GLI STAROVERCI DEL CARSO

GLI STAROVERCI DEL CARSO

IL CULTO PERDUTO DEI NOSTRI ANTENATI

GLI STAROVERCI DEL CARSOGli Staroverci Del Carso Seguivano Ancora L’antico Culto Legato Alla Natura, Ai Suoi Ritmi E Misteri. Le Loro Tracce Oggi.

Nella quieta sera di San Valentino la Stella Del Vespro illuminava, solitaria, il cielo. Una sera che nella nostra attuale cultura dedichiamo alle persone amate, ma chiaramente non fu sempre così. Nell’Europa dell’Est, in passato ma ancora oggi, le coppie usavano festeggiare San Giorgio, che non è nient’altro che la cristianizzazione della festa della levata della divinità virile che con il proprio passaggio ridà fertilità alla sterile Terra. Proprio di questa antica religione si è parlato la sera di San Valentino a Salež nel circolo culturale Rdeča zvezda, in occasione delle celebrazioni della Giornata slovena della Cultura.

Dopo l’introduzione della serata da parte del Oktet Trst, ha preso la parola il relatore della serata, Boris Čok di Lokev (un tempo nota anche come Corgnale, sita sull’antica strada commerciale che collegava la Carniola al Litorale). Già in giovanissima età, durante le vacanze, egli era solito aiutare gli anziani nonni e bisnonni nelle attività agricole. Durante questi periodi, la sera, amava soffermarsi ad ascoltare le storie narrate dai vecchi attorno al focolare. Proprio la sua curiosità e rispetto per le vecchie storie gli hanno permesso di entrare nelle grazie degli anziani, che gli confidarono ciò che non avevano mai raccontato a nessun altro. Questi erano i segreti degli Staroverci, di coloro che seguivano ancora l’antico culto precedente alla cristianizzazione, un culto legato alla natura, ai suoi ritmi e misteri.

Un mese prima della propria dipartita, l’anziana bisnonna di Boris Čok lo chiamò nella propria casa, perché, disse, doveva raccontagli alcune cose che poteva raccontare solo a lui, perché era “dei loro”. Il ragazzino, che all’epoca aveva sedici anni, seguì l’anziana donna nella sua stanza, si sedette sul letto, lei gli si mise accanto ed iniziò a narrare di Triglavca.

Triglavca è una caverna che si apre in una dolina presso Prelože, vicino a Lokev. In essa, a fianco a tre teste” di roccia – tre stalattiti spezzati – si trova una formazione particolare, una grossa roccia dalle forme antropomorfe con una vasca nella parte inferiore, sopra alla quale vi è un’altra roccia dalle forme antropomorfe, dalla quale l’acqua gocciola perenne nella vasca inferiore. Questi sono Deva e, sopra di lei, Devač.

GLI STAROVERCI DEL CARSODivača, Slovenia. Santuario nella grotta Triglavca, sopra Devač e sotto Deva (foto: Andrej Pleterski).

Essi sono la coppia in perenne unione, essi sono la forza vitale della Natura. Qui si svolgevano i riti autunnali per la fertilità dei campi in primavera. Probabilmente proprio dal nome di questa divinità, Deva, potrebbe derivare il nome dell’abitato di Divača (o Devača come dicevano un tempo), aggiunge Čok (altri studiosi evidenziano come vi siano diversi luoghi relazionabili al culto di Deva, essi sono spesso anche luoghi elevati, rocce a picco sopra all’acqua, come nell’incantevole castello di Devin in Slovacchia).

Non molto lontano dalla Triglavca si trovava un altro luogo di culto, un’altra caverna, nota con il nome di Trglovca e che era sede di un rito legato alla primavera.

GLI STAROVERCI DEL CARSOLokev– Divača, Slovenia. Le tre pietre lungo l’orlo roccioso superiore sopra la piccola grotta piana Triglouca (secondo:Čok 2012, 40)

L’assonanza dei due nomi in questo caso non è casuale, entrambi derivano da una delle divinità principali dell’antico pantheon e che è nota in molti luoghi.

