IMPARARE SU NOI STESSI

IMPARARE SU NOI STESSI

Krishnamurti

IMPARARE SU NOI STESSISe pensate che sia importante conoscere voi stessi solamente perché io o qualcun altro vi ha detto che è importante, allora temo che qualsiasi comunicazione fra noi termini qui. Ma se siamo d’accordo che è d’importanza vitale che che noi ci si comprenda completamente allora voi ed io abbiamo un rapporto completamente diverso, allora possiamo portare avanti insieme un piacevole, attento ed intelligente studio.

Non richiedo la vostra fede: non pretendo di essere un’autorità. Non ho niente da insegnarvi, nessuna nuova filosofia, nessun nuovo sistema, non vi è alcuna nuova strada che conduca alla realtà più che alla verità. Qualsiasi forma di autorità, specialmente nel campo del pensiero e della comprensione, è la cosa più distruttiva, più funesta. I capi distruggono i seguaci e i seguaci distruggono i capi. Dovete essere il vostro stesso maestro e il vostro discepolo.

Dovete mettere in dubbio tutto ciò che l’uomo ha accettato come prezioso, necessario.

Se non seguite nessuno allora vi sentite molto soli.

Siate solo allora. Perché temete di stare soli?

Perché siete a faccia a faccia con voi stessi come siete e trovate che siete vuoti, ottusi, stupidi, sgradevoli, colpevoli, ansiosi, una entità secondaria, scadente di seconda mano.

Affrontate questa realtà: guardatela non fuggitela. Nel momento in cui fuggite incomincia la paura.

Quando ci analizziamo non ci isoliamo dal resto del mondo. Non è un processo malsano.

In tutto il mondo l’uomo è preso dagli stessi problemi quotidiani di noi, così quando ci analizziamo non siamo affatto esseri nevrotici poiché non vi è alcuna differenza tra l’individuo e la collettività. E questo è un fatto reale. Noi plasmiamo il mondo a nostra immagine. Non perdiamoci dunque in questa battaglia tra la parte e il tutto.

Bisogna che io diventi consapevole di tutto il campo del mio io, che è la consapevolezza dell’individuo e della società. È solamente allora, quando la mente va al di là di questa consapevolezza individuale e sociale, che posso diventare per me stesso una luce che non si spegnerà mai.

Allora da dove cominceremo a comprenderci? Io sono qua, e come devo fare per studiarmi, osservarmi, vedere quello che realmente succede dentro di me? Posso osservare me stesso solo in una relazione poiché tutta la vita è relazione. Non serve a niente sedersi in un angolo a meditare su me stesso. Non posso esistere da solo. Esisto solamente in rapporto con la gente, con le cose e le idee, e nello studio del mio rapporto con le cose esterne e le persone, così come con le cose interiori, comincio a comprendermi. Qualsiasi altra forma di comprensione è solamente un’astrazione e non posso studiarmi in astratto; non sono una entità astratta; quindi devo studiarmi come fatto reale come sono, non come vorrei essere.

La comprensione non è un processo intellettuale. Accumulare conoscenza su voi stessi e imparare su voi stessi sono due cose differenti, poiché la conoscenza che accumulate su voi stessi appartiene sempre al passato e una mente che sia oppressa dal passato è una mente che soffre. Imparare su voi stessi non è come imparare una lingua, una tecnologia, o una scienza in questo caso naturalmente dovete accumulare e ricordare; sarebbe assurdo ricominciare tutto daccapo ma nel campo psicologico imparare è sempre presente e la conoscenza è passato, e poiché molti di noi vivono nel passato e ne sono soddisfatti, la conoscenza diventa per noi straordinariamente importante. Ed è questo il motivo per cui adoriamo chi è colto intelligente, astuto. Ma se imparate ogni momento, ogni minuto, se imparate osservando e ascoltando, se imparate guardando e agendo, allora vedrete che imparare è un movimento costante senza il passato.

Se dite di volervi studiare gradualmente, aggiungendo un po’ alla volta, poco a poco, non state studiando voi stessi come realmente Siete ma attraverso una conoscenza acquisita. Lo studiare implica una grande sensibilità. Non c’è sensibilità se esiste un’idea, che sia del passato, che domini il presente. Allora la mente non è più veloce, flessibile, agile. Molti di noi non sono sensibili neanche fisicamente. Mangiamo troppo, non ci preoccupiamo di una giusta dieta, fumiamo troppo e beviamo, dopodiché i nostri corpi diventano grassi e insensibili; la qualità dell’attenzione nell’organismo stesso si fa ottusa. Come può esistere una mente sveglia, sensibile e chiara se lo stesso organismo è ottuso e pesante? Possiamo essere sensibili a certe cose che ci toccano personalmente, ma l’essere completamente sensibili a tutti gli aspetti della vita richiede che non vi sia alcuna separazione tra l’organismo e la psiche. È un movimento totale.

Per comprendere qualcosa dovete viverci insieme, dovete osservarla, dovete conoscerne il contenuto, la natura, la struttura, il movimento. Avete mai provato a vivere con voi stessi? Se sì, comincerete a vedere che non siete statici, ma una fresca cosa vivente. E per vivere con una cosa viva anche la vostra mente deve essere viva. E non può essere viva se è intrappolata da opinioni, giudizi e valutazioni.

Per poter osservare il movimento della vostra mente e del vostro cuore, del vostro intero essere, dovete avere una mente libera, non una mente che è d’accordo o no, che prende posizione nelle dispute, discutendo sulle semplici parole, ma piuttosto una mente che segua con l’intenzione di comprendere. Una cosa ben difficile da fare poiché molti di noi non sanno come guardare o come ascoltare il nostro stesso essere più di quanto non sappiano come guardare la bellezza di un fiume o ascoltare la brezza tra gli alberi.

Quando condanniamo o giustifichiamo non possiamo vedere chiaramente, e neanche lo possiamo quando le nostre menti ciarlano senza fine; allora noi non osserviamo ciò che è; guardiamo solamente le proiezioni di noi stessi che abbiamo creato. Ciascuno di noi ha una immagine di quello che crediamo di essere o di quello che dovremmo essere, e quella immagine, quel ritratto, ci impedisce nel modo più assoluto di vedere come realmente siamo.

È una delle cose più difficili del mondo guardare qualcosa in modo semplice. Siccome le nostre menti sono molto complesse abbiamo perso il pregio della semplicità. Non intendo semplicità nell’abbigliamento o nel cibo, indossando solamente una fascia intorno ai fianchi o battendo il primato del digiuno o queste sciocchezze immature che i santi coltivano, ma quella semplicità che permette di guardare direttamente le cose senza avere paura, che permette di guardare noi stessi come realmente siamo senza alcuna distorsione, di riconoscere quando mentiamo, di mentire e non di nasconderlo o di fuggirne.

Inoltre per comprenderci c’è bisogno di molta umiltà. Se cominciate col dire “Io mi conosco”, avete già smesso di studiarvi; oppure se dite: “Non c’è niente di importante da imparare su di me perché sono solamente un fascio di ricordi, idee, esperienze, tradizioni” anche allora avete smesso di studiarvi. Nel momento in cui avete raggiunto qualcosa cessate dì avere quella qualità di innocenza e umiltà; nel momento in cui arrivate a una conclusione o cominciate a indagare partendo dalla conoscenza, voi siete finiti, perché allora trasportate ogni cosa viva in termini di passato. E invece se non avete alcun punto d’appoggio, se non c’è certezza, se non c’è alcuna conquista, c’è la libertà di guardare, di raggiungere. E guardare con libertà è qualcosa di sempre nuovo. Un uomo sicuro di sé è un essere umano morto.

Ma come possiamo essere liberi di guardare e studiare quando le nostre menti dalla nascita alla morte sono regolate da una cultura particolare nel limitato modello del nostro ‘io’? Per secoli siamo stati condizionati da nazionalità, casta, cero, tradizione, religione, lingua, educazione, letteratura, arte, costumi, consuetudini, propaganda di ogni tipo, pressioni economiche, dal cibo che mangiamo, dal clima in cui viviamo, dalla nostra famiglia, i nostri amici, le nostre esperienze ogni forma di influenza che vi viene in mente e di conseguenza le nostre reazioni ad ogni problema sono condizionate.

Siete consapevoli di essere condizionati? È questa la prima cosa da chiedersi, e non come liberarsi del condizionamento. Potreste non liberarvene mai, e se dite “devo liberarmene”, potete cadere nella trappola di una diversa forma di condizionamento. Siete dunque consapevoli di essere condizionati? Sapete che anche quando guardate un albero e dite, “quella è una quercia”, oppure “quello è un fico del Bengala”, il nome dell’albero, che è una nozione botanica, ha talmente condizionato la vostra mente che la parola si frappone tra voi e la reale visione dell’albero? Per venire in contatto con l’albero dovete posarci sopra la vostra mano e la parola non vi aiuterà a toccarlo.

Come sapete di essere condizionati? Cosa ve lo dice? Che cosa vi dice che avete fame? non in senso teorico ma il fatto reale della fame? E allo stesso modo, come scoprite il fatto reale del vostro condizionamento? Non è forse per la vostra reazione a un problema, a una sfida?

Reagire a ogni sfida secondo il vostro condizionamento, ed essendo il vostro condizionamento inadeguato reagite sempre inadeguatamente.

Quando ne diventate consapevoli, questo condizionamento dovuto alla razza, alla religione e alla cultura non genera una sensazione di prigionia? Consideriamo solo una forma di condizionamento, la nazionalità. Diventatene consapevoli completamente, sul serio, e vedete se è una cosa che vi fa piacere o alla quale preferite ribellarvi, e se preferite ribellarvi, vedete se volete rompere col vostro condizionamento. Se siete soddisfatti del vostro condizionamento naturalmente non farete niente contro di esso, ma se non ne siete soddisfatti quando ne diventate consapevoli, comprenderete che non agite mai al di fuori di esso. Mai! E quindi vivete sempre nel passato con ciò che è morto.

Potete vedere quanto siete condizionati solamente quando compare un conflitto nella continuità del piacere o nell’assenza del dolore. Se intorno a voi ogni cosa è perfettamente felice, vostra moglie vi ama, voi l’amate, avete una casa bella, bei bambini e molti soldi, allora non siete affatto consapevole del vostro condizionamento. Ma quando sorge lo scompiglio quando vostra moglie si interessa a qualcun altro o perdete i vostri soldi o siete minacciati dalla guerra o dall’ansia allora scoprite di essere condizionati. Quando lottate contro ogni scompiglio o vi difendete da minacce interiori o esteriori, allora sapete di essere condizionati. E poiché molti di noi sono turbati per la maggior parte del tempo, sia da fatti superficiali che da quelli più profondi, proprio questo turbamento indica che siamo condizionati. Finché l’animale viene coccolato reagisce con dolcezza, ma quando lo si maltratta tutta la violenza della sua natura viene alla luce.

Siamo turbati dalla vita, dalla politica, dalla situazione economica, dall’orrore, brutalità e sofferenza che regnano nel mondo come in noi stessi, e da ciò comprendiamo quanto fortemente siamo condizionati. E che dovremmo fare? Accettare questo turbamento e vivere con esso come molti di noi fanno? Abituarci ad esso come ci si abitua a vivere col mal di schiena? Sopportarlo?

In tutti noi c’è la tendenza a sopportare le cose, ad abituarci ad esse, a darne la colpa alle circostanze. “Ah, se le cose andassero bene sarebbe diverso”, diciamo; oppure, “Datemi l’opportunità ed io realizzerò i miei sogni”; oppure, “Sono distrutto da tutta questa ingiustizia”, dando sempre la colpa dei nostri problemi ad altri o all’ambiente o alla situazione economica.

Se ci si abitua a questo turbamento vuol dire che la propria mente è diventata ottusa, proprio come succede quando ci si abitua talmente alla bellezza che ci circonda da non esserne più colpiti. Si diventa indifferenti, duri e incalliti, e la propria mente diventa sempre più ottusa.

Se non riusciamo ad abituarci ad esso tentiamo di fuggirlo prendendo la droga, aderendo a un movimento politico, vociando, scrivendo, andando a vedere una partita di pallone o andando in un tempio o in una chiesa o trovando altre forme di divertimento.

Per quale motivo fuggiamo dai fatti reali? Abbiamo paura della morte, consideriamolo un semplice esempio, inventiamo ogni possibile teoria, speranza, fede, per mascherare il fatto della morte, ma la morte è sempre li. Per comprendere un fatto dobbiamo fronteggiarlo, non fuggirlo. Molti di noi temono la vita quanto la morte. Temiamo per la nostra famiglia, abbiamo paura della pubblica opinione, di perdere il lavoro, la sicurezza, e centinaia di altre cose. Il semplice fatto è che siamo spaventati, e non che siamo spaventati da questo o quello. Perché dunque non possiamo fronteggiarlo?

Potete fronteggiare qualcosa solo nel presente, e se non gli permettete di essere presente perché voi lo state sempre fuggendo, non potrete mai fronteggiarlo, e poiché abbiamo ideato un intero sistema di fuga restiamo intrappolati nell’abitudine di fuggire.

Ora, se siete veramente sensibili, veramente seri, sarete consapevoli non solamente del vostro condizionamento ma anche dei pericoli in cui esso si risolve, e delle brutalità e odio che esso genera. Perché dunque se vedete il pericolo che deriva dal condizionamento, non agite? È forse perché siete pigri, come se la pigrizia fosse mancanza di energia? Tuttavia non vi mancherebbe l’energia se vedeste un immediato pericolo fisico, come un serpente sul sentiero, o un precipizio, o un incendio. Perché dunque non agite quando vedete il pericolo che deriva dal condizionamento? Nel caso che vi rendeste conto che il nazionalismo è un pericolo per la vostra sicurezza, non agireste?

La risposta è che non vedete. Vi potreste accorgere che il nazionalismo conduce all’autodistruzione attraverso un processo di analisi intellettuale, ma non vi sarebbe alcun contenuto emotivo. Diventate vitali solamente quando c’e un contenuto emotivo.

Se vedrete il pericolo del vostro condizionamento solo come un concetto intellettuale non farete mai niente. Nella visione del pericolo come semplice idea sorge un conflitto tra l’idea e l’azione e quel conflitto vi priva della vostra energia. È solo quando vedete immediatamente il condizionamento e il pericolo che ne deriva, come se vedeste un precipizio, che agite. Così vedere è agire.

Molti di noi camminano nella vita disattenti, reagendo senza pensare, in conformità con l’ambiente in cui sono cresciuti, e simili reazioni generano solamente ulteriore schiavitù, ulteriore condizionamento, ma nel momento in cui presterete totale attenzione al vostro condizionamento vedrete che siete completamente liberi dal passato, che esso se ne scorre via naturalmente.

Tratto da: “Libertà dal conosciuto”

Cosa È Dio ?

Come pensate di scoprirlo? Accetterete l’infor­mazione che vi darà qualcun altro? O intendete cercare di scoprire da voi che cosa è Dio? È facile fare domande ma conoscere la verità per esperienza richiede molta intelligenza, intensa indagine e ricerca. Perciò il primo problema è: intendete accettare quel che un altro dice intorno a Dio?

Non importa chi sia questa persona, Krishna, Buddha o Cristo, perché essi possono avere sbagliato tutti, e così potrebbe sbagliarsi il vostro guru particolare. In realtà per scoprire che cosa è vero la vostra mente dev’essere libera di indagare e questo significa che non può semplicemente accettare o credere. Vi posso anche dare una descrizione della verità, ma non sarà lo stesso per voi che averne diretta esperienza.

Tutti i testi sacri descrivono che cosa è Dio ma quella descrizione non è Dio. La parola ‘Dio’ non è Dio stesso, no? Per scoprire che cosa è vero non dovete mai accettare quel che pensano gli altri, non dovete essere mai influenzati da quel che possono dire i libri, gli insegnanti o chicchessia. Se ne siete influenzati troverete solo quel ch’essi vogliono che troviate. E dovete sapere che la mente sa crearsi l’immagine di quel che vuole; può immaginare Dio con la barba oppure con un occhio solo; lo può rendere turchino o purpureo ..Dovete dunque stare attenti ai vostri stessi desideri e a non lasciarvi ingannare dalla proiezione dei vostri bisogni e delle vostre aspirazioni. Se desiderate intensamente vedere Dio in una determinata forma, l’immagine che vedrete sarà consona ai vostri desideri; e quell’immagine non sarà Dio.

Se siete oppressi dal dolore e volete essere consolati o se siete romantici e sentimentali nelle vostre aspirazioni finirete per crearvi un Dio che vi darà quel che volete, ma neanche quello sarà Dio. .

Dunque la vostra mente dev’essere del tutto libera; soltanto allora potrete scoprire quel che è vero, non accettando qualche superstizione o leggendo i cosiddetti sacri testi e nemmeno diventando seguaci di qualche guru.

Soltanto quando avrete questa libertà, questa genuina libertà dagli influssi esterni come dai vostri stessi desideri e dalla vostra aspirazione, in modo che la vostra mente sia molto limpida, soltanto allora vi sarà possibile scoprire che cosa è Dio. Ma se vi limitate a sedervi e speculare allora il vostro tentativo di indovinare varrà quanto quello del vostro guru e sarà altrettanto illusorio.

DOMANDA: Vi sono vari concetti di Dio nel mondo di oggi. Qual è il suo pensiero riguardo a Dio?

J. Krishnamurti: Prima di tutto dobbiamo scoprire cos’è che noi intendiamo per concetto. Che cosa intendiamo per processo del pensiero? Perché, dopo tutto, quando formuliamo un concetto, diciamo di Dio, la nostra formula o concetto deve essere il risultato dei nostri condizionamenti, non è così? Se crediamo in Dio, indubbiamente il nostro credo è il risultato dell’ambiente che ci circonda. Vi sono coloro che vengono educati a negare Dio sin dall’infanzia e coloro che vengono educati a credere in Dio, come è per la maggior parte di voi. Dunque noi formuliamo un concetto di Dio a seconda della nostra educazione, delle nostre esperienze passate, delle nostre avversioni, di quello che ci piace o non ci piace, delle nostre speranze e paure. Ovviamente dunque, fino a quando non comprendiamo il meccanismo del nostro stesso pensiero, i meri concetti di Dio non hanno nessun valore, non è così? Perché il pensiero può proiettare quello che vuole. Può creare e negare Dio. Ognuno di noi può inventare o distruggere Dio in base alle proprie inclinazioni, ai propri piaceri e dolori. Quindi, fintanto che il pensiero rimane attivo, inventando, formulando, non potremo mai scoprire ciò che è al di là del tempo. Dio, o il reale, può essere scoperto solo quando il pensiero giunge alla fine.

Adesso, quando lei mi chiede: “Qual è il suo pensiero riguardo a Dio?”, lei ha già formulato un suo proprio pensiero, non è vero? Il pensiero può creare Dio e fare esperienza di ciò che esso stesso ha creato. Ma certamente questa non è vera esperienza. Il pensiero sta sperimentando soltanto la propria proiezione, dunque non è reale. Ma se lei e io possiamo vedere la verità di tutto ciò, allora forse avremo esperienza di un qualcosa molto più grande che non una mera proiezione del pensiero.

Al giorno d’oggi, mentre all’esterno vi è una sempre maggiore insicurezza, cresce ovviamente un intenso desiderio di sicurezza interiore. Dal momento che fuori non possiamo trovare sicurezza, la cerchiamo in un’idea, nel pensiero, e così creiamo ciò che chiamiamo Dio, e quel concetto diventa la nostra sicurezza. Adesso, una mente che cerca la sicurezza certamente non può trovare ciò che è reale, vero. Per capire quello che è al di là del tempo il pensiero deve porre fine alle proprie invenzioni. Il pensiero non può esistere senza le parole, i simboli, le immagini. Soltanto quando la mente è quieta, affrancata dalle sue stesse creazioni, vi è una possibilità di scoprire ciò che è reale. Quindi il semplice chiedere se vi sia o no Dio è una risposta immatura al problema, non è così?

Formulare opinioni su Dio è davvero infantile.

Per avere esperienza, per capire ciò che è al di là del tempo, dobbiamo ovviamente capire il processo del tempo. La mente è il risultato del tempo, è basata sui ricordi di ieri. Ed è possibile liberarsi da quella moltiplicazione di ieri che costituisce il processo del tempo?

Questo è certamente un problema molto serio; non è questione di credere o non credere. Il credere o non credere sono processi dell’ignoranza, mentre la comprensione della qualità vincolante del tempo nel pensiero porta a quella libertà soltanto nella quale la scoperta è possibile. Ma la maggior parte di noi vuole credere solo perché è più comodo; ci dà un senso di sicurezza, un senso di appartenenza a un gruppo. Indubbiamente questa convinzione ci separa; voi credete in una cosa e io in un’altra. Così le credenze agiscono da barriera; è un processo di disintegrazione.

Quello che è quindi importante non è credere o non credere, ma comprendere il processo della mente. E la mente, è il pensiero che crea il tempo. Il pensiero è tempo, e qualsiasi cosa progettata dal pensiero deve appartenere al tempo; per tale ragione il pensiero non ha alcuna possibilità di andare oltre se stesso. Per scoprire quello che è al di là del tempo il pensiero deve giungere alla fine, e questa è una cosa estremamente difficile perché la fine del pensiero non giunge attraverso una disciplina, né attraverso il controllo, o il diniego, o la repressione. Il pensiero finisce solo quando comprendiamo l’intero processo del pensare, e per comprenderlo è necessaria la conoscenza di sé. Il pensiero è il sé, è la parola che identifica se stesso come il ‘me`, e qualunque sia il livello, basso o alto, in cui è posto il sé, si troverà sempre nell’ambito del pensiero.

Per trovare Dio, ciò che è oltre il tempo, dobbiamo comprendere il meccanismo del pensiero – vale a dire, il processo di se stessi. Il sé e molto complesso; non si trova a un livello qualunque, ma è costituito da molti pensieri, molte entità, ognuna in contraddizione con le altre. E necessaria una costante consapevolezza di tutto, una consapevolezza senza scelta, né condanna o paragoni; ciò significa che vi deve essere la capacità di vedere le cose così come sono, senza distorcerle o interpretarle. Nel momento in cui giudichiamo o traduciamo ciò che abbiamo visto, lo distorciamo in base alla nostre esperienze precedenti. Per scoprire la realtà o Dio non dobbiamo avere credenze, perché l’accettazione o il diniego sono barriere che poniamo alla scoperta. Noi tutti vogliamo essere sicuri sia esteriormente sia interiormente, ma la mente deve capire che la ricerca della sicurezza è un’illusione. E soltanto la mente insicura, la mente completamente libera da ogni forma di possesso, quella che può scoprire – e questo è un arduo compito. Non significa che bisogna ritirarsi nei boschi o in un monastero, o isolarsi in qualche credo particolare; al contrario, nell’isolamento non può esistere nulla. Esistere è porsi in relazione; è soltanto nelle relazioni che possiamo spontaneamente scoprire noi stessi così come siamo. È proprio questa scoperta di noi stessi come veramente siamo, senza alcun senso di condanna o giustificazione, che porta a una fondamentale trasformazione in ciò che siamo. Questo è l’inizio della saggezza.

DOMANDA: La funzione della mente è pensare.Ho passato molti anni pensando a quelle cose che noi tutti sappiamo — affari, scienza, filosofia, psicologia, arte, e via dicendo — e adesso penso molto a Dio. Studiando le testimonianze di un grande numero di mistici e di altri scrittori religiosi, mi sono convinto dell’esistenza di Dio, e posso dare al riguardo il contributo del mio pensiero. Cosa c’è di sbagliato in questo? Il pensare a Dio non aiuta a portare alla Sua realizzazione?

J. Krishnamurti: Può pensare a Dio? Può essere convinto dell’esistenza di Dio perché ha letto tutte le testimonianze? Anche l’ateo ha le sue testimonianze; probabilmente l’ateo ha studiato tanto quanto lei, e dice che Dio non esiste. Lei crede che vi sia Dio, e lui crede il contrario; entrambi avete le vostre convinzioni, entrambi avete passato del tempo pensando a Dio. Ma prima di pensare a qualcosa che non conoscete, dovete scoprire cosa sia il pensare, non è vero? Come potete pensare a qualcosa che non conoscete? Potete aver letto la Bibbia, la Bhagavad-gita, o altri libri in cui vari studiosi eruditi hanno abilmente descritto cosa è Dio, asserendo una cosa e smentendone un’altra; ma fintantoché non conoscete i meccanismi del vostro stesso pensiero, qualsiasi cosa pensiate di Dio potrebbe essere stupida e meschina, e generalmente lo è. Potete accumulare una grande quantità di prove sull’esistenza di Dio, e scrivere articoli davvero intelligenti sul tema, ma sicuramente la prima domanda sarà: come sapete che ciò che pensate è vero? Può il pensare portare all’esperienza di ciò che è inconoscibile? Il che non significa che voi dobbiate accettare emotivamente o sentimentalmente delle sciocchezze su Dio. Quindi non sarebbe importante scoprire se la vostra mente è condizionata, piuttosto che cercare ciò che è non condizionato? Certamente se la vostra mente è condizionata, e lo è, per quanto possa indagare la realtà di Dio, potrà solo mettere insieme conoscenze o informazioni a seconda del proprio condizionamento. Perciò il vostro pensare a Dio è una completa perdita di tempo, un congetturare senza valore. È come il mio stare seduto in questo boschetto desiderando di essere sulla cima di quella montagna alle mie spalle. Se voglio davvero scoprire cosa c’è sulla cima della montagna e oltre, devo scalarla. Starmene seduto qui a fare ipotesi, costruire templi, chiese, ed emozionarmi a proposito di tutto ciò, non serve a niente.

Quello che devo fare è alzarmi, camminare, lottare, sforzarmi, arrivare li e scoprire; ma poiché la maggior parte di noi non vuole farlo, ci accontentiamo di starcene qui seduti facendo congetture su qualcosa che non conosciamo. E io dico che questo congetturare è un ostacolo, un deterioramento della mente, non ha assolutamente alcun valore; conduce soltanto l’uomo a una maggiore confusione, a una maggiore sofferenza.

Dio è qualcosa di cui non si può parlare, che non può essere tradotto in parole, perché deve rimanere per sempre il non conosciuto. Nel momento in cui il processo di riconoscimento ha inizio, siete ritornati nell’ambito della memoria. Avete capito? Diciamo, per esempio, che voi avete un’esperienza momentanea di qualcosa di straordinario. In quel preciso istante non vi è nessuno che pensa: “Devo ricordarmi di questo”, vi è soltanto lo stato in cui si sperimenta. Ma non appena quel momento passa, il processo di riconoscimento si manifesta. Vi prego di seguirmi. La mente dice: “Ho avuto un’esperienza meravigliosa e vorrei che si ripetesse”, e così comincia la lotta per avere di più. L’istinto di acquisizione, il perseguimento del possesso, dell’ottenere di più, si manifesta per vari motivi: perché vi procura piacere, prestigio, sapere, perché vi fa diventare un’autorità, e tutte le altre sciocchezze del genere.

La mente persegue ciò di cui ha avuto esperienza, ma ciò di cui ha avuto esperienza è già passato, morto, andato. Per scoprire ciò che è, la mente deve morire a ciò di cui ha avuto esperienza. Non si tratta di qualcosa che può essere nutrito giorno per giorno, messo insieme, accumulato, trattenuto, per poi parlarne e scriverci sopra.

Tutto quello che possiamo fare è vedere che la mente è condizionata, e comprendere il meccanismo del nostro stesso pensare attraverso la consapevolezza di sé. Devo conoscere me stesso non come mi piacerebbe essere idealmente, ma come sono realmente, per quanto brutto o bello, per quanto geloso, invidioso, avido. Ma è molto difficile vedere quello che siamo senza provare il desiderio di cambiario, e lo stesso desiderio di cambiamento è un’altra forma di condizionamento; ed è così che procediamo, andando da un condizionamento a un altro, senza mai fare esperienza di qualcosa che sia al di là di ciò che è limitato.

Tratto da: “Di fronte alla vita

Come Acquisire L’abitudine A Non Avere Paura ?

Notate le parole che avete usato. ‘Abitudine’ comporta un moto che si ripeta più e più volte. Se fate una cosa ripetutamente potrà questo generare altro se non monotonia? Il non aver paura è un’abitudine? In verità non avrete paura quando saprete affrontare i casi della vita e sviscerarli, quando saprete vederli ed esaminarli, non però con una mente offuscata e prigioniera dell’abitudine

Se fate le cose abitudinariamente, se vivete nelle abitudini, allora non siete altro che una macchina che imita.

Abitudine vuol dire ripetizione, fare le cose più e più volte senza pensarci: un processo col quale finite per costruire un muro intorno a voi. Se con una qualche abitudine avrete costruito un muro intorno a voi, non sarete liberi dalla paura, ed e proprio il vivere circoscritti da quel muro che vi farà essere spaventati. Se si ha l’intelligenza necessaria per guardare a tutto ciò che accade nella vita — il che vuol dire esaminare ogni problema, ogni pensiero, sentimento, o reazione — solo allora c’è libertà dalla paura.

Tratto da: “Di fronte alla vita”

La Verità È Una Terra Senza Sentieri

L’uomo non la può raggiungere attraverso alcuna organizzazione, alcun credo, alcun dogma, prete o rito; né tramite alcuna conoscenza filosofica o tecnica psicologica. Deve trovarla tramite lo specchio della relazione, tramite la comprensione dei contenuti della propria mente, attraverso l’osservazione e non con l’analisi intellettuale o una dissezione introspettiva.

L’uomo ha costruito dentro di sé delle immagini come barriera di sicurezza – immagini religiose, politiche e personali, che si manifestano come simboli, idee, credenze. Il fardello di queste immagini domina il pensiero dell’uomo, le sue relazioni e la sua vita quotidiana. Queste immagini sono la causa dei nostri problemi, in quanto dividono l’uomo dall’uomo. La sua percezione della vita è modellata dai concetti già stabiliti nella sua mente. Il contenuto della sua coscienza costituisce la sua intera esistenza. L’individualità è il nome, la forma, la cultura superficiale che egli acquisisce dalla tradizione e dall’ambiente. L’unicità dell’uomo non risiede nel superficiale ma in una completa libertà dal contenuto della sua coscienza, che è comune all’umanità intera. L’uomo non è quindi un individuo.

La libertà non è una reazione, non consiste nel poter scegliere. Siccome può scegliere, l’uomo crede di essere libero. La libertà è pura osservazione senza alcuna direzione, senza la paura legata a premi e punizioni. La libertà non ha motivazione; la libertà non è alla fine dell’evoluzione dell’uomo, ma sta nel primo passo della sua esistenza. Osservando, si comincia a scoprire la mancanza di libertà. La libertà va trovata nella consapevolezza senza scelta della nostra vita e delle nostre attività quotidiane.

Il pensiero è tempo; il pensiero nasce dall’esperienza e dalla conoscenza, che sono inseparabili dal tempo e dal passato. Il tempo è il nemico psicologico dell’uomo. Le nostre azioni si basano sulla conoscenza e quindi sul tempo, perciò l’uomo è sempre schiavo del passato. Il pensiero sarà sempre limitato e per questo viviamo in conflitto e lotta costanti. Non esiste l’evoluzione psicologica.

Quando l’uomo diventa consapevole del movimento dei propri pensieri, vede la divisione fra pensatore e pensiero, fra osservatore e osservato, fra colui che sperimenta e l’esperienza. Scopre che questa divisione è un’illusione. Solo allora c’è pura osservazione, che è insight senza alcuna ombra del passato o del tempo. Questo insight senza tempo produce una profonda e radicale mutazione nella mente. La negazione totale è l’essenza del positivo. Quando c’è la negazione di tutto quello che il pensiero ha generato psicologicamente, solo allora c’è amore, che è compassione e intelligenza.

Il Silenzio Ha Molte Qualità

C’è il silenzio fra due rumori, il silenzio fra due note e il silenzio che si allarga nell’intervallo fra due pensieri.

C’è il singolare, quieto, pervadente silenzio che si diffonde in campagna alla sera ; c’è il silenzio nel quale si ode il latrato di un cane in lontananza o il fischio di un treno che arranca per una ripida salita; il silenzio che regna in una casa quando tutti sono andati a letto, e il suo particolare risalto quando ti svegli nel cuore della notte e ascolti un gufo gridare nella valle; e c’è il silenzio che precede le risposte della compagna del gufo. C’è il silenzio di una vecchia casa abbandonata, e il silenzio di una montagna; il silenzio fra due esseri umani quando hanno visto la stessa cosa, sentito la stessa cosa, e agito.

Quella notte, specialmente in quella valle remota con le antichissime colline e i loro macigni di forma singolare, il silenzio era reale come la parete che toccavi. E tu guardavi dalla finestra le stelle luccicanti. Non era un silenzio auto-prodottosi; non era perché la terra fosse quieta e gli abitanti del villaggio fossero addormentati, ma veniva da ogni dove, dalle stelle remote, da quelle colline scure e dalla tua mente, dal tuo cuore.

Questo silenzio sembrava coprire tutto, dal più piccolo granello di sabbia del greto del fiume – che conosceva acqua corrente solo quando pioveva – all’alto, frondoso fico di Banian e una leggera brezza che cominciava a spirare.

C’è il silenzio della mente che non è mai toccata da alcun rumore, da alcun pensiero o da l’effimero vento dell’esperienza. Questo è il silenzio innocente, e pertanto infinito. Quando c’è questo silenzio della mente, da esso scaturisce l’azione e questa azione non è causa di confusione o infelicità.

La meditazione di una mente che sia totalmente in silenzio è la benedizione che l’uomo sempre cerca. In questo silenzio ogni qualità del silenzio è.

C’è quello strano silenzio che regna in un tempio o in una chiesa vuota sperduta nella campagna, senza il rumore di turisti e fedeli; e il pesante silenzio che regna nell’acqua è parte di quello che è fuori del silenzio della mente.

La mente meditativa contiene tutte queste varietà, tutti questi cambiamenti e movimenti del silenzio. Questo silenzio della mente è la vera mente religiosa, e il silenzio degli dei è il silenzio della terra.

La mente meditativa scorre in questo silenzio, e l”amore è la via di questa mente. In questo silenzio c’è la beatitudine e il riso.

Tratto da:‘La sola rivoluzione’

Se ve ne state seduti in silenzio senza avere alcun motivo per farlo, oppure se ve ne andate a camminare tranquillamente, da soli o in compagnia, guardando gli alberi, gli uccelli, il fiume, le foglie illuminate dal sole, vi troverete ad osservare anche voi stessi. Non starete lottando, non farete sforzi tremendi per ottenere qualcosa. Quelli che si sono abituati a praticare qualche sistema di meditazione, trovano poi molto difficile metterlo da parte, perché la loro mente ne é stata troppo condizionata; sono andati avanti per tanti anni con le loro pratiche e ormai ci sono attaccati.

[…] La mente non è mai in silenzio, insegue sempre un pensiero dietro l’altro, una sensazione dietro l’altra. Per cercare di porre fine a questo chiacchierare ininterrotto, imparate a concentrarvi; vorreste imporre il silenzio alla mente; ma così il conflitto ricomincia. È questo che fate: chiacchiere su chiacchiere, un continuo parlare a proposito di niente. Ma se volete osservare qualcosa, un albero, un fiore o il profilo delle montagne, dovete guardare standovene in silenzio.

A voi però non interessano le montagne, la bellezza delle colline e delle valli, o lo scorrere dell’acqua; voi volete arrivare da qualche parte, volete ottenere qualcosa di spirituale.

Non è possibile starsene quieti in modo naturale. Guardare una persona, ascoltare una canzone, o stare a sentire con calma quello che qualcuno sta dicendo, senza opporre la minima resistenza, senza mettersi a dire: «Devo cambiare, devo fare questo, devo fare quello». Starsene semplicemente quieti, capite? Evidentemente questa è la cosa più difficile. E così vi mettete a seguire dei sistemi per arrivare alla quiete. Ma non vedete l’inganno che si nasconde in questo modo di fare? Praticate un metodo, usate un sistema qualsiasi, stabilite una routine quotidiana che regolarmente si ripete, perché pensate di riuscire alla fine a calmare la mente. Ma la mente non sarà mai quieta; perché si è ridotta a uno strumento meccanico; imprigionata in uno schema che continua a ripetersi, è diventata insensibile, si è intorpidita. Ma voi non vi accorgete di tutto questo. Volete qualcosa, un’iniziazione! Oh, è così puerile!

Se voi ascoltate con calma, senza preoccuparvi di dire a chi vi parla che ha ragione o torto, senza dire a voi stessi: «Ormai mi sono impegnato, ho promesso di non smettere; io sono questo o quell’altro»; se ascoltate quello che viene detto senza opporre resistenza, allora comincerete a scoprire voi stessi. E la vostra mente, in questo movimento di scoperta, diverrà quieta.

Così noi, che siamo persone come tutte le altre, con tutti i nostri tormenti e le nostre difficoltà, possiamo metterci quieti ad ascoltare il rumore dei nostri pensieri? Possiamo starcene a sedere o in piedi, o andare a fare una tranquilla passeggiata, senza bisogno che qualcuno ci suggerisca di farlo, senza aspettarci una ricompensa, senza desiderare di avere chissà quali straordinarie esperienze ultra-sensoriali? Solo quando si comincia dal livello più semplice e razionale si può andare molto lontano” (Da Domande e risposte, pp. 91-92).IMPARARE SU NOI STESSI

One thought on “IMPARARE SU NOI STESSI

  1. All’inizio di questo mese ho pubblicato il testo “Il Pensiero Ha Potenzialità Infinita” dove viene descritto il processo creativo del pensiero diretto dalla volontà ed ora pubblico questo testo di Krishnamurti dove il pensiero, la memoria, il tempo e l’esperienza vengono indicati come i principali ostacoli sulla strada dell’auto-realizzazione. In generale, in tutto il blog, articoli che riguardano la salvaguardia dell’ambiente, la salute, i rapporti interpersonali, l’archeologia (tutti argomenti che riguardano l’esistenza materialistica) si alternano ad altri di carattere prettamente spirituale (inteso come ricerca interiore dell’origine e della natura della propria esistenza).
    Può sembrare un evidente contraddizione ma bisogna tenere conto del differente grado di consapevolezza di chi leggerà questi testi. Quindi per chi è pronto e lo desidera, il pensiero di krishnamurti è a disposizione, insieme a questo però sono presenti altre testimonianze. Ognuno può scegliere ciò che è più in armonia con la sua sensibilità.

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