Piramidi nel Mondo

PIRAMIDI E COSTRUZIONI MEGALITICHE NEL MONDO

Alcuni esempi di Piramidi e costruzioni megalitiche scoperte in tutto il mondo.

Piramidi In Bosnia

Semir Osmanagic è un archeologo bosniaco che da anni sta cercando di scoprire alcuni dei principali misteri legati alle origini delle piramidi quanto alla loro reale funzione. Un obiettivo questo molto ambizioso in quanto sino ad ora nessuno è riuscito a risolvere la questione in modo da dissipare qualsiasi ragionevole dubbio in materia. Per tale motivo, il filone della letteratura “eretica” dedicato alle piramidi o ai siti megalitici di tutto il mondo non sembra conoscere crisi.

Dal romanzo più fantasioso alla teoria alternativa ritenuta più valida e concreta, le argomentazioni degli scrittori e dei ricercatori “eretici” riescono infatti sempre a “tenere banco” tra i lettori.

Il motivo di tale interesse popolare può essere ricercato tanto nella puerile necessità umana di fantasticare l’esistenza di mitiche civiltà scomparse quanto nella circostanza oggettiva che vede spesso le spiegazioni ufficiali del mistero troppo riduttive e semplicistiche, lasciando sempre vivi i dubbi che poi lasciano campo libero a interpretazioni poco ortodosse.

Ma S. Osmanagic questa volta sembra sulla strada giusta per dare definitivamente ragione alle teorie eretiche e il suo nome sta infatti facendo il giro del mondo. Ritenuto a lungo un dilettante dai suoi colleghi accademici più illustri, …sta probabilmente per mettere a segno una delle più grandi scoperte archeologiche della storia. E tutti coloro che ne hanno sottostimato o denigrato il talento potrebbero essere costretti un giorno non troppo lontano a riconoscere la serietà e l’importanza del suo lavoro. Ma allora, di cosa si tratta esattamente?

S. Osmanagic dopo aver studiato a lungo numerosi siti archeologici dell’America latina si rese conto che alcune colline della cittadina di Visoko, in Bosnia, a circa 30 km da Sarajevo, potevano celare le vestigia di una civiltà perduta. La particolare geometria del terreno e alcune misteriose tracce di antichissimi insediamenti umani presenti nel luogo (in particolare alcuni tunnel artificiali) lasciavano intuire all’archeologo che si trattasse di un sito molto interessante.

E quando nell’aprile del 1995 il ricercatore bosniaco iniziò a compiere degli scavi di verifica saltarono subito fuori le prime sorprese. Sotto il muschio che ricopre per intero le particolari colline di Visoko, sembrano infatti nascondersi ancora intatte le piramidi più imponenti del mondo. La più voluminosa di esse raggiungerebbe l’altezza di ben 220 m. contro “i soli” 147 m. della grande piramide di Cheope, e la sua scoperta ove venisse confermata, costituirebbe qualcosa di veramente sensazionale.

Quella che appare essere la più spettacolare e maestosa costruzione del mondo antico è stata denominata dal team di ricercatori guidato da Osmanagic “la piramide del sole”, e ad essa se ne affiancherebbero almeno altre due più piccole, la c.d. “piramide del Dragone” e “della Luna”.

Peraltro, tutti gli indizi emersi dai lavori di scavo sembrano dare piena ragione all’archeologo bosniaco, poiché le pareti della “collina” sono completamente rivestite con lastre di pietra e risultano essere perfettamente orientate verso i punti cardinali (proprio come le piramidi egizie) con una inclinazione di 45° esatti.

Su quella che dovrebbe rivelarsi la struttura esterna di una piramide è stata trovata una antica scalinata di pietra che potrebbe condurre al suo interno. Inoltre, la sommità della “piramide del sole” è caratterizzata da un piano orizzontale regolare che somiglia molto al vertice piatto che è stato costruito sulle piramidi a gradoni precolombiane. Osmanagic quindi è convinto che la rete dei misteriosi tunnel ancora quasi completamente inesplorati della zona siano collegati tra loro e trovino accesso all’interno del presunto complesso artificiale. Fino ad ora però tali cunicoli sotterranei erano stati ritenuti dagli archeologi di origine medioevale, ma seguendo la sequenza di scoperte di Osmanagic sembra proprio che siano sbagliati. E anche se per caso il ricercatore avesse preso un “abbaglio”, bisogna ammettere che le caratteristiche del sito sono davvero particolari.

Ad esempio stupisce molto anche gli scettici il fatto che unendo la sommità delle tre presunte piramidi con una linea ideale si venga a disegnare un triangolo equilatero perfetto, con angoli di 60°, un risultato che ricorda da vicino la metodologia adoperata dai misteriosi costruttori di piramidi dell’America latina e dell’antico Egitto. Tradizionalmente infatti gli ingegneri del passato più remoto realizzavano le proprie opere seguendo precisi allineamenti astronomici e geometrici.

Dagli scavi che procedono in tre direzioni, sono stati poi portati alla luce molti blocchi di calcare e lastre di pietra arenaria che non sono originari della zona, e che di conseguenza devono essere stati trasportati in loco dall’uomo. Il team di Osmanagic del resto ha dissotterrato intere aree strutturate artificialmente a gradoni e completamente rivestite da una pavimentazione così omogenea e regolare che lascia veramente poco margine alla teoria ufficiale della formazione naturale.

Le ricerche archeologiche procedono quindi spedite e si avvalgono dell’importante supporto dei numerosi esperti di ogni settore (geologia, mineralogia, sedimentologia, etc.) provenienti dalla vicina Università di Tuzla.

Il lavoro da fare è ancora molto, ma Osmanagic ritiene addirittura di avere già individuato altre quattro costruzioni minori sotto le piccole colline del circondario.

Ma ad infittire ancora il mistero esistono pesanti indizi che sembrano collegare direttamente gli antichi abitanti della zona a quelli che per primi popolarono il centro America. Sempre in Bosnia infatti, vicino alla località di Banja Luka, sono state trovate delle sfere artificiali di granito levigato di varie dimensioni, che ricordano molto da vicino quelle scoperte in Costa Rica e di cui non si conosce esattamente ne l’origine ne lo scopo per cui vennero realizzate.

E’ allora possibile che una civiltà perduta e altamente progredita si sia potuta espandere dall’Europa alle Americhe migliaia di anni prima di Colombo?

Se le piramidi della Bosnia venissero confermate come tali certamente si, e la storia dell’uomo dovrebbe essere riscritta da cima a fondo. Sulle presunte strutture artificiali infatti sono state trovate numerose conchiglie fossili e altre prove geologiche che dimostrano chiaramente come in un tempo assai remoto tutto il sito fosse completamente sommerso dall’acqua. E una tale circostanza, a giudizio degli esperti, si può essere verificata solo 12.000 anni fa, in un epoca in cui – stando ai fondamenti della storia e dell’archeologia ufficiali – non esisteva assolutamente alcuna civiltà tecnologica.

Scoperte In Ucraina Antiche Piramidi

02 ucrainaGigantesche piramidi, molto simili a quelle egiziane, sono state recentemente scoperte nella zona di Lugansk. Gli scienziati sono giunti alla conclusione che circa 5000 anni fa, sul territorio dell’attuale Ucraina viveva una civiltà’ fortemente sviluppata.

Questa scoperta insolitamente importante è stata casualmente fatta appena due anni fa da alcuni scolari di un accampamento archeologico. Finora sono state scoperte soltanto le parti superiori delle enormi costruzioni e gli scienziati ritengono che occorrerà un’ intera decade per ripulire il terreno al fine di far fuoriuscire completamente le piramidi. In relazione all’importante scoperta, sotto il patrocinio della sezione per il turismo e per la protezione dell’eredità culturale dell’amministrazione regionale di Lugansk, verrà costruito un hotel nei pressi delle piramidi ed il luogo dello scavo verrà’ trasformato in un museo all’aperto.

All’interno delle piramidi non sono stati trovati ne’ oro ne’ qualunque genere di tesoro, per cui gli archeologi non hanno ragione di temere atti vandalici. Tuttavia le piramidi stesse hanno un significato estremamente importante, poiché gli scienziati ritengono che un’indagine dettagliata in merito a tali costruzioni sia in grado di far cambiare radicalmente la nostra comprensione storica dell’Europa antica.

Piramide A Giava Con Scritta Libica

Un’iscrizione in pietra in una scrittura sconosciuta fu scavata da Sir Stanford Haffles nel 1815 in una piramide, sulle pendici del monte Lavu. La scrittura è stata da me identificata come libica e la lingua come antico Maori, apparentemente identica alla lingua maura delle steli del Nord Africa, in scrittura libica. A differenza delle iscrizioni africane, a Giava le consonanti recano puntini che indicano le vocali, secondo l’uso del moderno amharico. La stele è datata all’anno 616 dell’era di Antioco (304 d.C.).

03 Piramide a Giava con scritta libicaI valori consonantici dei caratteri della scrittura libica sono stati determinati da de Sauley (1849) e Chabot (1918) in correlazione ai segni corrispondenti di nomi propri che apparivano in iscrizioni bilingui punico–libiche o latino–libiche. Le vocali non furono riconosciute. La lingua del testo libico rimase conosciuta e fu ritenuta numidico, ossia una lingua ritenuta imparentata al ceppo berbero (Friedrich, 1957), benché una sola parola fosse stata trovata a sostegno di tale asserzione.

La recente ricognizione dei caratteri libici in un’iscrizione egizia sull’isola di Pitcairn mi ha spinto ad investigare sulle iscrizioni libiche, con l’immediato risultato che i caratteri a “lettere quadrate”, sino ad ora misteriosi, delle steli di Giava, furono riconosciuti come una variante orientale della scrittura libica.

Quando i valori fonetici determinati da de Sauley e Chabot vengono inseriti nelle iscrizioni di Giava, il testo che risulta è immediatamente riconoscibile come una forma primitiva di polinesiano, e corrisponde a quanto già riferito per altre steli di Giava scritte in antico alfabeto semitico (Fell, 1973).

Per questa lingua ho proposto il nome di “antico Maori”, ed ho dimostrato che si tratta d’una forma dialettale dell’egiziano parlato in età tolemaica. Come riferisco altrove, le stesse iscrizioni libiche e nord–africane, scritte in lingua libica, si rivelano essere come “antico Maori”. Il contenuto di tali testi aderisce strettamente ai testi paralleli in latino e in punico trovati sulle steli bilingui. La stele qui riportata è, naturalmente, monolingue.

L’iscrizione qui riportata mostra con chiarezza che i polinesiani di Giava, nel sec. IV d.C., seguivano la religione persiana, ossia adoravano il Re Sole sotto il nome egizio di Ra, e tra i loro oggetti di culto avevano l’angelo di Mitra chiamato Manaia, alato e con la testa d’uccello.

Pubblicherò in seguito altri particolari, qui riferisco unicamente sull’epigrafe, la sua traduzione e note etimologiche.

Il Testo: vedi foto collegata alla news

Traduzione

03 Giava con scritta libica1. Questa sacra piramide di Ra i Parsi hanno eretto sul pendio di Hiwa per

2. Il culto di Mitra e Manaia, “Adora i raggi solari e da’ loro voce”.

3. All’alba nel giorno di metà inverno l’ombra tocca la testa della tartaruga

4. A destra, verso sud, e a metà estate tocca

5. L’ombra la tartaruga sul lato nord. In queste date quando il sole sorge

6.gli anziani devono curare il fuoco sul braciere e gli anziani devono pregare e cantare l’inno del giorno di metà inverno.

Anno 616 (304 d.C.)

Note sulla fraseologia

La tartaruga del sud è una larga pietra a forma di tartaruga, posta sul lato destro della base del gradone che sale alla piramide sulla faccia occidentale. La tartaruga del nord sta sul lato sinistro. Tali immagini sono indicate nella relazione degli scavi di Raffles (1844).

La frase tra virgolette nella seconda riga della traduzione ricorre anche nell’iscrizione dell’isola di Pitcairn, dove è citata come presa dalle scritture (vedi articolo, Fell 1974).

L’ombra cui si riferisce l’iscrizione era probabilmente gettata da un obelisco collocato in cima alla piramide. Potrebbe trattarsi del fallo alto due metri caduto e rotto in due pezzi, scavato da Raffles.

Le parole della prima riga e la relativa rozzezza delle lettere della stele, rispetto all’architettura sofisticata, danno l’impressione che i coloni maori di Giava avessero appreso la tecnica della piramide dalla conquista di territori già occupati dai Persiani, o in alternativa costruttori persiani (Parsi) possono essere stati impiegati dalla colonia maori.

In questo sito comunque, come in tutta Giava, non rimangono iscrizioni in antico persiano. Vari aspetti del profilo delle tre terrazze della piramide suggeriscono che questo sito di tempio fosse il prototipo sul quale si modellarono l’heiau e l’ahu della Polinesia.

Riferimenti

J.B. Chabot (1918), Punica, Journal Asiatique, II serie, 11(1), 249–302.

H.B. Fell (1973), Egypto–Polynesian Alphabete, 1, Semitic Series of Java and Sulawesi, Egypto–Polynesian Studies (Cambridge, M.C.Z.).

H.B. Fell (1973b), Phonetic Mutation in Egypto–Polynesian Languages, ibidem, 37–51.

H.B. Fell (1974), An Egyptian Shipweck at Pitcairn Island, ESOP, 1, 1–3.

J. Friedrich (1957), Extinct Languages, New York, Philosoph. Lang.

Th.S. Raffles 1844), Antiquarian, Architectural and Landscape Illustrations to the History of Java, London, Bohn.

F. de Sauley (1849), Observations sur l’Alphabet tifinag, Journal Asiatique, 247–264.

Sette Piramidi Individuate Sull’isola Africana Di Mauritius

04 isola africana di MauritiusL’isola di Mauritius è parte dell’arcipelago delle Mascarene nell’Oceano Indiano, circa 900 chilometri a est del Madagascar. Le sette piccole piramidi sono state identificate sul lato sud dell ‘isola, in una pianura conosciuta come Whillem, tra l’Oceano Indiano e la montagna Creola e Lion Mountain, a 20 ° 26′ .8.15 “S e 57 ° 39 ‘ 2, 60 “E. La loro base è di forma rettangolare e l’altezza non supera dodici metri, con un numero tra 6 e 11 terrazzi. In apparenza, sono simili alle piramidi trovate su un’altra isola vulcanica al largo delle coste occidentali d’Africa, Tenerife; strutture simili esistono anche in Sicilia, che è pure un’isola di origine vulcanica.

Ci sono molti parallelismi tra le piramidi di Mauritius e Tenerife. Su entrambe le isole, le piramidi sono parte di un complesso: una serie di piramidi raggruppate in un solo luogo. Su entrambe le isole, le piramidi sono fatte di pietra lavica e la costruzione non fa uso di malta o di qualsiasi altro agente di collegamento. Alcune delle strutture su Mauritius sono state parzialmente smantellate, con le pietre riutilizzate nelle vicinanze.

Le piramidi di Tenerife ugualmente non superano 12 metri di altezza, e dalle dettagliate fotografie dei terrazzamenti, è chiaro che non si può distinguere se si sta osservando una piramide a Tenerife o Mauritius. Nella prima piramide di Mauritius, l’accesso alla piattaforma superiore avviene attraverso una scala centrale. Questa è stata restaurata in pietra bianca, ed è quindi più visibile. Non tutte le piramidi hanno un tale accesso – come avviene anche a Tenerife. Ciò suggerisce una comunanza tra le due isole al di là della coincidenza.

Alcune delle piramidi di Mauritius, con le loro piattaforme, avrebbero potuto essere utilizzate per osservazioni astronomiche. Anche in questo caso si riscontrano similitudini con Tenerife, in particolare con il complesso Guimar. Se questa correlazione si applica alle piramidi di Mauritius, queste piramidi dovrebbero essere allineate a fenomeni solari e, in particolare, le terrazze dovrebbero essere allineate ai due solstizi. I primi calcoli indicano che questo è davvero il caso, ma occorrono ulteriori verifiche. In particolare la Piramide 2 di Mauritius è probabile che sia allineata con il solstizio d’estate (che nel sud del mondo si verifica il 21 dicembre) e si dovrebbe essere in grado di osservare un doppio tramonto. Il primo tramonto si avrebbe dietro la montagna Creola, il secondo dietro la vicina montagna Lion. Un doppio tramonto dietro un orizzonte di montagna è anche un fenomeno osservato nel complesso Guimar a Tenerife.

A livello locale, come Stéphane Mussard ha sperimentato, le persone affermano che queste piramidi sono solo cumuli di pietra, ammucchiati per liberare i campi per la coltivazione della canna da zucchero. Se ciò fosse vero, perché alcune delle piramidi su Mauritius erano protette come monumento storico, sino alla prima metà del XX secolo? Sorprendentemente, però, da allora il sito ha perso il suo status protetto, senza dubbio per conseguenza del cambiamento di governo (Mauritius era sotto dominio britannico fino al 1968). E’ chiaro che quelli che rifiutano queste piramidi come “mucchi di pietre” hanno paura di vedere i loro terreni agricoli recuperati, o di dover rispettare le norme che proteggono i siti archeologici. E’ comunque chiaro che con il giusto aiuto, il governo dovrebbe essere in grado di evidenziare i benefici economici del turismo per l’economia locale che, si spera nel risultato della ricerca scientifica effettuate sul sito.

L’uomo responsabile per l’identificazione e la promozione del complesso di Guimar è stato Thor Heyerdahl, un pioniere marinaio norvegese, che ha sostenuto che i nostri lontani antenati erano in grado di navigare gli oceani e ha organizzato varie spedizioni per dimostrare il suo punto di vista. Heyerdahl ha trovato una piramide nelle Maldive, a Gan. Questa piramide è allineata al sole e misura 8, 5 metri di altezza. E’ stata chiamata “Hawittas”. Heyerdahl ha sostenuto che le Maldive si trovavano su una rotta orientale marittima commerciale utilizzata da varie antiche civiltà, provenienti dal Medio Oriente.

Gli antichi Egizi usavano la flotta fenicia per effettuare spedizioni, ed è noto che i Fenici costruirono templi astronomici perfettamente allineati ai punti cardinali e ai fenomeni solari. Con la scoperta di complessi identici di piramidi a Tenerife, in Sicilia e adesso a Mauritius, è chiaro che questi sono i resti di una cultura marinara, che ha lasciato tracce sulle isole in varie parti del continente africano.

Antica Piramide Nascosta In Perù Trovata Tramite Il Satellite

Potrebbe essere stata sotterrata dagli stessi abitanti della zona, la piramide di terra cruda sepolta a Cahuachi (Perù), le cui tracce sono state evidenziate da una nuova tecnica di elaborazione di immagini satellitari ad alta risoluzione messa a punto da Nicola Masini dell’istituto per i beni archeologici e monumentali (Ibam) e Rosa Lasaponara dell’Istituto di metodologie per l’analisi ambientale (Imaa) del Cnr di Potenza.

05 perùCahuachi, situato nel bacino del Rio Grande, sulla costa meridionale del Perù, è noto per essere stato il maggior centro cerimoniale della civiltà Nasca che fiorì tra il I sec. a.C. ed il V sec. d.C.”, dice Rosa Lasaponara. “Come si ricava dai dati archeologici, dopo un terremoto di inaudita violenza e devastanti eventi alluvionali, quel che restava dell’antica capitale teocratica Nasca venne sotterrato dai suoi stessi abitanti, ricoperta con le sue macerie, con milioni di tonnellate di materiale con cui era stata costruita”.

Le anomalie di interesse archeologico “sono state individuate su un’area coltivata, poco indagata, attraversata dal Rio Nasca e posta a circa 1,5 km a nordest dell’area archeologica, oggetto di investigazione da oltre 25 anni”, prosegue Masini. “Grazie a tecniche di telerilevamento, misure a distanza di grandezze fisiche effettuate mediante immagini satellitari, sono state identificate tracce sul terreno dovute alla differenza di porosità tra l’‘adobe’, ovvero terra cruda essiccata al sole, e i circostanti depositi alluvionali, in presenza di umidità e di una soprastante copertura vegetale. La visibilità di tali tracce, interviene Lasaponara, “è stata poi enfatizzata mediante analisi statistiche in grado di accentuare il contrasto tra le superfici sovrastanti le strutture sepolte e quelle circostanti”. “Le tracce così individuate hanno evidenziato la presenza di 4 livelli di terrazzamento di una struttura piramidale asimmetrica, sul tipo di un’altra già riportata alla luce a Cahuachi,di dimensioni alla base di circa 90 x 100 metri ”, conclude Masini. “La piramide rintracciata non è l’unica costruzione sepolta nella zona. La sua scoperta, oltre ad allargare il campo della ricerca archeologica nel territorio di Nasca, offre nuove prospettive nell’uso del telerilevamento per l’individuazione di strutture archeologiche sepolte realizzate in ‘adobe’, materiale costruttivo molto diffuso nell’America precolombiana e in numerose altre civiltà dall’Asia e all’Africa”.

Nel corso della conferenza saranno presentati anche i risultati di prospezioni archeologiche, sempre con tecniche di telerilevamento integrate alla geofisica, nell’area di Piazza d’Armi, sede dell’antica Acropoli presso Veio (Rm). “Grazie all’integrazione di tre tecniche di investigazione geofisica abbiamo raccolto un set di informazioni dettagliate circa la posizione, l’estensione, la profondità e lo spessore di corpi anomali, in questo caso resti di strutture archeologiche, altrimenti non identificabili con i metodi tradizionali”, dice Salvatore Piro, dell’Istituto per le tecnologie applicate ai beni culturali (Itabc) del Cnr di Montelibretti (Rm). “In questo modo siamo riusciti ad individuare nella Piazza d’Armi, attualmente ricoperta da materiale di matrice tufacea disgregata e da humus, ulteriori tracce riferite all’antico insediamento urbano, riferibili ad un arco temporale dal IX al VII sec. a.C.”.

Scoperti I Resti Di Una Antica Città Perduta In Amazzonia

Non saranno le città perdute di cui si favoleggia da secoli, ma in Amazzonia esistevano un tempo insediamenti, attualmente completamente sommersi dalla foresta, che avevano tutti i titoli per essere definiti urbani, almeno nel senso in cui il termine era usato anticamente anche sul nostro continente. Lo afferma un articolo pubblicato sulla rivista “Science” in cui sono descritti i risultati di uno studio condotta da ricercatori dell’Università della Florida e del Brasile con l’aiuto di membri della popolazione indigena Kuikuro.

Se guardiamo alle città medie medioevali europee o a quelle dell’antica Grecia, le loro dimensioni erano della stessa scala di quelle che troviamo in Amazzonia. Solo che queste sono più complesse in termini di pianificazione”, ha detto Mike Heckenberger, che ha diretto la ricerca.

Gli insediamenti identificati si trovano nell’Amazzonia meridionale, una zona considerata foresta vergine, ma che ha visto invece una cospicua presenza umana. Gli insediamenti erano costituiti da una rete di città protette da mura, alcuni dei cui resti in terra battuta ed essiccata sono visibili ancora oggi, e una serie di piccoli villaggi circostanti

L’insediamento maggiore – di circa 150 acri – risale a un periodo compreso fra il 1250 e il 1650, quando i coloni europei e le malattie da essi portate ne sterminarono quasi totalmente la popolazione. Per scoprire i resti, Heckenberger si è rivolto a membri della popolazione Kuikuro, una tribù di etnia Xinguano che chiamano quella regione “casa”, incrociando poi gli indizi che questi gli hanno fornito con una serie di immagini da satellite e rilevazioni GPS.

Gli insediamenti avevano tutti una identica struttura formale, con le strade principali orientate in direzione da nord-est a sud-est, allineate in modo da intercettare il solstizio estivo e connesse a una piazza centrale. Questa attenta disposizione suggerisce secondo Heckenberger l’esistenza di un’organizzazione politica e di pianificazione regionale, tratti caratteristici delle comunità urbane. “Non erano vere e proprie città, ma ci sono i segni di una autentica urbanizzazione attorno a villaggi centrali.”

Messico: Scoperto Tempio Maya Sott’acqua

Autorità’ archeologiche messicane hanno annunciato la scoperta nella penisola dello Yucatan di almeno 14 possibili templi sotterranei, alcuni sommersi dall’acqua, che potrebbero essere parte del leggendario cammino immaginato dalla civiltà’ Maya per entrare nell’infra mondo, governato da Xilbalba’, il Dio della Morte.

07 tempio maya sottacquaGuillermo de Anda, responsabile degli scavi dell’Istituto nazionale di antropologia e storia (Inah) del Messico, ha spiegato che e’ venuto alla luce un complesso di cenotes (pozzi d’acqua all’interno di caverne) ed edificazioni in grotte labirintiche e di difficile accesso, simile alla descrizione esistente nel Popol Vuh, il libro sacro per eccellenza dei Maya. De Anda ha definito il rinvenimento, che potrebbe risalire ad un massimo di circa 1900 anni fa, ”una grata sorpresa” perché’ conferma l’esistenza di pratiche religiose che finora si tendeva a considerare leggendarie.

Per entrare nello Xilbalba’, l’infra mondo maya, bisognava – ha aggiunto – percorrere un tortuoso cammino, alla fine del quale si trovava, secondo il Popol Vuh, un corpo acquoso con costruzioni, dove l’aspirante doveva superare dure prove”, fra cui fiumi pieni di scorpioni e sangue di pipistrelli. Lo studioso italiano Leonardo Malentacchi ricorda al riguardo che l’universo per i Maya era suddiviso in tre strati: il mondo sotterraneo (l’infra mondo o Xilbalba’), la terra (Cab) ed il mondo superiore, (il cielo, Caan). Gli archeologi hanno localizzato fra l’altro, scendendo ad una profondità’ anche di 40 metri, un ’sacbe”, ossia un sentiero di pietra lungo un centinaio di metri, collegato ad un sistema di viario simile a quello realizzato a Chichen Itza’, uno dei centri archeologici maya più’ importanti dello Yucatan.

Il complesso di templi e cenotes si estende nel territorio di vari municipi della regione centrale della penisola (Tecoh, Homun, Kantunil, Chochola’ e Abala’) e l’accesso ad esso e’ possibile attraverso una galleria naturale occultata da pietre lavorate, il cui accesso visibile ha appena una altezza di un metro e una larghezza di 50-60 centimetri. Durante gli scavi, all’interno del complesso dedalo di corridoi, pozzi e templi, sono stati rinvenuti anche resti umani e oggetti di ceramica utilizzati a mo’ di offerta, sculture raffiguranti sacerdoti, oltre che iscrizioni e incisioni votive.

Una “ziggurat” Mesopotamica In…Sardegna?

Gli scavi che hanno dato alla luce il monumento sono stati quelli seguiti da Ercole Contu. E’ una grande struttura tronco-piramidale (m 36 x m 29) costruita su grandi blocchi affiancati riempiti di materiale quale terra, pietre, albino. E’ stata considerata l’unico esempio di ziggurat dell’intera Europa. Il tempio è stato datato risalente al 4500 a.C., al Neolitico Medio, quando vi erano insediamenti di capanne a pianta circolare di paglia e legno. L’area sacra è impreziosita dalla presenza del menhir e da un altare sacrificale, oltre che da un omphalos o pietra rotonda.08 piramide sardegna Questa pietra è assai curiosa se si pensa che letteralmente significa “ombelico” e che la sua funzione non è ancora stata scoperta. Si pensa che così lavorata potesse simboleggiare un luogo sacro, dove la realtà del mondo (pietra) era toccata da quella del divino (sfera). All’inizio vi era solo una rampa alla cui sommità vi si trovava un edificio che era il tempio vero e proprio, intonacato di rosso ocra, ma di esso resta oggi solo il pavimento. Probabilmente distrutto da un incendio, venne innalzata la piramide con una seconda terrazza e ricostruito il tempio. Esiste all’interno una camera, di cui ancora non se ne conosce il contenuto, per via del forte pericolo di frana che potrebbe far crollare tutto. Forse, proprio come nelle ziggurat mesopotamiche, vi si trova ancora il letto sacro sul quale il sacerdote si accoppiava ogni anno con una vergine per il rituale della fertilità della terra.

Anche se ziggurat significa letteralmente il tempio del sole, questo santuario fu dedicato a due divinità lunari, il dio Narma e la dea Ningal.

Fu abbandonato come luogo e come culto verso il 1800 a.C. quando in Sardegna si diffuse una nuova cultura, quella dei “Bonnanaro” dedita a rituali legati ai nuraghi.

Il luogo fu utilizzato in seguito come tomba, fu trovato risalente alla prima Età del Bronzo, una sepoltura di un bambino con tutto il suo corredo funerario.

Purtroppo verso i giorni nostri la piramide fu utilizzata come luogo di avvistamento e difesa militare, vi fu scavata persino una trincea che procurò danni irreparabili. Sul retro del santuario è possibile trovare una stele in granito su cui è scolpita una figura femminile, probabilmente la divinità venerata sul Monte. Ed è proprio questa figura la protagonista della nostra leggenda.

LA LEGGENDA

Chi ha fatto costruire una ziggurat mesopotamica proprio qui? La Sardegna, anche se può sembrare un luogo isolato e difficile da raggiungere, al contrario un tempo era un importante punto di approdo di moltissime civiltà, egiziane, romane, greche, fenice, mesopotamiche. Una leggenda narra che la piramide fu voluta da un re mesopotamico di nome Uruk, principe-sacerdote delle sue terre, che fuggito chissà per quale motivo, si stabilì in terra sarda con tutta la sua tribù. Dopo aver pensato alle capanne decise di erigere come protezione anche un tempio, qualcosa che fosse in relazione con la sua religione, una ziggurat, ma, invece che dedicarla al sole (ziggurat significa infatti il tempio del sole) decise di dedicarla alla Luna. Vennero portate pietre dalla costa che miste al calcare del posto davano vita alla costruzione di volta in volta. Il lavoro era complesso, dato che all’interno della struttura venne scavata una stanza, e, il tutto, doveva sostenere il tempio posto alla sommità. Una scala verso io cielo, che doveva insegnare il percorso spirituale verso l’immortalità. Una notte Uruk fu visitato da una donna bellissima che gli disse di mostrargli il tempio. Re Uruk le rispose che non era possibile finché non fosse terminato, ma la fanciulla gli fece visita tutte le notti successive con la stessa richiesta. Un giorno però gli disse qualcosa di diverso, ovvero di correre ai ripari perché sarebbe arrivata una terribile tempesta che avrebbe raso tutto al suolo. Lo salutò e fu quasi un addio, dato che gli accennò che non si sarebbero più rivisti, ma se un giorno fosse tornata, sarebbe stato per sempre. La tempesta infine arrivò, ma il re ebbe tutto il tempo per proteggere il suo popolo. Tutto veniva devastato dalla forza della natura, tranne un elemento, che sembrava quieto nel cielo, era la luna, placida, che lo osservava dall’alto.

Quando infine tutto si placò, di fronte ad Uruk si parò uno spettacolo imprevisto. Al posto del santuario vi era una collina, tutto era stato ricoperto. Forse così aveva desiderato le Dea che ormai aveva compreso essere stata quella donna. La dea che aveva rinunciato alla sua divinità per amore e per diventare una donna aveva distrutto il tempio a lei dedicato.

Re Uruk decise di tornare a casa, in Mesopotamia, sicuramente con lei, con la quale avrebbe trascorso il resto della sua vita. Effettivamente Monte D’Accoddi fu scoperto proprio così, scavando una collina di terra; si decise di farlo perché la collina era troppo anomala agli occhi che passavano di lì per caso, una collina quasi artificiale in un luogo pianeggiante.

Ancora oggi permane un fortissimo senso di sacralità che non può far a meno di invadere chi si reca in questo luogo sacro.

Le Piramidi Giapponesi

Nel 1868 il colonnello James Churchward affermò di essere entrato in possesso di alcune tavolette di argilla per secoli abbandonate in un remoto monastero orientale, che recavano incisa, in una scrittura misteriosa, la storia di questo continente.

091 giapponeSecondo le tavolette, Mu era un immenso continente dove circa 50 milioni di anni fa avrebbe avuto origine la vita. Il popolo di Mu adorava il Sole, di cui il re era diretta emanazione, e avrebbe colonizzato tutto il mondo, affidando ogni paese a un sovrano “figlio del Sole”. Una civiltà operosa e prospera che sarebbe perita all’improvviso nel periodo di massimo splendore: circa 25mila anni fa, infatti, violentissimi terremoti e maremoti si sarebbero abbattuti su questa terra facendola sprofondare negli abissi. Per i successivi cinquant’anni Churchward si dedicò alla decifrazione delle tavolette e a viaggi intorno al mondo per raccogliere tutte le informazioni possibili su questa presunta culla della civiltà umana. Ma senza successo.

Finché quasi cento anni dopo, nel 1985, il giapponese Kikachiro Aratake, una guida subacquea di Yonaguni, durante un’immersione a circa 150 metri al largo dell’isola, fece la sensazionale scoperta: un’enorme struttura di pietra, dall’aspetto simile a una piramide, che si ergeva a una profondità di 25 metri. Yonaguni è situata molto più a Ovest rispetto alla zona dove Churchward aveva localizzato Mu, ma potrebbe comunque essere un primo indizio.

La scalinata sommersa “Nuotavo spinto dalla corrente quando improvvisamente mi si parò davanti una ripida parete di pietra”, ricorda Aratake. “Dovetti aggrapparmi con le mani alla roccia per costeggiare la struttura e non essere spinto lontano. Dopo la lunga passeggiata subacquea mi ritrovai di fronte a uno spettacolo da mozzare il fiato: la facciata era percorsa da scalinate, 092 giapponeognuna delle quali conduceva a terrazzamenti su vari livelli, in un insieme irregolare, ma continuo fino alla cima. La costruzione era così perfetta che mi aspettavo da un momento all’altro di vedere qualcuno uscirne. Ma gli unici abitanti erano i pesci che nuotavano intorno a me, e il silenzio del luogo era rotto solo dal battito del mio cuore”.

La notizia del ritrovamento fu divulgata alla comunità scientifica nel 1986 e solo dal 1990 la zona fu dichiarata sito archeologico ufficiale. Ma cosa rappresenta questa sorta di piramide? Come e quando è stata sommersa? è davvero opera dell’uomo o è uno scherzo della natura? Newton lo ha chiesto a Ma-saaki Kimura, docente di Oceano-grafia all’Università delle Ryukyu e “padre accademico” del sito.”L’irregolarità e le dimensioni della struttura hanno reso difficile ricostruirne l’aspetto d’insieme”, esordisce lo studioso. “E avverse condizioni ambientali (come il kuroshio, la forte corrente calda del Pacifico, e i monsoni che impediscono le immersioni per molti mesi l’anno) hanno rallentato le operazioni. Finalmente”, aggiunge Kimura, “siamo riusciti a misurare la struttura: è un unico enorme blocco di roccia lungo 200 metri, largo 150 e alto circa 20. Per stabilire a che epoca risalga dobbiamo ancora fare analisi. La completa sommersione del luogo sarebbe stata causata dall’innalzamento del livello del mare in seguito all’ultima glaciazione, cioè almeno 9-10.000 anni fa, ma è anche plausibile che si tratti di una costruzione più recente, realizzata tra il 4000 e il 400 avanti Cristo”. Visita subacquea guidata

Quando Kimura inizia a descrivere il “suo” palazzo, sembra quasi di nuotare tra le parti più importanti della struttura. “La prima cosa che si nota nella sezione inferiore è un corridoio che si sviluppa lungo l’intero perimetro e che descrive, nell’estremità occidentale, una curva perfetta intorno alla parete”, racconta l’esperto. “Dalla facciata Sud, quella principale, partono le scalinate che portano alla zona dei terrazzamenti (a Ovest) e a quella che abbiamo definito “sacra” (a Est)”. Le scale, con gradini ben delineati e piuttosto alti, sono uno dei punti sui quali Kimura subisce più spesso gli attacchi dei sostenitori della tesi per la quale saremmo di fronte all’opera della natura e non dell’uomo. “Senza dubbio i gradini di alcune scalinate sono alti, alcuni arrivano persino a un metro, tanto da risultare poco agibili per l’uomo.

093 giapponeObiezione alla quale io ribatto che su cinque scalinate, ben tre sono “a misura di passo umano”, perfettamente percorribili”. Ma non è questa l’unica prova a favore dell’ipotesi che la costruzione sia opera dell’uomo, secondo l’oceanografo giapponese. “La piramide è un monolito, cioè un unico blocco di pietra, ma durante le analisi abbiamo trovato numerose pietre aggiuntive di diverse forme e dimensioni”, spiega Kimura. “Quelle squadrate, concentrate solo nelle vicinanze della piramide, sembrano frammenti derivanti dai processi di lavorazione della struttura (per esempio l’intaglio delle terrazze e delle scale). Le pietre rotonde, invece, potrebbero far parte di un rudimentale sistema per drenare l’acqua piovana. Si trovano, infatti, concentrate solo vicino a solchi scolpiti sulle superfici di roccia, che probabilmente fungevano da grondaie”.Benvenuti nel luogo sacro Salendo le scale a Est si accede alla sezione più alta, quella che Kimura definisce “sacra”. In questo lato sono stati trovati una serie di curiosi reperti, di cui, però, ancora non si conoscono le funzioni. “Prima di tutto una “scultura” simile a un uccello di pietra, poi una sorta di “vasca” dal profilo triangolare scavata nella roccia”, descrive con entusiasmo lo studioso. “Infine, un blocco di roccia scolpito a forma di tartaruga che richiama le cosiddette kamekobaka (letteralmente “tombe a guscio di tartaruga”), ritrovate anche a Okinawa, la principale isola dell’arcipelago delle Ryukyu”. A Nord, al centro di un’ampia pedana, si trova il vero oggetto di culto: una sorta di dolmen formato da una roccia orizzontale di 3 metri per 3, sostenuta da due pietre circolari più piccole. Poco lontano dal tempio è stato trovato un altro strano reperto: un megalite simile alle famose sculture dell’Isola di Pasqua, i Moai. “Si tratta di una grande roccia ovoidale con una serie di intagli nella parte superiore che sembrano tracciare un volto”, racconta Kimura. “Nelle fessure orizzontali che corrispondono agli occhi sono incastrate due pietre che potrebbero rappresentare le pupille”. A conferma dell’ipotesi che si tratti di un tempio edificato dall’uomo, Kimura rileva una notevole vicinanza del monumento al Tropico del Cancro. “Questa precisa collocazione geografica, secondo me, potrebbe indicare che gli antichi “costruttori” avevano precise cognizioni astronomiche”.

Ma chi ha eretto questa “piramide”? Kimura non si sbilancia. “L’ipotesi più plausibile è che sia opera di una popolazione arrivata dalle coste dell’Asia Sudorientale seguendo le rotte delle grandi migrazioni preistoriche”, spiega il professore. Tuttavia, per quanto riguarda il tipo di civiltà degli uomini che realizzarono l’impresa non si sa molto.

I reperti fanno ipotizzare un’organizzazione sociale con uno sviluppo tecnologico avanzato: questa misteriosa popolazione doveva essere in grado di realizzare lavori edili su grande scala, oggetti di pietra e incisioni su roccia, che potrebbero rivelarsi i segni di un sistema di scrittura pittografica”. Alcune incisioni ritrovate nel sito di Yonaguni, infatti, sono molto simili a quelle di una stele conservata al museo di Okinawa, la principale isola delle Ryukyu, e non ancora datata né decifrata.

Uno dei simboli di questa stele” sottolinea Kimura, “sembra un tempio sommerso. Se così fosse, potrebbe indicare che la struttura era già scomparsa ai tempi della stele”.

Il racconto dagli abissi Tanti sono ancora i misteri che avvolgono Yonaguni. E ci vorrà ancora tempo per stabilire se il “tempio” è la prova che il colonnello Churchward cercò per una vita. “Non so se sia la prova decisiva dell’esistenza del mitico continente Mu”, conclude Kimura. “Di certo su questa roccia è incisa una pagina importante di storia.

Dobbiamo solo imparare a leggerla”.

PIRAMIDI CINESI

La storia delle piramidi cinesi inizia nel 1947, quando il colonnello Maurice Sheehan fotografò da un aereo, un DC3 in volo sopra la Cina, ciò che sembrava essere una piramide. La sua descrizione fu pubblicata sul “New York Times” nel marzo dello stesso anno.

0100 PIRAMIDI CINESISe ci atteniamo alla sua testimonianza, questa piramide aveva un’altezza di circa 300 metri mentre i suoi lati misuravano 450 metri. La stessa fotografia venne pubblicata negli Stati Uniti. La reazione delle autorità cinesi non tardò ad arrivare: un comunicato stampa pubblicato dall’agenzia stampa Associated Press dichiarò che la presunta esistenza della piramide non era in alcun modo suffragata da prove. Tale dichiarazione ufficiale screditò le affermazioni di Sheehan e la maggior parte dei ricercatori ritenne che il colonnello avesse esagerato nell’interpretazione delle fotografie che aveva scattato in volo.

0101 piramidi cinesiTuttavia, malgrado la versione ufficiale, sembra che negli archivi storici cinesi esistessero certi documenti rivelatori, risalenti al III sec. a.c., l’epoca in cui il fondatore della dinastia Ts’in, She Huang Ti (l’Imperatore Giallo), realizzò dei grandi cambiamenti nella società cinese. Questo imperatore fu l’artefice della costruzione di edifici di enorme importanza, tra i quali il più conosciuto è la celeberrima Grande Muraglia, che venne eretta in seguito alla predizione di un oracolo, secondo il quale “una civiltà barbara” avrebbe invaso la Cina. Di assoluta importanza è anche la straordinaria piramide che ordinò di innalzare a Lin-t’ong, tra Hnan e Sin-gan. Secondo le fonti dello storico Sheuma Ts’ien (135-185 a.c.) per la sua realizzazione furono impiegati circa 700.000 operai e quando l’imperatore morì, nel 210 a.c., all’interno vennero racchiusi tutti i suoi tesori, sorvegliati da uno stupefacente esercito di soldati di terracotta a grandezza naturale.

Per mantenere il segreto circa la sua ubicazione tutti gli operai che parteciparono alla costruzione furono uccisi e sepolti nella stessa piramide, inoltre, affinché il luogo non venisse mai trovato, furono piantati degli alberi in tutta l’area in modo tale da farla apparire come una collina naturale. Nel 1913 gli studi di questo antico storico cinese stimolarono un esploratore tedesco, Segalen, ad intraprendere delle ricerche in Cina, con lo scopo di riportare alla luce le leggendarie vestigia dei palazzi e della piramide appartenuta all’Imperatore Giallo. Durante il suo viaggio Segalen registrò meticolosamente ogni suo lavoro nel proprio diario, nel quale scrisse che la piramide cinese era alta 48 metri ed era stata concepita con cinque gradoni o livelli.

0102 PIRAMIDI CINESI 3Ogni lato aveva una lunghezza di 350 metri, niente meno che 120 metri in più della Grande Piramide di Giza, in Egitto.

Con una dimensione di 1.960.000 metri quadrati, questa piramide è al quarto posto in ordine di grandezza nel mondo, dopo quella di Cholula nel Messico e le due piramidi maggiori di Giza. Inoltre, l’esploratore tedesco riuscì a scoprire molte piramidi e tombe lungo il fiume Wei, risalenti al periodo Han, immediatamente successivo al regno dell’Imperatore Giallo. La scoperta non venne riconosciuta dalla comunità scientifica che la ritenne troppo recente, tuttavia, Segalen venne a conoscenza di alcune leggende secondo cui sarebbero esistite altre piramidi molto più alte e più antiche.

Nel 1912 altri due tedeschi, Frederick Schroeder e Oscar Maman, viaggiarono fino a Shensi: entrambi commercianti di tabacco e candele, rifornivano di armi i mongoli. La loro guida attraverso la Cina e la Mongolia fu un monaco di nome Bogdo. In sua compagnia scoprirono sette piramidi appartenenti all’antica città di Sian-Fu (l’odierna Xian).

Schroeder calcolò che la più grande aveva un’altezza di 300 metri, mentre i suoi lati non misuravano meno di 500 metri di base. Certamente questa è la piramide più grande del mondo, due volte la Grande Piramide di Giza e con un volume venti volte superiore. Inoltre, è interessante notare che la piramide è orientata nella stessa direzione della sua “sorella” di Giza: nord-sud/ovest-est. Secondo il monaco Bogdo, il cui nome significa “il sàggio”, queste piramidi, che hanno più di 5.000 anni, anticamente erano ricoperte da pietre ormai scomparse, sebbene sia tuttora possibile scorgerne alcune alla base. Questo e, il fatto che la piramide di Xian fu costruita fondamentalmente con terra, ha favorito l’azione erosiva dell’acqua che ha ridotto la piramide ad una collina naturale coperta da alberi e vegetazione, sulla quale non si scorge nessuna porta o scalinata. Attualmente, fotografie ottenute dalle forze aeree degli Stati Uniti hanno rivelato i dettagli della zona di Xian e vi appaiono evidenti i profili di almeno 16 piramidi.

Il mutismo delle autorità cinesi impedisce enormemente la comprensione di queste strutture e ricorda le esperienze dell’ esploratore tedesco Hartwig Hausdorf, autore del libro “Die Weisse Pyramide” (La Piramide Bianca). Hausdorfha dichiarato che, nel marzo del 1994, scalò una piramide situata presso una strada che collegava l’aeroporto di Xian con la città di Xian, e dalla cima poté individuare altre 20 piramidi. Egli non si meravigliò del fatto che gli stessi abitanti cinesi ignorassero l’esistenza di tali piramidi, in quanto gli spostamenti in Cina sono assai limitati e, ancora oggi, esiste una moltitudine di luoghi il cui accesso è proibito sia alla popolazione locale, sia agli stranieri. D’altra parte, gli archeologi cinesi sino a poco tempo fa erano molto reticenti a collaborare con i colleghi stranieri, perciò il lavoro dei ricercatori è risultato molto difficoltoso.

0103 PIRAMIDI CINESI 4Superando ogni tipo di ostacoli, Hausdorf riuscì ad ottenere i permessi necessari per visitare alcune di queste zone proibite e per scattare alcune fotografie delle sue scoperte. Dopo questa visita, Hausdorf s’incontrò con un suo collega, il professor Feng Haozhang, membro prestigioso dell’Accademia di Beijing (Pechino), ed altri quattro esperti. Quando Hausdorf mostrò loro le fotografie, tutti convennero che la zona delle piramidi di Xian in Cina poteva agevolmente essere paragonata a quella del Cairo, in Egitto.

LA PRINCIPESSA YUNG T’AI

Tra gli scavi cinesi ufficialmente riconosciuti a Xian, vale la pena evidenziare quello effettuato nel 1960, quando il Ministero della Cultura decise di scavare almeno una delle tombe piramidali della dinastia T’ang (618-907), situata a circa 80 chilometri a nord di Xian. Mentre stavano scavando il corridoio d’entrata, ne scoprirono un altro, verosimilmente realizzato da profanatori di tombe che; come in altri luoghi di enorme interesse archeologico, erano entrati nel sepolcro in cerca del bottino che poteva esservi nascosto. Una volta giunti nella camera funeraria, poterono confermare che, effettivamente, doveva essere stata profanata dai ladri poco tempo dopo la sepoltura, forse circa venti anni dopo. TI sarcofago di pietra era aperto e conteneva solo dei resti ossei. Tuttavia, le nicchie poste su ciascun lato del corridoio che portava alla camera funeraria erano intatte e colme di reperti in ceramica, risalenti alla dinastia T’ang.

Reperti che, all’epoca, non allettarono i ladri ma che oggigiorno sono d’inestimabile valore. Inoltre, vi erano anche alcune pitture murali in buono stato, che raffiguravano scene di vita alla corte dei T’ang. Pochi metri prima di accedere alla camera sepolcrale venne scoperta una grande lastra di pietra recante un’iscrizione che, una volta decifrata, permise agli archeologi di conoscere il nome di colei che era stata sepolta nella tomba. Si trattava, dunque, della Principessa Yung T’ai, che si suicidò insieme al suo sposo ed al cognato 1’8 ottobre dell’anno 701. Durante gli scavi gli archeologi trovarono uno scheletro, probabilmente appartenente ad un ladro, che giaceva con il cranio fracassato da un’ascia di ferro e parte del bottino, formato da reperti in oro, argento e giada. Questa macabra scoperta testimonia quante precauzioni adottarono i costruttori delle piramidi per proteggere i tesori dal furto e dalla profanazione.

Ciò riecheggia anche nelle leggende e nelle storie che contribuiscono ad impedire che le piramidi principali siano studiate. Infatti, il folklore vuole che, alla loro apertura, ne fuori escano degli spiriti maligni, portando il terrore nel mondo dei vivi. Meglio non disturbare lo spirito dell’imperatore.

La tomba piramidale di She Huang Ti, infatti, non è stata ancora aperta. Il direttore del museo dove è custodito l’esercito di terracotta ha spiegato che è più prudente attendere qualche decennio, in modo da realizzare una tecnologia tale da poter eseguire l’apertura della tom ba senza danneggiarla. Secondo quanto narrano le leggende, la piramide di Huang-Ti sarebbe una “piramide doppia”, con un suo doppio speculare rovesciato scavato nel sotto suolo e chiuso enneticamente da una lastra di bronzo. Si dice che il sarcofago di She Huang Ti sia protetto da balestre automatiche che lancerebbero strali mortali contro chi tentasse di entrare, e che sia circondato da una riproduzione in scala di tutto il suo impero, con tanto di palazzi, colline, montagne, mari e fiumi ove scorrerebbe il mercurio per simulare, con il suo tremolio, l’effetto dell’acqua.

Il paesaggio in miniatura verrebbe illuminato da grandi lampade alimentate da olio di balena, progettate per non spegnersi mai. La loro tremula luce farebbe brillare le innumerevoli gemme e perle incastonate nel soffitto, al fine di riprodurre il cielo con le costellazioni e le stelle.

IN CERCA DELLA PIRAMIDE BIANCA

Nonostante il tradizionale mutismo e l’immensa lentezza con la quale la Cina si sta aprendo al resto del mondo, è ovvio che poco a poco rivelerà i suoi misteri. È probabile che vi siano molte piramidi in attesa di essere ufficialmente scoperte anche se, fra di esse, ve n’è una la cui importanza può essere paragonata a quella dell’ Arca dell’ Alleanza o del Santo Graal. Alla fine della II Guerra Mondiale, il pilota James Gaussman fu costretto a modificare la sua rotta a causa di problemi meccanici. Cercando di tornare alla sua base di Assam, in India, sorvolò una valle e si trovò davanti agli ‘occhi un’ enorme piramide bianca, di metallo o di pietra.

Sul suo vertice vi era una pietra levigata, simile ad un grande gioiello. Gaussman sorvolò tre volte la piramide, scattando delle fotografie con la stessa macchina fotografica che usava per documentare i movimenti delle truppe nemiche. Tuttavia, queste fotografie furono archiviate insieme al restante materiale bellico e così rimasero dimenticate per quaranta anni, fin quando il ricercatore australiano Brian Crowley ne pubblicò una nel suo libro intitolato “The Face on Mars” (La faccia su Marte). Sia Hausdorf che altri esploratori hanno cercato questa piramide però, per il momento, tale grandiosa scoperta è rimasta celata alle loro ricerche. Il grande enigma è scoprire chi ordinò di costruire questa piramide.

Il matematico Bruce Cathie, autore del libro “La Conquista Armonica dello Spazio”, crede che esista una connessione matematica fra alcune piramidi della Cina e quelle dell’Egitto. Secondo questo autore, il numero 16.944 è associato alla Grande Piramide di Giza e ci sono 16.944 minuti d’arco fra la longitudine della Grande Piramide di Giza e quella della più alta piramide della provincia di Shensi. D’altronde, la distribuzione delle piramidi cinesi lungo il fiume Wei. ricorda quella delle piramidi d’Egitto lungo il Nilo.

Per Cathie, questa sarebbe una prova del fatto che i due complessi di piramidi ebbero gli stessi costruttori. Almeno un ricercatore in Cina crede che le piramidi innalzate in questo paese abbiano un allineamento astronomico e che potrebbero essere state costruite fra il 1500 ed il 500 a.c.: un’epoca in cui, secondo le cronache, la Cina era ancora governata dagli Imperatori Celesti.

Questo leggendario legame con le costellazioni potrebbe essere identificato attraverso alcune foto satellitari di una zona dello Xian, diversa da quella dove è ubicata la piramide dell’imperatore Huang Ti.

Esse evidenziano, però, un collegamento solo apparente con le costellazioni. Sarebbe necessario, infatti, uno studio più approfondito dei diversi monumenti e dei loro allineamenti per poter confermare questo dato, oggi purtroppo impossibile da effettuare per le ragioni già esposte.

Le foto satellitari, in ogni caso, mostrano una interessante analogia tra alcune piramidi e la Cintura di Orione. A proposito della loro età, nelle sue letture psichiche il veggente “dormiente” Edgar Cayce (cfr. HERA n.22 pag.50) non fece solo riferimenti al continente di,Atlantide ma si soffermò, in alcuni casi, su un’antica civiltà che occupava il nord-ovest della Cina. Una civiltà di molto antecedente alle culture asiatiche conosciute. Cayce affermò l’esistenza di cinque grandi civiltà mondiali che chiamava “le 5 Proiezioni” e cioè Atlantide, Lemuria, Eden, Egitto e Himalaya. A quest’ultima si riferiva anche con epiteti come la “Terra del Gobi” o la “Terra dei Mongoli”. Questa avrebbe occupato un territorio fra il Tibet, le montagne di Tien Shan (tradizionale dimora di Shambala) sino al fertile Xian, l’area delle piramidi, e al deserto del Gobi in Mongolia. In effetti, i Cinesi si tramandano leggende circa un popolo magico chiamato “Hsia” che popolava il mondo molto tempo fa.

Che le più antiche piramidi possano essere collegate al ricordo di questa antica civiltà?

CIVILTA’ SOMMERSE

Oltre 2300 anni fa Platone parlò di Atlantide e del suo popolo, dell’immane catastrofe che lo cancellò dalla faccia della Terra. Mito o leggenda, da allora l’uomo è alla sua ricerca sopra e sotto il mare, dove non mancano i ritrovamenti che fanno pensare a un grande continente perduto.

Dov’è Atlantide? Molti i luoghi dove ubicare una mitica civiltà Atlantidea. Tanti dove trovare traccia di una civiltà altamente tecnologica che avrebbe indotto un elevato grado di sviluppo in ogni parte del globo.

Una civiltà estinta in seguito ad un evento violento e repentino. Come del resto potrebbe benissimo accadere a noi, oggi, in seguito a violente eruzioni e terremoti, impatti con asteroidi di notevole mole, o qualunque altro fenomeno in grado di causare un disastro a livello globale con la conseguente estinzione dell’umanità.

Molti i luoghi indicati per un eventuale continente perduto; quello preferito sembra ubicato al di là dello stretto di Gibilterra. Ad Ovest di esso, nel golfo di Cadice, a 60 metri sotto il mare si trova l’isola di Spartel inabissatasi 12.000 anni fa in seguito a un grande terremoto e uno Tsunami.

Le rilevazioni effettuate dal geologo André Gutsher hanno rivelato che la zona è stata interessata da ben otto terremoti, quindi l’isola 12.000 anni fa poteva trovarsi 40 metri più in alto e avere un’estensione da 2 a 5 Km. I dati sarebbero confermati da Jaques Girard dell’Università di Aix en Provence. Sembra però che non siano state evidenziate strutture geometriche insolite che potrebbero avallare l’esistenza di una civiltà Atlantidea.

Quindi l’interrogativo rimane senza risposta.

Non fu solo Atlantide, o come veniva chiamato quel continente, a sprofondare sotto le acque del mare. La Siberia e l’Alaska erano collegate fra loro da una striscia di terra, non esisteva lo stretto di Bering, come non esisteva la Manica; il nord della Francia era unito all’Inghilterra. 18.000 anni fa la Corsica e la Sardegna erano un’unica isola; Malta era unita alla Sicilia a sua volta congiunta all’Italia da un lembo di terra di 90 Km.

Tutte le terre emerse erano più estese di quanto siano attualmente.

Oggi siamo in grado di mappare interi pianeti del nostro sistema solare, quali Venere con i suoi 225 milioni di Km2, ma non abbiamo ancora una mappa dettagliata della superficie esistente sotto gli oceani.

Eppure nel 1997 venne individuata sotto il mare una catena montana di 2000 Km con vette alte oltre 3000 metri; alla fine del’800 i lavori per la posa di cavi telegrafici sul fondo dell’oceano atlantico portarono alla luce dei campioni di roccia magmatica che dopo attente analisi si dimostrarono rocce di circa 15.000 anni fa solidificatesi all’aria aperta, cioè quando quella terra si trovava al di sopra del livello del mare.

A Sud Ovest delle Azzorre sono stati rinvenuti, a circa 80 metri di profondità, resti urbani consistenti in un tempio sostenuto da tre basamenti di nove colonne, che a sua volta sorregge un tetto di pietra di 6 metri per 9. Intorno i resti di 5 canali circolari, alcuni ponticelli e 4 anelli di strutture uguali al tempio.

Costruzioni sommerse sono state ritrovate anche nelle profondità del Titicaca. Una spedizione archeologica della Akakor Geographical Exploring, composta da italiani, brasiliani, boliviani, è impegnata da anni ad esplorare il fondo del lago situato a 4000 metri di altezza, con una superficie di ben 8700 Km2. Nel corso dei lavori sono stati rinvenuti a diverse profondità strade lastricate, muri, pavimentazioni, vasi di ceramica, strutture, un tempio, la testa di un idolo, un camminamento che collega al resto del continente l’Isola del Sole, circa 7-8.000 anni fa al disopra del livello delle acque, con i suoi 3 Km di lunghezza, e oggi a 75 metri sotto.

È stato recuperato, ad oltre 80 metri, un idolo d’oro di 35 chili (valore materiale 600.000 Euro, quello reale inestimabile).

Il gruppo ha infine accertato la veridicità di un racconto orale, tramandato nei secoli, nel quale si narra di una grotta dove si praticavano sacrifici umani che prevedevano l’uccisione di bambini, fino a 200 al giorno; è stata trovata la grotta e al suo interno le ossa di quei fanciulli.

Il Titicaca raggiunge la massima profondità a 287 metri, il robot si è spinto fino a 150; gli uomini, due italiani, Lorenzo Lapis e Emmanuele Gaddi, hanno stabilito il record di immersione in altitudine raggiungendo la profondità di 70 metri.

Da sottolineare la grande difficoltà di simili immersioni, in particolare in un lago che in caso di maltempo diviene più pericoloso di un oceano in tempesta.

Foto della missione non sono state pubblicizzate, a parte un video trasmesso da una televisione e diffuso da You Tube. Nella zona è stato anche esplorato il condotto che porta alla piramide Akapana. Dai video in rete si osserva un tunnel simile a quelli della piramide egizia, che consente il passaggio di una persona a carponi – quindi di circa un metro – con pareti ad angolo retto, perfettamente levigate dal cui soffitto pendono numerose stalattiti, a conferma del passaggio di acqua.

Tornando al mare, nelle vicinanze dell’isola di Tungchi sono state individuate le rovine di una costruzione lunga 100 metri, a 28 metri di profondità. Si tratta di un manufatto artificiale elevato sopra una base basaltica allineata lungo l’asse est-ovest e stimata antica di 13.000 anni.

Secondo leggende locali si tratterebbe dei resti del mitico regno di Mudalu esistente 15.000 anni fa. Un tempo zona di una civiltà tecnologicamente avanzata, in possesso di una forma di scrittura complessa, costituita da validi costruttori di megalitici monumenti e palazzi. Un popolo di cui non è mai stata trovata traccia, neanche sui libri di storia.

Fra 16.000 e 7.000 anni fa la fine dell’ultima glaciazione e il conseguente scioglimento dei ghiacci provocarono un notevole rialzamento del livello degli oceani di oltre 120 metri. Circa 25 milioni di km2 di terre abitabili furono invase e sommerse dalle acque.

Nei fondali del Mar Nero resti di un edificio che sembrerebbe essere stato sommerso proprio circa 11.600 anni fa dall’innalzamento repentino delle acque. A 90 metri di profondità e a circa 12 Km dalle coste turche sono stati scoperti una serie di manufatti in pietra ed un edificio rettangolare di 4 metri per 15, con mura costruite con un impasto di fango e canne; grandi tavole lavorate coprivano l’edificio, perfettamente conservato, date le particolari condizioni di tale mare prive d’ossigeno.

Vi sono luoghi sulla Terra non ancora setacciati e che nella ricerca della storia del pianeta e dei suoi abitanti potrebbero fornire nuove cronologie; il Sahara 4.000 anni fa non era un deserto e sotto le sue dune si cela gran parte della storia umana.

Gli scavi condotti ad Abido hanno riportato alla superficie navi capaci di affrontare qualsiasi tipo di oceano. Le navi sarebbero state sepolte alcuni secoli prima del 2675 a.C.; una nuova luce sulla storia del popolo che abitava un tempo quelle terre.

Va tenuto conto che l’innalzamento del livello degli oceani ha sommerso i resti delle civiltà all’epoca stanziate nelle pianure o nelle zone costiere.

La piattaforma continentale è alla stessa profondità sottomarina su tutto il globo e un tempo remoto doveva essere, almeno in parte, sopra il livello delle acque. Oggi presenta una pendenza costante fino a 200 metri circa sotto il livello del mare, poi scende quasi bruscamente a 1000 metri e via di nuovo più dolcemente fino alle profondità maggiori degli oceani. Risulta formata da depositi, fra cui anche sedimenti fluviali, alluvionali e morenici. Vi si riscontrano le tracce delle valli fluviali e torbiere sottomarine come nel Mare del Nord; combustibile fossile che si è formato 2.000.000 di anni fa dai detriti alluvionali della vegetazione lacustre presente al limite di zone paludose non sommerse. Sono stati rintracciati resti di animali non acquatici. Di conseguenza costruzioni, prima visibili, oggi si trovano sommerse o addirittura ricoperte dalla sabbia del fondale marino.

Ovunque sotto la superficie dell’oceano tracce, segni, strutture di pietra che testimoniano l’esistenza di una grande civiltà vissuta oltre 10.000 anni fa.

Nei primi mesi del 1977 l’eco scandaglio del peschereccio del capitano Don Henry rilevò a 450 metri di profondità, a sud ovest del banco di Caysal (Bermuda Banks), in una zona in cui il fondo marino risulta abbastanza pianeggiante, privo di conformazioni di rilievo, il profilo di una piramide di 140 metri, avente una base di 180 metri con un angolo di pendenza vicino a quello della piramide di Cheope. Un lato risulta sprofondato nella sabbia e più basso dell’altro. Si presume, quindi, che l’altezza della costruzione sia più elevata.

Nel 1978 Ari Marshall organizzò una spedizione a Caysal. Gli apparecchi confermarono la presenza di una formazione piramidale. Alcuni sommozzatori avrebbero inoltre osservato nella struttura fratture e fenditure regolari, a testimonianza che era costituita con grandi blocchi di pietra. Intorno ad essa altre costruzioni piramidali in rovina, alcune fra le tante disseminate in quel tratto di mare tra i Caraibi e le Bermuda.

Una conferma delle previsioni di Edgar Cayce che predisse l’affioramento delle rovine di Atlantide?

Nel famoso triangolo sono state avvistate piramidi da aerei che sorvolarono la zona fin dal dopo guerra.

Il 7 giugno 1948, Ed Wilson, candidato sindaco di Orlando in Florida, mentre pilotava un aereo Waco a un altezza di 15 metri dalla superficie dell’oceano, vide sotto le acque il fianco inclinato di un edificio che pareva una montagna. Si trattava, a suo dire, di un mostruoso edificio alto dai 30 ai 70 metri; i raggi del sole colpivano l’acqua secondo una inclinazione in modo che spiccasse la ciclopica costruzione.

Al largo della penisola di Guanahacabibes, estremo ovest di Cuba, a 750 metri di profondità, l’ingegnere navale sovietico Paulina Zelitski scoprì nel 2000, utilizzando il sonar del suo sistema informatico, strutture che occupano un’area di 20 Km2 del pavimento oceanico e formano un reticolato urbano che risalta sulla spianata di sabbia bianca, con i suoi muri ad angolo retto e le strade di collegamento tra gli edifici. Un regolare e ordinato groviglio di strade, vicoli, incroci e piramidi formate in maggior parte da megalitici blocchi di granito, tagliati e posizionati con cura, blocchi levigati eretti uno sull’altro in forme diverse e coperti da iscrizioni sconosciute, incisioni composte da simboli, croci ovali e gruppi di lettere presenti anche nelle caverne di superficie.

Strutture megalitiche che proverebbero l’esistenza di una civiltà sconosciuta, in possesso di tecnologie avanzate, vissuta migliaia di anni fa sopra un isola dell’arcipelago cubano, forse collegata alla penisola dello Yucatan distante 420 Km.

Nel 2001 un robot sottomarino equipaggiato con una telecamera subacquea ha filmato le strutture e rivelato forme cubiche e piramidali, traversate da grandi strade tipiche di un grosso centro urbano antico di almeno 6.000 anni.

Durante il mese di settembre 1968 l’equipe di Manson Valentine filmò, con il “Remora M114E”, un robot ideato da Dimitri Rebokoff, ingegnere specializzato nella fotografia sottomarina, a nord ovest di Bimini, nelle Bahamas, alcune strutture ciclopiche, a 6 metri sotto la superficie del mare, formate da blocchi di 5 metri di lunghezza e oltre un metro e mezzo di spessore, del peso di circa 5 tonnellate. Il muro formato dalle pietre è perfettamente eretto e allineato, con angoli a squadra nei tre assi. La datazione al radio carbonio delle torbiere sommerse ha fornito la data di 4700 anni alla profondità di 3 metri; 6.000 anni da 4 a 8 metri e 10.000 anni da 8 a 10 metri. Sul luogo presenti anche resti di colonne. Massi di cinque o quindici tonnellate prelevati negli anni dai fondali per costruire le ricche ville di Miami. Le conchiglie raccolte sotto di essi ne testimoniano la vetustà di 7.000 anni, nonché l’esistenza di una terra che si indica con la leggendaria Antilia.

Le analisi indicano che le strutture originali sembrano più antiche della piramide di Cheope e presentano con essa una straordinaria somiglianza, seppur di dimensioni ridotte. Vengono stimate antiche di 12.000 anni; alcune sono ancora sommerse e insabbiate sotto l’oceano.

Al largo dell’isola di North Bimini, (Bahamas), un allineamento di pietre, dalla forma rettangolare, si estende in linea retta per centinaia di metri a piccola profondità e ricorda una grande strada lastricata, che interseca e continua in altre pavimentazioni stradali fino ai resti di strutture dalla forma regolare. Pietre regolarmente distanziate, che in alcuni casi si estendono in linea retta per oltre 2,4 km, tagliando in diagonale antiche linee costiere.

La disposizione dei cerchi in pietra di Bimini somiglia ai labirinti di Kerama nel Pacifico e all’uovo, centro del mondo, dell’isola di Pasqua. I cerchi in pietra del labirinto di Kerama, alla profondità fra 27 e 33 metri, non hanno sciolto il dubbio sull’ipotesi della loro formazione: fenomeni naturali o opera umana?

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La disposizione delle pietre fa pensare a rovine sottomarine come Bimini e le Bahamas.

A riguardo è stato scritto: “I fori circolari sono situati sulla sommità di un piccolo castello a 5 e 20 metri sotto l’acqua, lontano dalla costa, esiste l’ipotesi che siano stati dei pozzi. Le isole sono state usate come cimiteri quindi è possibile che siano state tombe, una spiegazione logica considerando che alcuni hanno due camere, una verticale in basso e una orizzontale; un valido e semplice sistema per ricavare un secondo loculo nello stesso spazio senza danneggiare il primo.”

Sempre alle Bahamas, durante la ricerca di altre vestigia sotto i Carabi, è stata scoperta nel 2003, una grande struttura a pianta rettangolare situata in prossimità dell’isola di Andros, una costruzione di pietra, di circa 400 metri per 50, chiamata piattaforma di Andros composta di tre file di pietre di 15 metri di larghezza. Ogni fila comincia con una serie di grandi blocchi di 10 metri per 8 disposti fra loro con grande precisione e la maggior parte degli angoli perfettamente rettangolari. Gli spazi fra le file sono riempiti da pietre più piccole.

Blocchi di roccia di forma variabile, alcuni tronco-conici, altri cilindrici, alcuni con scanalature regolari verticali, come fossero frammenti di colonne.

Numerose rovine sono state avvistate un po’ ovunque nell’arcipelago delle Bahamas e anche altrove nei Carabi. Confermano l’esistenza di un’antica civiltà che può aver preceduto quella egizia di circa 5.000 anni.

In Giappone esistono piramidi a facce levigate. Nell’isola di Honsu, sul monte Kasagi, è stata rinvenuta una piramide monolitica che sembra la versione in miniatura della Grande Piramide egizia, è formata da un unico blocco granitico di 4,70 metri alto oltre 2 metri.

Blocchi monolitici perfettamente incastrati fra loro sono presenti anche nel palazzo imperiale di Tokyo e ricordano la stessa tecnologia delle costruzioni incaiche.

Nella foresta di Nabeyama due Menhir affiancati, con lo scopo di segnalare i solstizi e le eclissi, sono quanto rimane di un legame con la cultura neolitica europea ufficialmente sconosciuta a quella giapponese.

Tali corrispondenze sparse in tutto il globo evidenziano l’esistenza, in un remoto passato, di una cultura comune e di una civiltà che ha lasciato la sua impronta prima di sparire in circostanze misteriose.

Un’antica memoria storica che sta riemergendo dalle acque che l’hanno sommersa oltre 12.000 anni fa. Un popolo che aveva inglobato nei suoi domini anche il Giappone; una terra che ha avuto dodici dinastie di imperatori divini durante un lungo regno durato 18.000 anni. Una dominazione definita “cosmica” che vede, negli antenati, uomini bianchi capaci di soggiogare gli antichi Ainu e fondare la stirpe Yamato. Particolare confermato dagli etnologi che, attraverso analisi linguistiche, accertano un’affinità fra la lingua giapponese e quella babilonese. Una conferma della radice culturale comune antidiluviana fra le popolazioni antiche.

Le strutture scoperte sono situate al largo di Okinawa e nelle varie isole della catena di Ryukyu. La più pubblicizzata e spettacolare si trova a sud dell’isola di Yonaguni, a est di Taiwan e presenta una similitudine con gli Ziggurat babilonesi. Una struttura asimmetrica intagliata in titaniche pietre le cui facce appaiono essere accuratamente rifinite.

Un gigantesco “ziggurat” rettangolare in pietra formato da cinque livelli nel fondale del mare del Giappone, un monumento di 183 metri di larghezza e 27 di altezza, scoperto nel 1990, che testimonierebbe l’esistenza di una civilizzazione sconosciuta risalente all’età della pietra, questo è il parere degli archeologi. Sembra una struttura artificiale situata un tempo sopra la superficie e inabissatasi successivamente come testimonierebbe altra struttura simile ritrovata in zona con caratteristiche analoghe. Il prof Masaki Kimura, geologo dell’università di Ryukyu a Okinawa, ha stabilito che sono strutture artificiali erette dall’uomo consistenti in una serie di gradoni tagliati manualmente con motivi triangolari e romboidali; un intricato sistema di gradoni e terrazze. Nella parte orientale della piattaforma un canale, largo 75 centimetri, che corre per 8 metri dentro la struttura.

Quattro terrazze scavate nella roccia che puntano in direzioni diverse e una di queste termina in un fossato aperto che scende fino al fondale, con un orientamento est-ovest. Il lato occidentale della struttura è racchiuso da un muro formato da grossi blocchi di pietra calcarea che non è originaria della zona.

Un sentiero largo più di 10 metri pavimentato con pietre e che presenta anche tracce di riparazioni gira tutto intorno alla base del monumento.

Nella zona della piramide sono stati ritrovati arnesi da lavoro e tavolette con incisioni indecifrate, un rilievo a forma di tartaruga e prove dell’uso del fuoco.

A ovest si trova l’area del “Palazzo”, con corridoi sottomarini e spaziose camere dai muri e soffitti megalitici, architravi, scalinate, condotti e tunnel, lastre e solchi.

I margini presentano un taglio netto, massicce le strutture rettilinee; notevole il particolare macigno scavato a parallelepipedo conosciuto come il “palco di pietra”.

Altrettanto curiosa e particolare la forma di alcune pietre che ricordano il disegno del guscio della tartaruga.

Le analisi confermano che il complesso sottomarino di Ryukyu sia stato un sito religioso e cerimoniale simile a siti archeologici presenti in altre parti, in particolare alla città Inca di Pachacamac in Perù; quindi opera di un popolo con un alto grado si conoscenza tecnologica. Il sito è databile fra l’8.000 e il 12.000 a.C.; per molti più antico delle piramidi egizie rilevando la presenza di una civiltà evoluta scomparsa con il diluvio.

Nelle vicinanze sono state trovate altre strutture, di 10 metri per 2, che includono strade pavimentate e scalinate che conducono a grandi piazze, piloni, incroci e enormi altari.

Dagli esperti viene escluso un processo di erosione; si pensa che la regione sia sprofondata all’epoca dell’ultimo periodo glaciale quando, secondo la scienza moderna, gli esseri umani erano ancora allo stato primitivo e nell’impossibilità di erigere simili strutture piramidali.

Alla profondità di 25 e 30 metri nella zona di Taiwan si trovano alcuni muri piatti di roccia che si estendono per oltre 100 metri, alti un metro e larghi 50 centimetri. Rovine che potrebbero essere quelle della leggendaria e perduta civiltà di Penghu protagonista dei miti antichi di 7.000 e 12.000 anni. Resti classificati simili quelli di un’antica villa sotto marina di Hujing.

I muri sono disposti nella direzione est ovest, alcune sezioni hanno lastre arrotondate lungo una formazione lineare, prova del lavoro dell’uomo. Il prof. Tsao Nu-chung, capo della sezione di inchiesta geologica di Taiwan ha dichiarato che il basalto e altri tipi di lava vulcanica possono ugualmente creare formazioni lineari dovuti ai giochi dell’acqua.

I pescatori hanno sempre narrato di strutture sommerse somiglianti a templi con estese mura rosse.

L’antico muro è a forma di croce posizionato con esattezza lungo la linea nord-sud, costruito in basalto, corre per 160 metri da ovest a est e 189 dal nord al sud; alto 15 metri, spesso circa un 1,5 nella parte alta e 2,5 metri in quella bassa.

Alcune parti risultano erose per cui non eguali, il diametro del muro esterno di circa 20 metri quello interno di 15. Un’opera dell’uomo composta da pietre di taglia similare con superfici piatte e levigate, angoli diritti come le costruzioni attuali.

Esempio di altre costruzioni megalitiche poste sotto e sopra l’oceano la casa in pietra di Taga.

Alle Marianne le rovine di grandi pilastri in pietra, composti da sei a quattordici blocchi, somigliano a funghi disposte in doppie file. L’isola di Tinian ha due grandi megaliti di corallo ognuno di circa 30 tonnellate, con una circonferenza di 5,5 metri, un’altezza di oltre 3,5 metri.

Il sito di Nan-Madol sull’isola di Ponape presenta costruzioni megalitiche costituite da blocchi di basalto formati da prismi esagonali disposti a croce di 12 metri di altezza e 5 di spessore trasportati sul posto da altre isole lontane più di 15 miglia. Al largo di Pohnpei, a 54° da Angkor, si trovano numerose isole artificiali costruite con basalto e corallo.

La struttura più grande è orientata verso i quattro punti cardinali e l’ingresso a ovest all’interno una collina a forma di piramide con pareti di megaliti in basalto lunghi 6 metri, del peso di 50 tonnellate.

Il sito è percorso da un sistema di canali simili a quelli di Angkor. Intorno vaste rovine subacquee. Si racconta che i blocchi furono trasportati da divinità dotate di poteri magici e gli spiriti abiterebbero ancora quei luoghi, tanto che gli abitanti di Phonpei non osano avventurarsi sulle isole di Nan Madol che si dice costruita sopra le rovine di un’antica città degli Dèi sommersa sotto l’oceano.

Ben conosciute le vestigia della città d’Insaru, sull’isola di Lelu, est delle Caroline, consistenti in mura di enormi piramidi di basalto posizionate intorno ad un sistema di canali. Rovine molto simili a quelle di Nan Madol ma meno estese.

Un mistero insoluto la provenienza delle pietre, anche qui si narrano leggende che contemplano maghi in grado di erigere simili costruzioni in una sola notte.

Nell’isola di Palau a ovest delle Caroline si osservano colline a terrazze formate da costruzioni piramidali; nessuno sa perché siano state costruite.

Il sito megalitico di Bairulchan sull’isola di Babeldaob possiede due file di 37 grandi monoliti di basalto, il più grande pesa oltre 3 tonnellate.

Sull’isola dei Pini, in Melanesia, sono presenti 400 grandi tumuli risalenti a 3.000 anni, con un diametro che varia da 9 a 50 metri, alti fino a 4,5 metri, costituiti da un composto di macerie, terra, grani di corallo, ossido di ferro. Altri da cemento formato con calce e conchiglie. Secondo gli archeologi sarebbero stati costruiti da uccelli di grande mole oggi estinti. Un’ipotesi che non fornisce una risposta esauriente.

40 templi piramidali alti da 3 a 9 metri, larghi fino a 18 e lunghi da 30 a 60 con tracce di strade pavimentate che conducono verso il mare, dove si interrompono bruscamente, si possono osservare sull’isola disabitata di Malden nella repubblica del Kiribati.

Una megalitica strada antica sull’isola di Rarotonga, la più grande delle isole di Cook, congiunge piattaforme piramidali sparse ovunque, alcuni tratti della strada sono pavimentati con lastre, ma la parte maggiore è coperta di asfalto.

In tutta la Polinesia sono presenti piattaforme piramidali su alcune delle quali sono state ricostruite abitazioni e centri religiosi pubblici, altre piattaforme sono considerate sacri tabù e precluse al pubblico. Alcune sono di 120 metri per 30, formate da blocchi ciclopici del peso di 10 tonnellate.

Ritornando verso l’oceano Indiano e confrontando le coste attuali dell’India, con quelle segnate nelle antiche carte e quelle che segnalano le inondazioni avvenute nel tempo nella zona, si evidenzia facilmente la striscia costiera di 11.000 anni fa; ben 100 Km si trovano attualmente a 23 metri sotto il livello del mare.

Il golfo di Cambay era una fertile pianura e la città di Dwarka si trovava a 100 Km dall’oceano; l’odierna Surat si sarebbe trovata a 700 Km dal mare. Lo stesso dicasi per Poompuhur, anch’essa 100 Km lontana dalle acque e Mahabalipuram a 50 Km.

Sul fondo di Cambay, a 40 Km dalla costa, alla profondità di 30 e 40 metri, i ricercatori dell’Istituto Nazionale della Tecnologia Oceanica, hanno esplorato i resti di una città che copre una superficie di 9 Km, con mura di 3 metri, una diga di 600 metri, le tracce di antichi fiumi; hanno recuperato migliaia di oggetti, gioielli, attrezzi, resti umani, che datano il sito a 9.500 anni fa. Un fatto che, ripensando alla cronologia storica della civiltà umana, fa riflettere profondamente.

Le stesse Maldive comprendevano migliaia di chilometri di terre emerse, un vasto arcipelago di grandi isole sulle quali s’innalzavano grandi piramidi adesso sul fondo dell’oceano, delle quali rimangono alcune rovine all’interno di alcune isole. Il territorio di Sri Lanka era unito alla penisola indiana dalla valle che adesso si trova sotto lo stretto di Palk.

Un’immagine satellitare della NASA di un antico ponte subacqueo di 30 Km nello stretto di Palk, fra l’India e Sri Lanka, rivela, dalla curvatura e dalla composizione, l’esistenza di un collegamento artificiale, fra la città indiana di Rameshwaram e il litorale dell’isola di Sri Lanka, dove secondo antiche scritture, leggende e studi archeologici condotti nell’area, risulterebbe che i primi abitanti apparvero 1.750.000 anni fa circa; la stessa età del ponte. Nel Ramayama si accenna a tale collegamento la cui costruzione sembra sia stata ordinata da Rama durante il Treta Yuga proprio 1.750.000 anni fa.

Nel Ramayama il racconto della sua costruzione: “Per costruire un ponte oltre il mare, orsi e scimmie scagliarono in acqua alberi e rocce, Rama li fece galleggiare mentre gli Dei osservavano gli eserciti di scimmie che attraversavano il mare passando sul ponte di Rama.”

Lo Tsunami di alcuni anni fa ha fatto scoprire resti di antichi templi e centinaia di blocchi, antiche rovine di una città, attirando archeologi e turisti nell’antico centro leggendario di Mahabalipuram; un antico porto e capitale di un regno famoso – per i templi indù elaborati – che svolgeva commerci con la Cina e l’Asia fino a 1300 anni fa.

Un’antica città con decine di templi coperti da sculture; famosa per le leggendarie Sette Pagode, talmente belle che gli dei invidiosi distrussero provocando un tremendo maremoto.

Muri, blocchi di pietra perfettamente tagliati, di varie dimensioni, alcuni molto grandi, con forme perfette, allineati e lavorati da individui con notevoli cognizioni tecnologiche e sistemati in un preciso ordine; sono stati ritrovati dall’archeologo Alok Tripathy dell’Archeological Survey dell’India.

Nei resoconti dl 1770 si sospettava l’esistenza strutture sommerse davanti alla costa perché la risacca ancora oggi si infrange al largo e gli abitanti narrano di una magnifica e vasta città con pagode dai tetti d’oro che ancora nell’ottocento capitava di intravedere tra i flutti e che adesso sono nascoste dalla sabbia del fondo dell’oceano.

I pescatori hanno sempre saputo trovano le rovine sommerse in quanto intorno ad esse vivono e prolificano migliaia di pesci, la cui pesca rappresenta una risorsa fondamentale per la loro sopravvivenza.

Una leggenda racconta della guerra contro Krishna, re di Dwarka, scatenata da Banasura, figlio di Bali fondatore della città, per difendere la reputazione di sua figlia che si diceva sedotta con un sotterfugio da Aniruchela, nipote di Krishna. Shiva stesso combatté al fianco di Banasura, ma Krishna ebbe la meglio. Seguì un periodo di pace durante il quale il successore al trono di Mahabalipuram fu condotto sotto mentite spoglie alla corte di Indra. Ciò che vide lo spinse a trasformare la sua Mahabalipuram nella città più bella della terra suscitando le invidie degli Dèi, i quali, riunitisi in conclave e incitati da Indra, ordinarono al dio del mare di inondare il luogo.

Il mito, pubblicato solo nel 1700 quando ancora non erano state lette le antiche iscrizioni mesopotamiche, presenta notevoli similitudini con il testo sumero del diluvio dove troviamo Dei adirati con gli uomini. Secondo il mito indiano la vicenda aveva luogo all’alba del Kali Yuga, un’epoca, quella in cui attualmente viviamo, considerata dai Veda un’età di tenebre spirituali, ricolma della peggior specie della crudeltà umana.

Approfittando per una breve digressione sull’Egitto tirato in ballo in occasione di una News riguardante la Sfinge ho lasciato di parlare per ultimo delle rovine dei grandi monumenti – eretti in Egitto nel 331 a.C. da Alessandro – attualmente anch’essi sotto il mare.

L’Egitto è da sempre considerato, a torto o a ragione, la terra che racchiude il mistero della civiltà. I suoi monumenti di pietra continuano ad affascinare l’uomo, a creare scenari fantastici. Inutile negare che la sua storia, i suoi miti, usi e costumi hanno condizionato e influenzato il pensiero umano. Cercare fra quelle pietre e sotto quelle sabbie provando a ricostruire il fasto della sua antichità, riportare alla luce la sua grande conoscenza, non deve far sentire nessuno defraudato o offeso; non squalifica, né depaupera il popolo egizio della sua antica storia.

La storia di quella terra è la storia dell’intera umanità, la nostra storia. L’uomo ha il diritto di conoscerla; rappresenta uno dei tasselli del grande puzzle, che una volta completato, contribuirà a comprendere la nostra permanenza su questo pianeta.

Pochi sono però interessati a ricostruire il passato, dato che per testimonianze dirette veniamo a sapere dell’esistenza nei sotterranei e nei magazzini del Museo dell’antichità di Berlino di “una grande quantità di manufatti egizi ancora imballati così come erano giunti dall’Egitto. Oggetti che possono contenere indizi su quella civiltà e sui suoi segreti.” ( Bauval – La Camera segreta – pag. 83)

Riportiamo un sunto di quanto è stato scritto, da eminenti storici e ricercatori, riguardo ad Alessandria, perla del Mediterraneo, sede di una delle sette meraviglie del mondo, un faro di 130 metri, la cui luce prodotta bruciando legname veniva amplificata attraverso un sistema di specchi in modo da essere visibile a grandi distanze.

Nel primo secolo dopo Cristo tutta la terra Egizia era prospera e il porto di Alessandria era il centro più ricco, urbanizzato, culturale e civilizzato del mondo, un crocevia commerciale senza uguali, dove vivevano a stretto contatto 500.000 individui fra ebrei, egiziani, galli, nubiani e persiani.

La città contava oltre 800 taverne, 1500 centri termali, oltre 2400 templi, decine di migliaia di abitazioni, teatri, uno stadio per i giochi, un enorme mercato, parchi pubblici.

Numerosi i monumenti di rinomata architettura per la cui costruzione era stato impiegato tanto di quel marmo da abbagliare la vista quando veniva illuminato dal sole.

I due obelischi che erano situati davanti al tempio di Augusto si trovano attualmente sull’Embankment di Londra e al Central Park di New York.

Non era solo il Faro di Pharos la sua principale attrazione; c’era il sarcofago d’oro di Alessandro Magno e la famosa Biblioteca Alessandrina, chiamata Museion, frequentata da studiosi quali Euclide e Archimede; la più grande del mondo antico, dove studiosi, sovvenzionati con alloggio e pasti gratuiti, erano impegnati nelle traduzioni dei poemi di Zaratustra e della Bibbia.

La biblioteca contava una raccolta di libri e testi antichi che l’avevano consacrata come la sede suprema del sapere del mondo classico. In pratica era come se Oxford, Cambridge, Harward, Yale, La Sorbona e la Scuola di Belle Arti si fondessero in una sola.

Era stato disposto dal faraone che tutti i libri trovati sulle navi di passaggio fossero copiati e gli originali conservati nella Biblioteca; disposti in ordine sugli scaffali, nelle nicchie, catalogati e etichettati. Oltre 500.000 fra libri e rotoli.

In quel luogo Eratostene calcolò le dimensioni della Terra, Euclide scrisse libri di geometria, Ipparco elaborò la precessione stellare e i cataloghi delle magnitudini e coordinate stellari, Galeno i libri di medicina e terapia in uso in Europa fino al sedicesimo secolo; qui gli studiosi stabilirono le basi della matematica, fisica, astronomia, letteratura, geografia e medicina.

Le fonti di tutto questo sapere furono scritti egizi, compilati in copto e in geroglifici. Papiri, tavolette, steli, pareti di templi, tombe, santuari e piramidi, formarono quella che Bauval definisce una “Grande Camera degli Archivi”.

Fonti che spinsero San Clemente di Alessandria a indicare l’Egitto madre dei maghi, in quanto secondo il santo gli egizi possedevano quarantadue libri del sapere scritti da Thoth conservati nelle camere segrete dei templi custoditi da sempre dai sacerdoti, custodi della conoscenza.

Di conseguenza viene ipotizzato che il Museion custodisse copie di tali libri. Ipotesi che non potrà mai essere provata o confutata in quanto la stupidità umana, divampata in un insensato incendio, ha privato l’umanità di quello che è stato considerato il più vasto tesoro intellettuale della storia.

Questa è storicamente Alessandria.

Oggi le rovine dell’antica città giacciono nei fondali del porto dove sono stati identificati blocchi di sessanta tonnellate posti in linea retta ritenuti parte dell’antico faro crollato in seguito ad un terremoto; compreso il basamento descritto da Strabone. L’archeologo francese Frank Goddio ha identificato nei resti di un grosso edificio il palazzo reale dei Tolomei e di Cleopatra.

Sono state ritrovate anche le antiche strutture di Herakleion, che ha preceduto Alessandria, e nella zona è stato allestito il primo Museo archeologico subacqueo. Gli altri reperti si trovano a Berlino e a Parigi. Ben visibili i ciclopici blocchi del faro, le statue greche e romane, busti, sfingi, colonne, capitelli, i resti del palazzo reale, sparsi nella sabbia insieme a monete luccicanti.

Dunque l’altra faccia della storia umana, l’altra parte, si cela sotto il fondo degli oceani, nascosta nella sabbia dove si perdono i solchi di carri, profondi fino a un metro, che in superficie si interrompono sulle vertiginose scogliere che si stagliano centinaia di metri sopra il mare. Profonde incisioni nella roccia, “binari”, inquietanti interrogativi che nemmeno le più fervide fantasie riescono a spiegare.

Resti sommersi di antiche strutture che riemergono dagli abissi come fantasmi per riscrivere una storia dimenticata, ci parlano di una civiltà perduta, rimasta senza nome, cancellata dalla furia delle acque

AZTLAN

0110 AZTLANDa Solone a Brasseur:

Solone,si dice che durante un suo viaggio in Egitto, venne a conoscenza di una guerra combattuta tanto tempo prima tra gli antenati degli ateniesi e gli atlantidei, abitanti di un’isola continente situata oltre lo stretto di Gibilterra.

Secondo i sacerdoti egizi Atlantide sarebbe stata una monarchia molto potente e con tendenze espansioniste, che governava, oltre al continente omonimo, anche una vasta parte dei territori africani ed europei fino all’Egitto e all’Italia.

Le sue mire vennero fermate appunto nel corso della guerra con Atene, dopo la quale si verificò un immenso cataclisma che distrusse l’esercito ateniese e fece inabissare in un solo giorno il continente in mare.

La veridicità del racconto di Platone venne negata dal suo allievo Aristotele, ma altri nell’antichità lo accettarono come un fatto storico, dando di fatto inizio a un dibattito che continua tuttora.

In seguito le prime novità oltre ai dialoghi di Platone cominciarono nella prima metà del XVI sec., quando si iniziò a parlare di un’origine atlantidea delle civiltà americane appena scoperte.

Nel XIX secolo poi, l’abate fiammingo Charles Brasseur tentò una traduzione di uno dei pochi codici Maya sopravvissuti alla distruzione a opera dei colonizzatori spagnoli. Ne venne fuori la sorprendente descrizione di un grande cataclisma molto simile nel periodo e nello svolgimento a quello raccontato da Platone nei suoi dialoghi.

Brasseur indica con Mu il nome di questo continente, sostenendo che si tratti della denominazione Maya per Atlantide. Attraverso successive modifiche si giunse all’interpretazione di James Churchward, nella prima metà del Novecento, che collocò Mu nell’Oceano Pacifico e immaginò Atlantide come una sua colonia. Successivamente le due vennero interpretate come civiltà distinte.

L’interpretazione dello stesso Brasseur fu anch’essa modificata e ampliata in seguito, cercando di fornire prove che questa civiltà sia stata all’origine delle successive civiltà umane e dei loro miti riguardanti un’epoca prospera e felice interrotta all’improvviso da un diluvio.

Questa teoria è stata ripresa più recentemente da altri autori che ipotizzano come causa del cataclisma la caduta di un asteroide sulla Terra.

La tecnologia di Atlantide secondo Cayce:

La teoria che più affascina, resta quella del veggente più famoso del XX secolo, Edgar Cayce. Cayce nacque da una modesta famiglia nel 1877, ben presto sviluppò poteri paranormali, prescrivendo nel sonno rimedi a pazienti che neanche conosceva. Sempre nel sonno rivelò che l’anima di ognuno di noi è eterna e che di solito ha vissuto numerose vite sulla terra. Ed è proprio grazie alle vite precedenti di alcuni di noi che i dati di Cayce aggiungono un risvolto inedito al racconto di Platone sul Continente Perduto, raccontando come i superstiti di Atlantide raggiunsero, nel tentativo di fuggire, le coste dell’Egitto e dell’America Centrale.

Alcune rivelazioni fatte a Cayce furono clamorose: sembra che l’antico continente, infatti, disponesse di una tecnologia avanzatissima, capace di sviluppare enormi fonti di energia, allo scopo di alimentare intere città, mezzi volanti e armi terrificanti. Va considerato che Cayce, parlando di Atlantide, menzionò “Televisori, aeromobili da trasporto e raggi di luce distruttivi” negli anni ’30, quando questi strumenti ancora non esistevano. Secondo il sensitivo, alla base della tecnologia atlantidea vi erano dei cristalli la cui struttura atomica sarebbe stata modificata per imbrigliare e condurre enormi quantitativi di energia, assorbita dal suolo, dal mare, dal sole e dalle stelle, come una sorta di enorme “Onda Tesla”. Spesso questi cristalli erano situati all’interno di edifici simili a templi, studiati per accrescere il potenziale dei cristalli.

Atlantide è stata poi collocata nei posti più diversi del globo, ma da nessuna parte se ne riesce a trovare uno che non cozzi contro la teoria della deriva dei continenti o con altre prove geologiche. L’ultimo punto, e più significativo, riguarda le ricerche fatte nei fondali oceanici. Questi ultimi sono, infatti, composti soprattutto di basalto, mentre al contrario i continenti sono caratterizzati da una netta prevalenza di rocce granitiche. Una vasta massa continentale quindi dovrebbe poter essere facilmente individuabile dalla sua composizione geologica, ma nonostante tutti i rilevamenti fatti non si è trovata nessuna zona con caratteristiche compatibili con quelle di un continente.

La camera segreta della Sfinge

Da quello che ricordo avendo guardato tempo fa alcuni documentari, ci sono archeologi che affermano l’esistenza di una camera segreta sotto le zampe della Sfinge. La stanza dovrebbe contenere documenti sulle origini della cultura egizia e sull’esistenza di una civiltà antidiluviana,appunto gli abitanti di Atlantide.

Lo stesso Cayce, sempre in trance, descrisse perfettamente l’interno delle stanze delle piramidi a Giza, sia quelle già scoperte che quelle ancora da aprire.

Tutte fantasie? Probabile. Ma, a prescindere dai testi esoterici, la possibilità che Atlantide sia veramente esistita è sempre più verosimile e l’umanità dovrebbe riappropriarsi di quella fetta scomparsa e dimenticata del suo passato.

Infatti già diversi archeologi prendono in considerazione l’ipotesi che la vicenda del continente perduto non sia altro che la descrizione (distorta a fini letterari) della scomparsa civiltà cretese. La teoria presuppone che l’isola si trovi nel cuore del Mediterraneo.

Nel 1967 l’archeologo greco Marinatos portò alla luce sull’isola di Santorini, nel Mare Egeo, i resti di insediamenti umani risalenti al 2500 a. C. L’isola, si chiamava Thera, era abitata da una civiltà fiorente evolutasi in completa autonomia che intratteneva un fiorente commercio con la civiltà minoica e con altri paesi dell’Egeo. Thera fu abbandonata improvvisamente intorno al 1520, in seguito ad un violento terremoto, e la popolazione ritenne opportuno imbarcarsi con i propri averi e migrare in luoghi più sicuri. Poco dopo vi fu un’eruzione vulcanica e infine l’isola esplose con un impressionante boato udito a oltre 3.000 km di distanza. L’eruzione, seppellì completamente la città abbandonata e coprì vaste zone dell’isola con uno strato di cenere di circa 30 metri. Quarant’anni dopo il cono del vulcano sprofondò in mare sollevando altissime onde che, secondo alcuni, furono la causa della distruzione repentina della civiltà di Creta. A credere nell’Atlantide mediterranea sono in molti, Il sismologo greco Galanopoulos, ad esempio, sostiene che i 9.000 anni prima di Solone menzionati da Platone fanno coincidere l’Atlantide con Thera, se togliamo da quel numero uno zero. E infatti 900 anni prima di Solone avvenne l’eruzione di Thera.

Ma per avvalorare questa tesi bisognerebbe ignorare i dettagli forniti nella descrizione di Platone, il primo fra tutti: il riferimento ad un’isola oceanica.

E su questo punto sono concordi alcuni studiosi, in quanto sostengono che dove oggi ci sono gli oceani, un tempo potevano esserci ampi lembi di terraferma in seguito inabissatisi. Con queste supposizioni l’Atlantide appare più verosimile.

Ammettendo che sia così, come mai Atlantide sarebbe stata inghiottita dalle acque?

Secondo lo studioso russo Jirov, la risposta è da cercare nella struttura dei fondali oceanici. Rilievi geologici hanno infatti dimostrato che le basi della catena sommersa Nord atlantica sono composte prevalentemente di basalto. Qualsiasi terreno basaltico in prossimità di un oceano tende a essere instabile e dopo essere emerso dalle acque può sprofondare. I continenti più antichi sono invece composti di granito, una roccia molto più solida e meno instabile. A questo punto si pensa che, l’Atlantide doveva essere un continente molto giovane (geologicamente, si intende) ed era quindi condannato fin dall’inizio.

Le prove a favore della possibile esistenza di un continente in mezzo all’Atlantico non sarebbero solo geologiche. Anche la biologia può aiutarci a chiarire il mistero.

Da sempre, infatti sono osservabili analogie tra la fauna delle Azzorre, di Madera, delle isole Canarie, di Capo Verde, delle Antille e quella dell’America Centrale. Molte specie di farfalle, di lombrichi e di formiche tipiche delle Azzorre e delle Canarie si trovano infatti anche in America. La foca dal ventre bianco è una specie che non frequenta il mare aperto, ma rimane vicino alle coste. Troviamo esemplari di questa specie sia nel Mediterraneo che in America. Gli antenati di questa foca hanno seguito forse una costa che oggi non esiste più?

E che dire dell’enigma degli elefanti? Platone cita tra gli animali che si trovavano in Atlantide, proprio i pachidermi che hanno avuto origine in America. Nel mondo antico questa specie non esisteva, mentre compare più tardi in Africa. In che modo è avvenuta questa migrazione? Attraverso ponti di terra nell’Atlantico?

Certi animali, poi, avrebbero fatto il viaggio opposto; basta pensare all’antilope, originaria dell’Africa, ma presente anche sugli altipiani della Sierra Nevada.

Le stesse implicazioni valgono per la flora. I botanici Ungeer e Osvaldo Herr forniscono infatti ulteriori elementi per dimostrare l’esistenza di un continente terziario. La similitudine tra la flora miocenica dell’Europa Centrale e quella attuale dell’America Orientale è sorprendente e dimostra che certe piante sono migrate da un continente all’altro.

Purtroppo per dare concretezza a queste teorie ci vorrebbero delle prove tangibili, cosa che non c’è, se non solo qualche presenza di resti archeologici sul fondo dell’oceano.

Infatti nel 1968 il naturalista Manson Valentine, scopri che sott’acqua al largo dell’isola di Bimini (Bahamas) esistono delle grandi pietre piatte e allineate tipo pavimento.

All’epoca il caso fece scalpore, tanto che si organizzarono diverse spedizioni archeologiche. Alcuni esperti giunsero alla conclusione (presa in modo frettoloso) che si trattava di formazioni calcaree naturali.

Ma tanto per cambiare ancora una volta i russi con delle nuove scoperte smentirono l’ipotesi delle formazioni calcaree.

Intanto strutture di questo tipo sono state avvistate un po’ ovunque nell’arcipelago delle Bahamas e anche nei Caraibi,dando adito a voci sempre più insistenti sull’esistenza di un’antichissima civiltà che, spesso viene identificata con la mitica Atlantide. Molte di queste strutture sono semplicemente disegni di forma regolare (ad es. rettangoli) sul fondo del mare. La struttura di questi disegni è costituita da vegetazione marina e sabbia, ciononostante essi potrebbero segnalare la presenza di strutture artificiali sepolte dalla sabbia e dai sedimenti.

Ne 2001 al largo di Cuba sono state rilevate alcune strutture sommerse, sono state descritte come “un’enorme pianoro con chiare immagini di ciò che appare come grandi strutture architettoniche create dall’uomo, parzialmente ricoperte dalla sabbia. Le forme delle strutture assomigliano a piramidi, strade ed edifici”.

Atlantide, civiltà Atlantidee e diluvio universale

by misteri on mag.13, 2009, under Civilta Perdute – Atlantide

Gli sconvolgimenti globali di 11600 anni fa

Sembra che circa 11600 anni fa un grande asteroide sia caduto sulla Terra, generando un cataclisma che sconvolse l’intero pianeta, e con violenti terremoti, terribili eruzioni vulcaniche, piogge a dirotto, inondazioni immense e l’innalzamento dei mari. Ma anche no.

L’evento sembra essere documentato da alcuni eventi. Parte della mega fauna esistente circa 11600 anni sembra scomparire improvvisamente in tutti i luoghi del globo terrestre in cui esisteva. Piante ed animali come Mammut, tigri dai denti a sciabola, cervi giganti, sembrano scomparire all’improvviso, da un giorno all’altro. E sembrano risalire sempre alla catastrofe di 11600 anni fa molti animali le cui carcasse furono travolte da immani piene, portati per lunghe distanze, ammassate nelle gole dei fiumi e nei fondovalle, sepolti da una coltre di fango insieme ad alberi e piante. Anche molti massi erratici risultano trasportati da immani inondazioni.

Molti scienziati hanno scoperto ampie zone, ora sepolte sotto l’oceano, che fino a 11600 anni fa formavano dei veri e propri subcontinenti, come il caso del subcontinente fra la Siberia e l’Alaska, il quale abbondava di vita selvaggia, e il subcontinente della Beringia tra l’America settentrionale e l’Asia, anch’esso popolato di abbondante fauna che fu sterminata da un evento catastrofico.

Una delle conseguenze del cataclisma di circa 11600 anni fa sembra essere anche la fine dell’era glaciale, almeno per come la intendiamo noi.

Il grosso asteroide colpì la Terra in una zona marina, causando anche le famose inondazioni gigantesche che sono ricordate dalle tradizioni di tutto il mondo come il “Diluvio” o “Diluvio Universale” (e l’espressione Diluvio Universale è abbastanza esatta). Un caso precedente fu l’asteroide che 65 milioni di anni fa, cadendo nel Golfo del Messico, provocò l’estinzione dei Dinosauri.

Tuttavia è possibile affermare che l’asteroide che colpì la Terra 11600 anni fa non era un singolo blocco ma era composto di più blocchi. Infatti ci sono tracce evidenti di un corpo celeste frantumatosi durante la caduta sulla terra, dopo essere entrato in collisione con un altro asteroide. Frammenti di questo asteroide colpirono anche la terra ferma, tanto è vero che i crateri di questi impatti furono scoperti da indagini aeree del 1930 nella zona della Carolina del Sud, in cui risultano esistenti nella zona un’infinità di crateri di forma ellittica. Tali crateri da impatto risalirebbero proprio a circa 11600 anni fa. Il frammento più grande di questo asteroide dovette cadere in un punto dell’oceano Atlantico a nord-est del Mar dei Sargassi, e provocò una serie di sconvolgimenti che devastarono il pianeta.

È stato possibile rilevare le tracce delle catastrofiche mega-onde originatesi dagli oceani come delle creste ad anelli concentrici, vicino ed intorno alle regioni polari. Ciò che di eroso ormai rimane, viene identificato come creste di archi morenici sviluppati parallelamente alle estremità di precedenti livelli di ghiacciai in ritiro. Quindi la direzione degli archi morenici può svelare un determinato punto d’ origine per questi enormi movimenti. Tutti i punti iniziali di spostamento morenico di 11600 anni fa non giacciono su montagne ma nel mare artico e nelle profondità della regione artico-centrale.

Quindi è possibile dire che l’asteroide o la parte più grande di esso che colpì la Terra 11600 anni fa andò a cadere nel mare artico.

Un’altra traccia delle mega-ondate prodotte dall’impatto dell’asteroide sono i laghi del tardo pleistocene che ora non esistono più. A causa delle mega-ondate planetarie questi laghi sorsero quasi istantaneamente nel bacino del Mar Nero, del Mar Caspio, nel Mare di Aral, si formarono i laghi Yenesei e Masijskoe, grandi laghi apparvero in Dzungaria e anche in Mongolia.

Spiagge di tutto il mondo conservano tracce di quel momento catastrofico quando il livello delle acque oceaniche diventò improvvisamente considerevolmente più alto di quello attuale. Ritirandosi, le acque hanno lasciato terrapieni lungo le rive di tutti gli oceani, laghi e fiumi.

Altre evidenti e chiare tracce di mega-onde catastrofiche da questi centri, sono rappresentate da creste parallele che si estendono nell’ Eurasia in un’area non inferiore a 10 milioni di km quadrati per una lunghezza da 5000 a 7000 km e una larghezza di oltre 1000 km.

L’impatto con la Terra di 11600 anni fa oltre agli effetti qui ricordati, provocò anche delle enormi fratture della crosta terrestre. Una di queste fratture è ancora visibile oggi nella Rift Valley africana: una fessura che si estende per oltre 4800 km dalla Siria al Mozambico, la cui larghezza varia da pochi chilometri a più di 160 km.

La scomparsa di Atlantide e di civiltà Atlantidee

Anche le avanzate civiltà umane esistenti a quel tempo furono praticamente spazzate via dai cataclismi che avvennero circa 11600 anni fa. Ma anche no.

Potenti terremoti, eruzioni vulcani, sconvolgimenti climatici, diluvi d’acqua dal cielo e soprattutto incredibili inondazioni spazzarono via intere civiltà di quel tempo.

Immense ondate gigantesche percorsero tutto il globo e si abbatterono sulle coste e penetrarono sino all’interno abbattendo, distruggendo e ricoprendo tutto ciò che incontrano. Tale ondate non si sollevarono come creste, come fanno le onde normali, ma si spostarono uniformemente come un unico muro, gigantesco, d’acqua, con acqua ancora più alta dietro di loro.

Questa catastrofe terrestre è ancora ricordata oggi da molte popolazioni da ben 70 leggende tramandate da generazione in generazione. In esse viene anche ricordato la scomparsa di una terre abitate da civiltà evolute: si tratta di Atlantide e delle altre civiltà esistenti in quel tempo, come Lemuria e Mu (anche se questi nomi sono probabilmente di fantasia e non corrispondono a quelli reali). Queste tre civiltà prosperavano su grandi isole e penisole (e non su continenti come si crede) che furono sommerse e di cui oggi rimangono visibili solo le zone più elevate.

Di queste civiltà ne parla anche Platone e colloca in modo preciso la scomparsa di Atlantide proprio 11600 anni fa. Platone conosceva la storia di Atlantide dai racconti di Solone, che a sua volta l’aveva ascoltata da alcuni sacerdoti egiziani. Gli egiziani credevano che il sud, non il nord, fosse in cima al mondo e per loro questo aveva senso poiché era la direzione da cui scorreva il Nilo. Ciò ha portato Platone ad un’errata interpretazione dell’ubicazione di Atlantide, che doveva essere posta molto più a sud-ovest rispetto a dove egli la pone.

Gli antichi popoli di tutto il mondo ricordarono nelle loro tradizioni le splenditi civiltà esistenti all’epoca di Atlantide, e non solo riferendosi ad Atlantide, Lemuria e Mu. Si tratta del caso dello Cveta-Dvipa degli Indù, dell’Ayriam-Vaejo degli Iranici, della Sham-bhala dei Tibetani, della terra del monte Hu-Ling dei Cinesi, dell’Asgard degli Scandinavi, della Tulla dei Toltechi, della Thule dei Greci, dell’arcipelago delle Isole Fortunate delle saghe medioevali europee.

Alcune leggende ricordano dettagliatamente, anche se sotto nomi diversi, il cataclisma che 11600 anni fa sconvolse il pianeta e le civiltà di allora, sotto forma di diluvi ed altri cataclismi. È il caso del Noè biblico e del diluvio universale, il cui racconto è ricordato da popoli di ogni parti del globo, dai popoli mesopotamici ai nativi americani. In particolare, la mitologia americana ci dà sia la storia in cui la gente è già in America quando il Diluvio comincia, in cui la popolazione si rifugia sulle montagne, e sia la storia che narra l’arrivo in America con delle imbarcazioni di superstiti di una terra che era stata sommersa, che con le loro imbarcazioni approdano sulle cime delle montagne. Si tratta di molte leggende del continente Americano che si assomigliano tutte tra loro. Inoltre, è stato scientificamente appurato che il racconto del diluvio biblico e molte altre parti della Bibbia derivano direttamente da un antico diffuso racconto babilonese, la famosa Epopea di Gilgamesh, ma sono state sapientemente lette in chiave monoteistica. Nei miti mesopotamici gli attori sono gli dei nel loro complesso, mentre nei racconti biblici interviene sempre e solo personaggi ebrei come il re d’Israele. L’Epopea di Gilgamesh è inizialmente nata presso l’antica civiltà dei Sumeri ed è il più antico poema che si conosca. Come già si è detto, l’Epopea di Gilgamesh contiene molti eventi che sono presenti nella Bibbia, evidentemente in parte copiata da antichi famosi poemi epici. Infatti ritroviamo nell’Epopea di Gilgamesh non solo il racconto biblico del diluvio universale ma anche la storia, come quella biblica dell’Eden, della punizione dell’uomo per non aver temuto gli dei o anche un evidente parallelismo con il racconto del serpente del giardino dell’Eden (tra l’altro l’Eden biblico è la rappresentazione poco meno che cartografica di tutto il mondo conosciuto ai tempi dell’ autore biblico). Ma l’Epopea di Gilgamesh a sua volta deriva da un racconto molto più antico, cioè l’Epopea di Atramkhasis, in cui tra le altre cose viene narrato lo stesso episodio del diluvio universale. In sostanza, il racconto del diluvio universale biblico, pur con vari adattamenti, discende da un racconto all’altro fino a quello originario dei sopravvissuti al diluvio universale di 11600 anni fa.

Oltre alle inondazioni ci fu un vero e proprio diluvio di pioggia incessante che scendeva dal cielo, per una combinazione atmosferica creatasi principalmente a causa del materiale immesso nell’atmosfera dalle numerose eruzioni vulcaniche causate dall’impatto dell’asteroide con la Terra.

È ancora il caso della leggenda di un angelo che scaglia un enorme macigno dal cielo, che riprende la caduta dell’asteroide sulla Terra, e non sorprende il fatto che nella stessa leggenda si parli di un nuovo cielo e di una nuova Terra

Dalle leggende tramandate si legge che in un epoca remota improvvisamente ci furono diluvi di acqua che scesero dal cielo, inondazioni che spazzarono via intere città, terremoti spaventosi, eruzioni vulcaniche, lo sprofondamento di alcune terre e l’innalzamento di altre. Si tratta del racconto esatto di ciò che dovettero vivere le persone di 11600 anni fa quando l’asteroide colpì la Terra con tutte le conseguenze annesse.

I miti dei popoli scandinavi, del Vicino Oriente, del Nord America, ricordano cosa accadde e sopratutto la grande inondazione. Dopo di essa vi era fango ovunque, la lussureggiante e abbondante vegetazione dell’Età dell’Oro non esisteva più, e la maggior parte della terra era diventata sterile. Intere foreste erano state rase al suolo e neanche il fango era fertile. Quando l’acqua sulla terra emersa si prosciugò, i superstiti notarono il bianco manto del sale che era stato portato dall’acqua. Era stata letteralmente spazzata via quella che alcuni popoli definivano l’Età dell’Oro.

Tra l’altro molti studiosi che hanno analizzato i miti di antiche popolazioni riconducono l’inizio dell’epoca post-diluviana e la fine dell’Età dell’Oro, nell’era del leone, signore del cielo, corrispondente al periodo tra il 10.960 a.C. ed il 8.800 a.C., epoca in cui rientra il cataclisma di 11600 anni fa.

Ed è ovvio che anche il numero degli esseri umani calò drasticamente, al pari della fauna di cui si nutrivano. La scarsità della fauna portò proprio lo svilupparsi dell’agricoltura, che per l’appunto si sviluppa in grande scala proprio in quel periodo, dato che la caccia non poteva più fruttare più di tanto. La presenza, per ancora molto tempo, di acque nelle pianure e l’impoverimento delle stesse dovuto al fango sulle terre colpite dall’inondazione, costrinse gli uomini a sviluppare l’agricoltura nelle zone montuose, cosa assolutamente senza senso se non si tiene conto della catastrofe che colpì la Terra 11600 anni fa.

I superstiti delle civiltà scomparse riuscirono a raggiungere altre terre e iniziarono dal nulla una nuova esistenza, in piccole ed isolate comunità, utilizzando però le esperienze derivanti dalle loro grandi civiltà scomparse, ecco perché l’agricoltura appare simultaneamente in molte parti del pianeta circa 11600 anni fa e partendo proprio da zone elevate, ecco perché molti edifici ed innumerevoli manufatti presentarono somiglianze di stili e metodi lavorativi, ecco perché monumenti e tradizioni di molti siti del globo presentarono somiglianze tra loro, ecco perché ci sono monumenti sparsi per il mondo la cui costruzione sfugge a una spiegazione razionale, ecco perché alfabeti arcaici americani hanno enormi somiglianze con quelli arcaici mediterranei.

Inoltre, i superstiti delle civiltà atlantidee si stabilirono nei continenti più vicini alla zona dove era scomparsa la loro civiltà. Infatti, alcune antiche città, come Gerico, presentano rovine che risalgono fino al IX millennio a.C., cioè all’epoca successiva alla distruzione delle civiltà atlantidee. La stessa zona mesopotamica presenta molti antichi insediamenti ed antiche civiltà del luogo ,come quella Sumera e Babilonese, conservarono intatto il ricordo della catastrofe che colpì il pianeta 11600 anni fa, come d’altronde fecero anche i Maya e gli Aztechi in America.

I Maya e gli Aztechi dicevano che le loro popolazioni erano originarie di una grande terra situata nella zona caraibica che fu sommersa dalle acque in seguito ad un cataclisma, proprio come Atlantide. I Maya affermavano che su quella terra (chiamata Aztlan) vivevano sia bianchi che neri, e quindi da quella terra inabissata erano originari anche le persone con fattezze negroidi che fondarono la misteriosa civiltà degli Olmechi. in America. Poiché esistevano anche altre civiltà atlantidee, allora anche altri antichissimi popoli probabilmente furono originari da terre che sono state sommerse, come d’altronde affermavano i vichinghi, i Baschi gli indiani e così via.

Ovviamente i discendenti delle civiltà atlantidee conservarono molte informazioni sulle civiltà scomparse. Molte informazioni furono trascritte in antichi documenti oramai scomparsi. Infatti, moltissimi documenti che contenevano informazioni sulle civiltà atlantidee erano conservati nell’antica biblioteca di Alessandria ed andarono distrutti nell’incendio di tale biblioteca.

Inoltre, è molto probabile che le civiltà Atlantidee avevano sviluppato alcune tecnologie che erano molto superiori a quelle delle civiltà ce sono sorte nei millenni successivi alla scomparsa delle civiltà atlantidee. Questo spiegherebbe la presenza estemporanea di strumenti ottici di ogni tipo e di strumenti elettrici in antiche civiltà come quella egizia e babilonese. Non a caso gli antichi reperti di strumenti ottici ed elettrici vengono definiti oggetti fuori dal tempo.

Tuttavia, anche scienze astronomiche e quelle mediche avevano raggiunto un buon livello di sviluppo nelle civiltà atlantidee, come dimostrano le conoscenze astronomiche nelle culture successive alla scomparsa di queste civiltà. Reperti archeologici mostrano che già più di 12000 anni fa i medici di allora potevano effettuare con successo delle amputazioni.

La religione più seguita dalle civiltà atlantidee era il “Culto della Dea Madre”, ed i sopravvissuti di queste civiltà continuarono a seguire questo culto per millenni.

Secondo la Bibbia e molti testi mitologici (compresi quelli greci e quelli nordici), all’epoca di Atlantide esistevano i Giganti, cioè un ceppo di esseri umani molto più grandi degli esseri umani comuni, che si estinse in seguito al cataclisma verificatosi 11600 anni fa. Infatti la Bibbia dice che il Diluvio Universale cancellò dalla Terra il ceppo di esseri umani definito “Giganti”. Tuttavia, stando ala scienza i giganti non sono mai esistiti, il loro mito nacque nell’antichità in quanto dai resoconti dei scrittori greci e romani emerge come ritrovamenti di grandi ossa di animali preistorici, in qualche modo simili a quelle umane, venivano interpretati come ritrovamenti di ossa di uomini giganti. Spesso le grandi ossa di animali preistoriche erano perfino attribuite ad eroi leggendari e a giganti dei miti dell’antichità

Monumenti Atlantidei

Delle civiltà esistenti all’epoca di Atlantide rimangono monumenti ed artefatti misteriosi, che oggi si trovano in luoghi oggi apparentemente assurdi, come sul fondale marino o sotto di esso, sepolti da sedimenti marini. Ma anche no.

Anche l’innalzamento notevole del livello del mare a seguito dello scioglimento dei ghiacci delle ex-zone polari fa sì che i resti delle civiltà atlantidee risiedano soprattutto sotto il livello del mare, cioè zone che all’epoca erano comunissime pianure o zone costiere (zone con la più alta probabilità di insediamento umano per la fertilità dei terreni e per la pesca).

Non a caso i continenti attuali sono bordati da una piattaforma continentale che è praticamente alla stessa profondità sottomarina su tutto il globo (circa 200 m al massimo). Un’analisi dimostra che tale piattaforma, se non tutta almeno in parte (almeno 80-100 m), doveva trovarsi all’asciutto in epoche remote (circa 11.600 anni fa e più). Fisicamente la piattaforma continentale ha una pendenza costante fino a 200 m circa sotto il livello del mare, poi scende quasi bruscamente a 1000 m metri e via via di nuovo più dolcemente fino alle profondità maggiori degli oceani.