Così narrò l’anziana bisnonna: “Nella nostra antica religione il dio principale era Triglav, che aveva tre teste. Con una controllava il cielo, con l’altra la terra, con la terza sotto la terra, perciò anche la nostra cima più alta porta questo nome.” Triglav non era solo una divinità con tre teste, continua Čok, bensì era un dio composto da tre divinità. Il primo, che dominava i cieli, era Kres, il dio del tuono, diversamente noto come Perun, il secondo, che sovrintendeva il mondo ipogeo era Vilež, che Čok mette in relazione con Veles, egli era vestito di pelli di serpente e governava le caverne attorniato dalle sue Vile. La terza divinità era invece femminile (!), ella era la Terra e, narra sempre Čok, era nota come Živa. Proprio quest’ultima è forse la divinità più affascinante, in quanto ella era la Natura viva, la divinità della terra fertile in primavera ed estate, ma sul volgere della bella stagione mutava, perdeva la propria fertilità e si trasformava, non era più Živa bensì Mora, la natura morta della fredda stagione, che si travestiva in uomo per non farsi catturare, ella diveniva così Pust, la desolazione. Così attraversava il mondo portando il gelido sonno, finché, alla fine dell’inverno, gli uomini non la catturavano e le davano fuoco per far ritornare la primavera.

Oltre a Triglav, un’altra divinità era oggetto di particolare culto a Lokev. Il rito ad essa associato avveniva nella dolina nota come “Pri belem križu” (alla croce bianca). La croce in oggetto però aveva ben poco di cristiano; si trattava di un tracciato magico antico, una croce iscritta in un cerchio formata da rocce sul fondo della dolina. Nel cerchio entravano quattro ragazze che portavano delle trecce di edera e, girando in cerchio, cantavano una canzone inneggiante al dio Dajbog, affinché portasse sole e pioggia, affinché le colture potessero prosperare.

GLI STAROVERCI DEL CARSOBeli križ,Prelože presso Lokev,Slovenia. Ricostruzione secondo le descrizioni locali degli abitanti del luogo (in base a: Čok 2012, 32)

Ciò che colpisce forse ancora maggiormente di queste incredibili rivelazioni degli anziani a Boris Čok è che, da una analisi più approfondita, emerge come questi riti e culti sembrano essere veramente in continuità con la religione degli antichi slavi. Essa è stata per moltissimo tempo un mistero, conosciuta solo dalle poche memorie di cronisti cristiani medievali e da brandelli di rituali già in buona parte cristianizzati. Negli ultimi anni, confrontando gli straordinari lavori di Čok per il Carso e di Medvešček per la valle dell’Isonzo con le altre testimonianze, sta lentamente emergendo l’immagine nel suo insieme, tanto che recentemente uno studioso è riuscito compiutamente ad interpretare il celebre idolo di Zbruč (tra le odierne Polonia e Ucraina), anche in relazione alle testimonianze carsiche (tra le altre figure riportate nella stele, vi è un Triglav rappresentato esattamente come descritto dall’anziana bisnonna di Čok).

GLI STAROVERCI DEL CARSOIdolo di Zbrucz. Figure della fascia centrale B con le braccia formano un cerchio

Un’ulteriore curiosità? La stele di Zbruč è stata per molto tempo interpretata come una rappresentazione del dio Svetovid (spesso citato nelle cronache medievali polacche). Ebbene, questa divinità era oggetto di culto anche sul Carso!

GLI STAROVERCI DEL CARSOIdolo di Zbrucz, colonna in rilievo, letto del fiume Zbruč (Zbrucz), Ucraina. Conservato al Muzeum Archeologiczne,Cracovia, Polonia (disegno: Andrzej Waldemar Moszczyński)

A conclusione della conferenza è stato proiettato un documentario realizzato nel 2011 dalla RTV Slovenia proprio sui riti di Lokev e Prelože, nel quale si parlava anche della fonte sacra di Vroček, degli antichi incantesimi, delle maghe e della triste fine di una di loro, poi aspramente vendicata dalla črna vahta, i guardiani della comunità di Staroverci di Lokev. Qui il link per vederlo: Film.

Di storie da narrare sui Staroverci del Carso ve ne sono ancora molte, tanto che la conferenza di martedì e stata solo il primo incontro e l’associazione Rdeča zvezda ha già deciso di continuare la conferenza in altra data.

Di ritorno a casa, percorredo in macchina strette strade chiuse tra calcarei muriccioli sotto la chiara luna calante il pensiero è rimasto sospeso nel tempo in cui quei ombrosi boschi assistevano alle lente processioni di persone che, reliquie viventi di un tempo creduto per sempre perduto, peregrinavano verso i celati luoghi sacri per perpetuare riti antichi di millenni. Un tempo legato ad un rispetto reverenziale verso il mondo che ci sorregge, un rispetto che forse sarebbe tempo di riscoprire.

Per approfondire, da questo link (Hrobat Virloget, Katja, Kavrečič, Petra, eds. (2015). Il paesaggio immateriale del Carso.pdf) si può scaricare Nesnovna krajina krasa (in lingua italiana e slovena)

Scritto da Davide Stolli

Fonte: Bora.La

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *