo precessionale (Link).

540=15×36

1080=15×72

2160=15×144

4320=15×288

Presso i babilonesi il 60 era tenuto in uguale considerazione tanto che il loro sistema di numerazione si basa su tale numero.

3×60=180

6×60=360

9×60=540

18×60=1080

24×60=1440

48×60=2880

72×60=4320

108×60=6480

C’è un legame celato con il 15 qui:

6585−6480=105; 105÷7=15

Anche le potenze del 60 nascondono segreti:

60^2=3600

60^3=216000

60^4=12960000

60^5=777600000; 7776÷432=18; si potrebbe continuare ma gli 0 diventano parecchi.

60×24=1440; 6585−1440=5145; 5145÷343=15

60×48=2880; 6585−2880=3705; 3705÷247=15

60×96=5760; 6585−5760=825; 825÷55=15

60×109=6540; 6585−6540=45; 45÷3=15

60×146=8760; 8760-6585=2175; 2175÷145=15

Si noti che il Periodo di rivoluzione terrestre è detto Anno siderale ed è pari a 365,2564 giorni solari medi (365 giorni, 6 ore, 9 minuti e 10 secondi). In questo intervallo di tempo la Terra si muove ad una velocità media di 30 km/s (pari a circa 108000 km/h) e percorre un’orbita della lunghezza media di 946 080 000 km. Perciò in un’ora la Terra percorre 8760 Km (946080000÷108000=8760).

6585−6060=525; 525÷35=15

6666−6585=81=9×9

A causa di diversi fattori ho ritenuto di dividere questo testo in due parti, pertanto questa dissertazione prosegue nella seconda parte che sarà prossimamente pubblicata.

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