Geologicamente la piattaforma risulta formata da depositi fra cui anche sedimenti fluviali, alluvionali e morenici, chiaramente non dovuti all’azione del mare. In molti casi è possibile osservare sul fondo marino la continuazione delle valli fluviali (per es. la Senna nel Canale della Manica) e sono addirittura riscontrabili presenze di torbiere sottomarine (Mare del Nord). La torba è un combustibile fossile pieno d’acqua e formatosi in epoca quaternaria (da 2 milioni di anni fa ad oggi) dalla copertura con detriti alluvionali di vegetazione lacustre che cresceva al limite in zone paludose, ma sicuramente non sommerse da decine di metri di acqua salata. A ciò si aggiungono persino resti di animali che con l’acqua non avevano proprio nessuna relazione.

Non stupisce quindi se anche sulla piattaforma continentale oceanica sono stati trovati resti di civiltà atlantidee, risalenti a tempi anteriori a circa 11600 anni fa, quando il livello degli oceani era più basso di almeno 80-100 metri e quindi le civiltà prosperavano in luoghi ora diventati fondali marini. Tuttavia un cataclisma avvenuto 11600 anni fa potrebbe aver fatto inabissare le strutture di civiltà atlantidee verso una profondità maggiore di 100 m sotto il livello del mare. Si badi bene che a causa del livello del mare più basso di almeno 80-100 metri la geografia delle zone costiere di tutto il pianeta era radicalmente diversa e lo stesso si dica per le isole che apparivano in modo estremamente diverso e molto più esteso, dando così ampi spazi allo sviluppo di civiltà sull’attuale fondale marino. Occhio però che tutte le strutture subacquee sono soggette al gioco delle correnti e allo spostamento della sabbia del fondale marino, e quindi facilmente ciò che ieri era visibile oggi può non esserlo più.

Tuttavia non è da escludere che alcune delle civiltà atlantidee prosperassero anche in zone che allora erano verdi e rigogliose e che oggi sono il cuore di enormi deserti.

Ci sono casi noti di resti di civiltà atlantidee.

Il primo riguarda le grandi strutture tagliate a blocchi, nel mare nei pressi del Giappone. Ci sono sei posti in cui si trovano strutture nella zona di Okinawa, di cui uno è situato a Tawain: tutti sono sotto il mare e le strutture sottomarine risalgono ad almeno 11600 fa. Un uno dei punti, vicino alla costa del Giappone, si trova una gigantesca struttura sommersa detta piramide di “Yonaguni”, cioè una collina rimodellata artificialmente, praticamente in ottimo stato di conservazione. In particolare, Questo incredibile monumento è formato da una serie di gradoni a cui si sovrappone una piattaforma e in cui è possibile individuare diverse scanalature e canali che attraversano la struttura. La piattaforma rettangolare superiore è formata da pietre tagliate manualmente con motivi triangolari e romboidali; più sotto si trova un intricato sistema di gradini e terrazze che sembrano condurre a livelli superiori e inferiori. Nella parte orientale della piattaforma si trova un canale largo 75 centimetri che corre per otto metri dentro la struttura. Vi sono poi, al centro, quattro terrazze scavate nella roccia che puntano in direzioni diverse e una di queste termina in un fossato aperto che scende fino al fondale, con un orientamento est-ovest. Le serie di gradoni della piramide sono posti a distanze regolari, così come altri elementi della stessa. Il lato occidentale della struttura è racchiuso da un muro formato da grossi blocchi di pietra calcarea che non è originaria della zona. Attorno alla piramide vi è un sentiero largo più di 10 metri che gira tutto intorno alla base del monumento; tale sentiero è pavimentato con pietre e presenta anche tracce di riparazioni. Alcune pietre della piramide presentano fori in linea retta a distanze fisse per il taglio dei blocchi.

0111 AZTLANCi sono casi noti di resti di civiltà atlantidee.Nella zona della piramide sono stati ritrovati arnesi da lavoro e tavolette con incisioni indecifrate, un rilievo chiaramente inciso a forma di tartaruga e prove dell’uso del fuoco.

Due chilometri più a ovest della piramide si trova l’area del “Palazzo”, dove sono presenti corridoi sottomarini e spaziose camere con muri e soffitti megalitici, architravi, condotti e tunnel, lastre e solchi con margini dal taglio netto, massicce strutture rettilinee, un particolare macigno scavato a parallelepipedo conosciuto come il “palco di pietra” ed un pinnacolo gigantesco con due solchi paralleli nettamente simile ad un volto umano. Ad una certa distanza da questi reperti ci sono poi resti di altre strutture, degli immensi blocchi verticali paralleli e dei siti in cui ci sono delle pietre poste in cerchio.

Il complesso dei reperti sommersi si estende per una zona sottomarina molto vasta, e molti di questi reperti si trovano al largo del Mar della Cina nello stretto che va dal Giappone a Taiwan, e quindi che va dalla piramide prima descritta alle mura sommerse scoperte a largo di Taiwan. Si tratta di una zona che prima di 11600 anni fa era certamente terra emersa. Insomma, sono dei resti di una civiltà diversa da Atlantide ma sua contemporanea e che subì la sua stessa sorte. In particolare, potrebbe essere la leggendaria Mu o la leggendaria Lemuria.

Il secondo caso riguarda una grande struttura pavimentata semi-sepolta lunga centinaia di metri che si trova sommersa al largo dell’isola di North Bimini (Bahamas), vicino la Florida, nel Golfo del Messico. Si tratta di un allineamento di pietre dalla forma rettangolare che si estende in linea retta per centinaia di metri a piccola profondità e ricorda una grande strada lastricata, oppure la cima di una muraglia sommersa (da non confondere con alcune rocce naturali della zona che non centrano con queste). Alla fine di questa strada sommersa inizia un’altra strada formata da massi più piccoli, che vanno a formare una strada che curva ad angolo retto verso la costa, e al termine di quest’altra strada sommersa ci sono resti di strutture dalla forma regolare. Proseguendo verso la costa si incontra indica un’altra strada sommersa formata da insiemi di pietre regolarmente distanziate, che si estende in linea retta per oltre 2,4 km, tagliando in diagonale antiche linee costiere. Un’altra struttura individuata nei pressi delle Bahamas è una grande struttura sottomarina a pianta rettangolare (un edificio o un tempio), che è situata in prossimità dell’isola di Andros, nelle Bahamas. Altre strutture sono state avvistate un po’ dovunque nell’arcipelago delle Bahamas, e anche altrove nei Caraibi. Molte di queste strutture sono disegni di forma regolare sul fondo del mare e la struttura di questi disegni è costituita da vegetazione marina e sabbia, come a segnalare la presenza di strutture artificiali sepolte dalla sabbia e dai sedimenti.

Pasquariello Domenico

ATLANTIDE STA RIEMERGENDO?

0112 ATLANTIDE STA RIEMERGENDOOggi i Media hanno diffuso la notizia che i ghiacci dell’Antartide si stanno sciogliendo con una velocità che, seppur lenta, rappresenta un pericolo per l’equilibrio geologico.

A questo ritmo infatti potremmo avere un innalzamento critico del livello dei mari con tutto ciò che immaginabilmente potrebbe conseguirne.

L’altro aspetto è dato dalla modifica morfologica delle coste Antartiche, le quali potrebbero trovarsi prive della loro copertura ghiacciata e rivelare i segreti di quel continente.

Pare che responsabile di tutto ciò sia l’innalzamento della temperatura al suolo provocato dall’effetto serra legato al buco nella fascia di Ozono.

Inquietante Ma Scientificamente Impeccabile.

Eppure, in tempi non sospetti, qualcuno che del problema della fascia di Ozono non era a conoscenza, aveva già preannunciato una catena di eventi somiglianti a quello descritto.

Torniamo indietro nel tempo, di molti millenni, precisamente fino al 10000 a.C., ben 12000 anni fa, epoca della fine dell’ultima Era Glaciale.

La de-glaciazione ridisegnò la mappa dei continenti Terrestri, annientando intere popolazioni fra cui quella della mitica Atlantide, il continente sommerso, tradizionalmente collocato dove ora si trova l’Oceano Atlantico.

Molti studiosi però hanno avanzato l’ipotesi che Atlantide fosse in realtà l’odierna Antartide, all’epoca priva di ghiacci e dotata di un clima temperato. l’evento catastrofico identificato con la de-glaciazione avrebbe avuto aspetti piuttosto complessi che cercherò di spiegare sinteticamente.

Charles Hapgood enunciò la tesi del cosiddetto “scorrimento della crosta terrestre”. In pratica la crosta del nostro pianeta poggerebbe sul mantello sottostante esattamente come un rivestimento slittante, saldato alle parti più profonde solo in corrispondenza delle grandi pianure del nord America.

Periodicamente la crosta slitterebbe, trascinandosi i continenti che vi si trovano e quindi ponendo gli stessi in condizioni climatiche assai diverse. Lo scorrimento sarebbe un moto catastrofico, veloce, che si realizzerebbe in 1000-2000 anni al massimo e sarebbe correlato a variazioni di inclinazione dell’asse terrestre, nonché a variazioni del magnetismo.

In quest’ottica l’ Antartide si sarebbe trovata prima del 10000 a.c. collocata più a nord, più o meno dove oggi si trova il sud America. Il polo sud sarebbe stato invece situato poco a sud rispetto all’Australia mentre il polo nord avrebbe occupato l’odierna Scandinavia e quindi il nord Africa avrebbe goduto di un clima temperato.

Questa teoria attende ovviamente conferme ma altri studi si intrecciano, dando allo scenario odierno aspetti sempre più inquietanti.

Maurice Cotterell ha studiato la cosmologia dei Maya, identificando un lungo ciclo, legato alle macchie solari, capace potenzialmente di invertire la polarità magnetica terrestre. Il calendario Maya è basato sulle configurazioni del cielo stellato e grazie a ciò con un programma computerizzato è stato possibile risalire alle date. I Maya consideravano la nostra era formata da un milione e 872-mila giorni e partendo dal primo giorno identificato con il 12 agosto 3114 a.C., arriviamo al 22 dicembre 2012 d.C. (fra pochissimi anni!). In quella data dovrebbero verificarsi eventi astronomici e geologici tali da provocare uno sconvolgimento dell’attuale assetto planetario.

Non si sa dove i Maya attinsero per arrivare a calcoli così complessi ma oggi si tende ad ammettere che essi potessero beneficiare di tecnologie avanzate

…….fornite da chi?

Attualmente è un Mistero.

Nel corso dei secoli una serie di profezie ha preannunciato la riemersione di Atlantide ed oggi vediamo sciogliersi i ghiacci dell’ Antartide, a soli 10 anni dal fatidico 2012.

La rilettura dei miti antichi operata da studiosi di archeologia avanzata come Hancock, Gilbert, West ed altri delinea la possibilità che le civiltà cosiddette antidiluviane, anteriori alla de-glaciazione, fossero tecnologicamente avanzate. Frammenti rinvenuti nell’area inclusa fra l’Egitto e la Mesopotamia ci fanno pensare a popoli che conoscevano forme di energia come quella elettrica, radiante, forse anche nucleare e questi popoli (Egizi, Sumeri, Caldei) vengono considerati eredi diretti della civiltà Atlantidea.

Le tesi paleo-astronautiche di Herik Von Daeniken ci propongono uno scenario in cui la Terra era popolata da esseri extraterrestri i quali millantavano un credito divino agli occhi degli uomini che consideravano magie i loro manufatti tecnologici.

Dal Medio Oriente arriviamo all’India con il mito delle Vimana, macchine volanti di cui ci è pervenuta la descrizione e addirittura il metodo di guida. Oltre l’India ci spostiamo in Tibet e da lì estremo oriente dove le tracce di tecnologia nei millenni pre-Cristiani non si contano e ancora nel Pacifico, con i miti del Continente MU e dell’isola di Pasqua.

Il giro termina in sud America, dove i resti delle civiltà Incas, Maya e Azteca traboccano di indizi correlati ad esseri dotati di potenzialità tecnologiche da film di fantascienza.

Alieni colonizzatori o terrestri tecnologizzati che fossero, gli uomini che popolarono la Terra nell’era Glaciale sembrano aver trasmesso ai loro discendenti un testamento enigmatico che include previsioni circa una ciclicità degli eventi legati alla nostra storia.

Non c’è da essere catastrofisti ma nemmeno indifferenti.

I ghiacciai incominciano a sciogliersi, la desertificazione avanza, le ondate sismiche si fanno sempre più frequenti.

IL MISTERO DEL LABIRINTO

0113 IL MISTERO DEL LABIRINTO 6Questo simbolo rappresenta un vero e proprio mistero: compare infatti in luoghi e tempi diversissimi tra di loro. Il suo significato è un mistero. Alcuni studiosi ritengono che si tratti di un “percorso rituale”, confinandolo così al campo religioso-mistico. Altri vedono in esso la rappresentazione di un cervello umano. Ma nessuno di essi sa fornire una spiegazione accettabile sulla sua così grande diffusione nel mondo e in tempi così distanti tra loro. Vediamo ora una breve lista dei luoghi in cui il labirinto è stato ritrovato:

0114 il mistero del labirinto 2Tracciato di pietre sull’isola di Gotland (Svezia)

0115

0116Incisione rupestre nella Rocky Valley, a nord di Tintagel in Cornovaglia (Inghilterra)

0117 Incisione su una moneta di Cnosso (Isola di Creta)Incisione su una moneta di Cnosso (Isola di Creta)

0118 Simbolo presente nel tempio di Kom Ombo (Egitto)Simbolo presente nel tempio di Kom Ombo (Egitto)

0119 domus de janasSimbolo presente nella “Domus de Jana” di Luzzanas in Sardegna (Italia); è datato 6000 anni circa.

0120 Incisione ritrovata a Padugula, in IndiaIncisione ritrovata a Padugula, in India

0121 Incisione su una roccia a Machu Picchu - PerùIncisione su una roccia a Machu Picchu – Perù

UNA POSSIBILE INTERPRETAZIONE

Guardando meglio il labirinto ed avendo presente la descrizione della città di Atlantide fornita da Platone nel Crizia, si può pensare che esso rappresenti nientemeno che la MAPPA della suddetta città! Vediamo come si può giungere alla seguente conclusione. Ricordiamo innanzitutto le parole di Platone in questo brano, estratto dal Crizia:

“…Su questa montagna aveva la sua dimora uno degli uomini primordiali di quella terra, nato dal suolo; si chiamava Evenor e aveva una moglie chiamata Leucippe, ed essi avevano un’unica figlia, Cleito. La fanciulla era già donna quando il padre e la madre morirono; Poseidone si innamorò di lei ed ebbe rapporti con lei e, spezzando la terra, circondò la collina, sulla quale ella viveva, creando zone alternate di mare e di terra, le une concentriche alle altre; ve ne erano due di terra e tre d’acqua, circolari come se lavorate al tornio, avendo ciascuna la circonferenza equidistante in ogni punto dal centro, di modo che nessuno potesse giungere all’isola, dato che ancora non esistevano navi e navigazione…”.

0122Ed ancora:

“…(i sovrani di Atlantide) innanzitutto gettarono ponti sugli anelli di mare che circondavano l’antica metropoli, e fecero una strada che permetteva di entrare ed uscire dal palazzo reale. E fin da principio eressero il palazzo nella dimora del dio e dei loro antenati, e seguitarono ad abbellirlo di generazione in generazione, dato che ciascun re superava, all’apice della gloria, colui che l’aveva preceduto, sino a fare dell’edificio una meraviglia a vedersi, sia in ampiezza che in bellezza. E, partendo dal mare, scavarono un canale largo trecento piedi, profondo cento, lungo cinquanta stadi, che arrivava alla zona più esterna creando un varco dal mare fino a essa che divenne un porto; e il varco era abbastanza ampio da permettere l’entrata alle navi più grandi. Inoltre, a livello dei ponti aprirono gli anelli di terra che separavano gli anelli di mare, creando uno spazio sufficiente al passaggio di una trireme per volta da un anello all’altro e ricoprirono questi canali facendone una via sotterranea per le navi; infatti le rive furono innalzate di parecchio sopra il livello dell’acqua. Ora la più grande delle zone, cui si poteva accedere dal mare tramite questo passaggio, aveva una larghezza di tre stadi e la zona di terra che veniva dopo era altrettanto larga; ma le due zone successive, l’una d’acqua, l’altra di terra, erano larghe due stadi e quella che circondava l’isola centrale era di uno stadio soltanto. L’isola su cui sorgeva il palazzo aveva un diametro di cinque stadi…”

0122 palazzo aveva un diametro di cinque stadiEd ora proviamo ad elaborare l’immagine del labirinto. Coloriamo alternativamente le linee del labirinto di azzurro (acqua) e di marrone (terra), operando una piccola modifica al centro:

0123Ed ora coloriamo di marrone tutta la figura (espandiamo le strisce di terra), aggiungendo il grande canale citato da Platone che congiungeva gli anelli al mare:

0124Coloriamo infine le varie parti, in modo da evidenziare le zone della città, descritte in maniera accurata da Platone nel Crizia:

0125A – Anello di terra principale E – Secondo porto

B – Anello di terra minore F – Grande porto

C – Cittadella G – Canale per il mare

D – Porto interno H – Quartiere mercantile

Se si trattasse veramente della mappa della città di Atlantide, la sua grande diffusione significherebbe la presenza, in passato, di notevoli legami tra il mondo atlantideo e le varie popolazioni, se non addirittura una diretta discendenza di queste ultime da Atlantide, dopo che venne annientata da una spaventosa catastrofe.

0126PER FAVORE,OSSERVATE LE SEGUENTI IMMAGINI:

STRANE ASSOMIGLIANZE NON TROVATE?

IN SEGUITO A TALI FOTO GLI ESPERTI DISSERO CHE SI TRATTAVA DEGLI EFFETTI DELLE ONDE SONAR SUL FONDO MARINO.

OVVIAMENTE LA CONSIDERO UN PO UNA TIRATA AFFRETTATA ANCHE PERCHE’ SE CIO’ FOSSE VERO A QUEST’ORA IL FONDO DI TUTTI GLI OCEANI SAREBBE UNA SORTA DI GRIGLIA GIGANTE.

SE CI SARANNO NUOVI AGGIORNAMENTI VI FARO’ SAPERE.

LE SETTE MERAVIGLIE DEL MONDO SOMMERSO

Dei patrimoni dell’umanità giacciono sommersi sui fondali di laghi, mari e oceani. Alcuni sono stati recentemente scoperti col caso o grazie alla tecnologia; altri richiedono ancora una spiegazione.

0130Alessandria d’Egitto: al largo della costa di Alessandria giace ciò che si pensano essere le rovine dell’alloggiamento di Cleopatra. Si crede che siano stati i terremoti a gettarlo in mare, insieme a manufatti, statue e altre parti del palazzo di Cleopatra.

0131Golfo di Cambay, India: anni fa sono stati scoperti i resti di una grande città di 9500 anni fa. Ancora con l’architettura intatta, questa scoperta anticiperebbe di 5000 anni la civilizzazione della regione. Il ritrovamento è stato chiamato Dwarka, o “Città d’oro” poichè forse appartenente al dio Hindu Krishna.

0132Kwan Phayao, Thailandia: di per sé non inusuale, un tempio Thai di 500 anni siede sul fondo del lago Phayao. La cosa strana è che il lago venne fatto intenzionalmente 70 anni fa.

0133Yonaguni-Jima, Giappone: scoperte casualmente vent’anni fa, queste misteriosi piramidi sembrano esser state scolpite nel sostrato roccioso usando strumenti che si pensava fossero sconosciuti alle antiche culture della regione.

0134Havana, Cuba: per chilometri lungo la costa dell’oceano sono state trovate tracce evidenti di un estensivo ambiente urbano. Le rovine megalitiche trovate nel canale dello Yucatan vicino a Cuba potrebbero predatare le antiche culture americane.

0135Mare del Nord, Europa: occupate 10000 anni fa da cacciatori e raccoglitori, le terre sotto al Mare del Nord potrebbero essere state il centro di diffusione di un’antica civiltà.

0136Atlantide, Antartide? Più di un centinaio di anni fa, un curatore di un museo di Istanbul fece una notevole scoperta: esaminando un’antica mappa trovò una catena montuosa dove c’è oggi l’Antartide. Per alcuni, questa mappa è una delle prove che sostengono la teoria che l’Antartide sia Atlantide.

by aezio

Strutture Piramidali Della Valle Dell’alcantara

0137Nella Valle del fiume Alcantara, alle pendici settentrionali dell’Etna, in provincia di Catania, sono presenti circa una decina di strutture piramidali a gradoni, con un’altezza variabile dai 5 ai 10 metri, larghe 30, sono composte da pietre vulcaniche scure ordinatamente posizionate a secco secondo uno schema eccezionalmente preciso. L’origine di queste particolari strutture è al momento ignota. E’ possibile osservare il congruo numero di piramidi nel tratto che va da Castiglione a Randazzo, ma la loro presenza è rilevata anche nella Valle del Simeto.

La Storia

Sulla base di testimonianze legate alle genti del luogo, pare che questi singolari edifici venissero ancora edificati intorno alla prima metà del XX secolo. Non è improbabile, comunque, che alcuni di essi siano ben più antichi e siano il risultato della risistemazione feudale di questi territori della Valle dell’Alcantara, tra il XVIII e il XIX secolo. Si tratterebbe di particolari torri di guardia a forma piramidale, costruite con una semplice ma geniale tecnica muraria a secco. Buona parte di esse sorgono in luoghi dai quali risulta possibile tenere costantemente sotto controllo una discreta porzione della pianura dell’Alcantara.

l’incredibile similitudine tra le costruzioni siciliane, quelle delle Isole Canarie e sull’isola di Mauritius , svelano la storia di un popolo che affonda le sue origine nella più remota antichità. La distanza che separa infatti la Sicilia dall’isola di Tenerife, nelle Canarie, è di migliaia di km, ma se osserviamo le piramidi a gradoni realizzate in pietra vulcanica in entrambe queste località, ci rendiamo conto come vi sia una base realizzativa comune. Le piramidi siciliane sono conosciute da decine di anni ma solo recentemente se ne è capita l’antichità.

Testimonianze dell’area bosniaca di Visoko ci raccontano piramidi antiche di 36mila anni e nessuno vieta di vedere affinità anche con il popolo egizio, multietnico ma dai forti connotati indoeuropei in alcuni suoi faraoni (l’esempio più palese è quello di Ramses II, dalla statura notevole e dai capelli rossi). Comunque sia, le affinità genetiche berbere di Guanci, Sicani e Iberi, Liguri e tanti altri popoli primordiali non ci devono far dimenticare che le testimonianze di quell’epoca incredibilmente antica sono tuttora vivide e presenti ed è solo la pigrizia mentale o l’eccessiva prudenza a impedire di vedere le tracce megalitiche. Che dire infatti della Piramide di Cerumbelle a Pietraperzia? Situata nel cuore della Sicilia, in provincia di Enna, si tratta di una costruzione a pianta rettangolare, lunga 55 metri, larga 30 e alta 13 che presenta nei dintorni tracce di grotte abitate, laboratori atti alla lavorazione della selce, quattro scale megalitiche intagliate nella roccia orientate secondo i punti cardinali e un trono in pietra simile a quelli ritrovati in Francia e Spagna e utilizzati per scopi propiziatori e rituali di fertilità.

La Misteriosa Piramide Austriaca Di Waldviertel

0138La Piramide di Waldviertel è una piramide situata a Groß Gerungs, un comune di 4.745 abitanti della Bassa Austria, uno dei più importanti stati federali dell’Austria. La struttura è nascosta nel profondo della foresta tra Zwettl e Gross-Gerungs. Rimane l’unica struttura conosciuta del suo genere in Europa centrale. L’età è sconosciuta, ma sopratutto non è noto lo scopo della piramide. Composta da quattro strati sovrapposti e circolari, ha il diametro alla base di 14 metri e l’altezza è di 7 metri. Dal 2001 è diventata monumento nazionale.

La Storia

Fino dall’antichità, questa zona fu abitata da popolazioni celtiche e slave, in seguito la parte meridionale della regione viene fatta provincia romana con il nome di Norico. Viene poi compresa nella Marca Orientale carolingia del IX secolo, ed assume il primo assetto statale sotto la dinastia dei Babenberg, che trasforma il vecchio feudo in un potente ducato. L’interpretazione che la piramide sia un luogo di culto germanico o celtico, o un’antica tomba di origine simile è improbabile, perché non risultano ne tracce preistoriche ne insediamenti celtici e germanici in questa zona. Neppure l’ipotesi di una struttura medievale pare fattibile poiché la costruzione sembra indicare un design moderno, forse faceva parte di un parco aristocratico o di un giardino barocco e dato che resti di mura sono state trovate nelle vicinanze, è possibile che la piramide fosse a suo tempo parte di un più ampio complesso. Infatti alcuni ipotizzano che fosse stata costruita prima del XIX Secolo,nel 1747, da Leopoldo Christoph Schallenberg, nobile della zona, oppure dai massoni del Castello di Rosenau.

Ma tralasciando che l’originale uso della struttura rimane ancora poco chiaro, anche in questo caso però gli studiosi non sono d’accordo; infatti molti obbiettano che se davvero fosse di epoca recente, non si spiegherebbe il perché non esista nessun documento che la riguarda ma anzi quando viene citata, viene menzionata come se fosse una struttura già preesistende e costruita in epoche arcaiche.

Le Piramidi Del Sudan

0139Le piramidi del Sudan. La zona della valle del Nilo conosciuto come Nubia che si trova all’interno dei confini di quello che oggi è il Sudan è stato il luogo di nascita di tre regni Kush durante l’antichità: il primo aveva la sua capitale in Kerma (2600-1520 aC), poi diventò Napata (1000-300 aC) e, infine Meroë (300 aC-300 dC).Kerma è stata la prima città con la propria architettura e le proprie forme di sepoltura. Gli ultimi due regni, Napata e Meroe, sono stati fortemente influenzati culturalmente, economicamente, politicamente e militarmente dall’impero egizio.

La Storia

Il regno Kush, fortemente in concorrenza con l’Egitto, durante il periodo tardo antico della storia egiziana i governanti di Napata conquistarono e unificarono L’Egitto diventando i faraoni della XXV dinastia. La dominazione Napata d’Egitto è stato relativamente breve e si concluse con la conquista assira nel 656 aC ma il suo impatto culturale sul regno Napata è stato enorme, tanto che portò alla costruzione delle piramidi che segnarono tutta l’esistenza del regno successivo a Napata ,il regno di Meroë. Circa 220 piramidi sono state costruite in tre siti di Nubia in un periodo di poche centinaia di anni utilizzate come tombe per i re e regine di Napata e Meroë. La prima è stata costruita presso il sito di el-Kurru, e comprende le tombe del re Kashta e suo figlio Piye (Piankhi), insieme con Piye e i successori Shabaka, Shabataka, e Tanwetamani. Quattordici le piramidi sono state costruite per le loro regine, molti delle quali sono state celebri regine-guerriere.

Successivamente le piramidi Napata furono costruite a Nuri, sulla riva occidentale del Nilo in Alta Nubia. Questa è stata la necropoli per la sepoltura di 21 re e 52 regine e principi compresi Anlami e Aspelta. I corpi dei nobili sono stati messi in enormi sarcofagi di granito. Quello di Aspelta pesa 15,5 tonnellate ed il suo coperchio pesa ben 4 tonnellate. La più antica e più grande piramide a Nuri è quello del 20° re Napata che fu anche conosciuto come faraone col nome di Taharqa.

La più ampia piramide nubiana è nel sito di Meroë, che si trova tra a circa un centinaio di chilometri a nord di Khartoum. Durante il periodo meroitico oltre quaranta regine e re furono sepolti in questo sito.

0140Le proporzioni delle piramidi nubiane differiscono sensibilmente da quelle egiziane: sono costruite con molti più blocchi di pietra, più piccoli, posizionati in orizzontale, che vanno da sei a circa trenta metri di altezza, ma è abbastanza piccola la base che raramente è superiore a otto metri di larghezza risultando così alte e strette, inclinate a circa settanta gradi. La maggior parte hanno anche piccoli templi vicino alla loro base come molte di quelle egiziane, ma in confronto, le piramidi egiziane di simile altezza generalmente avevano una base cinque volte più grande ed erano inclinate di quaranta e cinquanta gradi.

Tutte le piramidi a Nubia sono state saccheggiate nell’antichità, ma i rilievi sulle pareti conservati nelle tomba rivelano la loro bellezza e sontuosità, si sa che i re erano stati mummificati, coperti con gioielli. Al momento della loro esplorazione gli archeologi del XIX e del XX secolo, hanno trovato in alcune piramidi i resti di archi, frecce, anelli da pollice per arcieri, redini per il cavallo, scatole di legno, mobili, ceramiche, vetro colorato, metallo per navi , e molti altri artefatti che attestano ampiamente scambi tra l’impero meroitico con l’Egitto e il mondo ellenistico.

Le Piramidi Di El-Kurru

El-Kurru si trova sulla riva destra del Nilo, a circa 13 km a sud dal Gebel Barkal. Gli scavi diretti da G. Reisner scoprirono nel 1918-19 le piramidi, che erano le tombe dei re della XXV Dinastia: Piankhi, Shabaka, Shabataka e Tanutamon. La piramide di Piankhi ha una base di lunghezza di circa 8 metri e una pendenza di circa 68 gradi con una scala di 19 gradini a est. Il corpo di Piankhi era stato collocato su un letto nel mezzo della camera su di una base in pietra con i suoi quattro angoli tagliati per ricevere le gambe del letto, in modo che la piattaforma del letto posi direttamente sul banco. Le piramidi dei successori di Piankhi erano simili. C’erano anche 14 piramidi per le regine di el-Kurru, ma misuravano da 6 a 7 metri, mentre quelle dei re erano di 8 o 11 metri. Nord-est del cimitero reale, G. Reisner trovò le tombe di 24 cavalli e due cani.

0141A – Kashta

B – Piankhi

C – Shabaka

D – Tenutamon

Le Piramidi di Nuri

Il primo a costruire la sua tomba è stato il re Taharqa. La sua piramide era 51,75 m quadrati di base e 40 o 50 m di altezza. La tomba di Taharqa ha i sotterranei più elaborati di qualsiasi tomba Kush. L’ingresso ha una scala, situata a nord della piramide ad asse centrale, che riflette l’allineamento delle piccole piramidi. Sotto la porta, c’è una cornice sagomata, che fa da apertura ad un tunnel, ampliato e rafforzato che finisce in un anticamera con un soffitto con volta a botte. Sei massicci pilastri intagliati dalla pietra naturale dividono la camera di sepoltura in due navate laterali e in una navata centrale, ciascuno con un soffitto a volta. L’intera sezione è circondata da un fossato, come corridoio che ha l’entrata di fronte all’anticamera. Dopo Taharqa 21 re e 53 regine e principi sono stati sepolti sotto le piramidi di Nuri, con blocchi di arenaria rossa locale. Il Nuri piramidi erano generalmente molto più grandi di quelle a el-Kurru, raggiungendo altezze di 20 a 30 m. L’ultimo re di essere sepolto a Nuri morì nel 308 aC circa.

0142A – scala

B – camera di sepoltura

C – prima cappella

D – altezza nel 1916

Le Piramidi di Meroe

Dopo il 308 aC, i re cominciarono a costruire le piramidi nella zona di Meroe. Meroe è rimasto cimitero reale per 600 anni, fino al 350 dC. Le piramidi sono state costruite con l’arenaria, e hanno da 10 a 30 m di altezza. Al Nuri, le piramidi erano state rafforzate e costruite su un basamento, ma a Meroe per rafforzare le piramidi si è dovuto incorniciare la struttura con bande di sostegno (vedi A nel disegno) per rendere più resistenti le pareti e per ovviare i problemi strutturali portati dalla piccola base.

0143Piramide di Hellinikon

0144La Piramide di Hellinikon si trova nella piana di Argolid, Grecia. Ai tempi di Pausania il Periegeta, scrittore e geografo greco antico, si era ritenuto che fosse una tomba. Ma nel ventesimo secolo, i ricercatori hanno suggerito altri possibili impieghi. La piccola struttura esistente conosciuta come la Piramide di Hellenikon è nel bordo sud-orientale della pianura di Argolid, in prossimità delle sorgenti del fiume Erasinos (oggi Kephalari) e sulle principali arterie stradali che in antichità conducevano da Argos a Tegea e alle terre di Arcadia e Kynouria.

La Storia

La piramide a Hellenikon ha la forma di torre con dimensioni totali da 7,03 da 9,07 m. Le pareti esterne, che si innalzano con una pendenza di 60° fino a 3,50 m di altezza. L’ingresso principale del monumento si trova al lato est che è il lato che è rivolto verso la baia di Argolid. Da questa porta all’interno vi è uno stretto corridoio che conduce ad un piccolo ingresso, aperto sulla parete sud con uno uno spazio quadrato dai lati di circa 7 m di lunghezza. Questo monumento è costruito con grandi blocchi trapezoidali, interamente d pietra calcarea grigia. Per gli studiosi Christos Tsountas, Manat, Curzio e Donaldson sembra dal 6 secolo aC. Ma la comune convinzione, sostenuta da: Ross, Fischer, Clark, è che la struttura sia della prima epoca ellenistica, più specificamente alla fine del 4 ° secolo aC. L’Accademia di Atene, ha pubblicato i risultati della datazione di campioni prelevati da Hellenikon (9-2-1995). Appuntamenti e misurazioni sono state eseguite dal Laboratorio di archeometria al Democrito Research Institute di Atene e dal laboratorio del dipartimento di Fisica presso l’Università di Edimburgo, in Scozia. Il nuovo metodo sperimentale e della termoluminescenza ottica è stata utilizzata fino ad oggi su tutti i campioni prelevati dalla piramide. È stato stabilito che i campioni che sono stati testati sono stati estratti hanno circa 2720 aC ± 580 anni. Il metodo utilizzato è scientificamente valido ma deve ancora essere calibrato. I risultati non sono stati accolti dalla comunità archeologica poiché ritenuti dati troppo antecedenti per la struttura. Adamantios Sampson, archeologo, commenta nella rivista Archaeologia kai Technes (dicembre 1995) non ha accettato la linea temporale “la veridicità dei dati per la nostra conoscenza del periodo protoellenico in tutta la zona greca è da escludere perché non vi è alcuna struttura simile creata in quell’epoca”. In assenza di un pieno di scavo, l’esatta datazione della struttura rimarrà sconosciuta. La Grecia presenta però sul suo territorio più di sedici piramidi o presunte tali. La più antica sarebbe la piramide a Hellinikon, nel Argolid regione. Mentre strutture simili sono: LIGURION Epidauro, DALAMANARA Epidauro, AMFION Tebe, NEAPOLIS Epidaur, SIKION Argus, VIGLAFION Lakonia, CHANIA Creta, TAYGETOU Lakonia.

Non vi è alcuna prova evidente di quale era l’uso delle piramidi in Grecia. Gli archeologi credono che fossero monumenti-memoriali o torri di osservazione. Durante l’antichità, la Piramide fu considerata come monumento di sepoltura, un”polyandrium”, mentre al giorno d’oggi non vi è alcun dubbio che si tratterebbe di una piccola fortezza, che detenesse il controllo delle arterie stradali e delle zone del Argolid. Se effettivamente la piramide fosse stata eretta eretta nel 2720 aC, comunque la piramide Hellenikon precederebbe di almeno 100 anni, la più antica piramide egizia (Djoser – 2620 aC) e di 170 anni, la Grande Piramide di Cheope (Khufu – 2550 aC)

Strutture Piramidali Isola Mauritius

Sette sorprendenti strutture piramidali sono state identificate sull’isola di Mauritius. Realizzate con la stessa tecnica costruttiva di quelle dell’isola di Tenerife, nelle Canarie, sul lato opposto del continente africano. Sembra quindi possibile che la civiltà navigasse le varie isole al largo della costa africana e costruisse queste strutture. L’isola di Mauritius fa parte dell’arcipelago delle Mascarene nell’Oceano Indiano, circa 900 chilometri a est del Madagascar. L’isola, di origine vulcanica, misura 61 km per 47 km ed è poco a nord del Tropico del Capricorno.

La Storia

Essa era ben nota agli Arabi, che la chiamavano Diva Harab, e ai Malesi sin dal sec. X. Si suppone tuttavia che altri popoli navigatori, nell’antichità, abbiano fatto scalo nell’isola Mauritius o l’abbiano abitata. La prima carta europea che raffiguri correttamente l’isola è del 1502, fatta dall’italiano Alberto Cantino. I Portoghesi la “scoprirono” nel 1505 e la battezzarono Ilha do Cerne (“isola del cigno”), ma l’isola rimase disabitata sino al primo insediamento olandese, nel 1598. Furono gli Olandesi a darle il nome di Mauritius, in onore del principe Maurizio di Nassau.

Le sette piccole piramidi sono state identificate sul lato sud dell ‘isola, in una pianura conosciuta come Whillem, tra l’Oceano Indiano e la montagna Creola e Lion Mountain, a 20 ° 26’ .8.15 “S e 57 ° 39 ‘ 2,60 “E. La loro base è di forma rettangolare e l’altezza non supera dodici metri, con un numero tra 6 e 11 terrazzi.

In apparenza, sono simili alle piramidi trovate su un’altra isola vulcanica al largo delle coste occidentali d’Africa, Tenerife; strutture simili esistono anche in Sicilia, che è pure un’isola di origine vulcanica.

Ci sono molti parallelismi tra le piramidi di Mauritius e Tenerife. Su entrambe le isole, le piramidi sono parte di un complesso: una serie di piramidi raggruppate in un solo luogo. Su entrambe le isole, le piramidi sono fatte di pietra lavica e la costruzione non fa uso di malta o di qualsiasi altro agente di collegamento. Alcune delle strutture su Mauritius sono state parzialmente smantellate, con le pietre riutilizzate nelle vicinanze.

Le piramidi di Tenerife ugualmente non superano 12 metri di altezza, e dalle dettagliate fotografie dei terrazzamenti, è chiaro che non si può distinguere se si sta osservando una piramide a Tenerife o Mauritius. Nella prima piramide di Mauritius, l’accesso alla piattaforma superiore avviene attraverso una scala centrale. Questa è stata restaurata in pietra bianca, ed è quindi più visibile. Non tutte le piramidi hanno un tale accesso – come avviene anche a Tenerife. Ciò suggerisce una comunanza tra le due isole al di là della coincidenza.

Alcune delle piramidi di Mauritius, con le loro piattaforme, avrebbero potuto essere utilizzate per osservazioni astronomiche. Anche in questo caso si riscontrano similitudini con Tenerife, in particolare con il complesso Guimar. Se questa correlazione si applica alle piramidi di Mauritius, queste piramidi dovrebbero essere allineate a fenomeni solari e, in particolare, le terrazze dovrebbero essere allineate ai due solstizi. I primi calcoli indicano che questo è davvero il caso, ma occorrono ulteriori verifiche. In particolare la Piramide 2 di Mauritius è probabile che sia allineata con il solstizio d’estate (che nel sud del mondo si verifica il 21 dicembre) e si dovrebbe essere in grado di osservare un doppio tramonto. Il primo tramonto si avrebbe dietro la montagna Creola, il secondo dietro la vicina montagna Lion. Un doppio tramonto dietro un orizzonte di montagna è anche un fenomeno osservato nel complesso Guimar a Tenerife.

A livello locale, come Stéphane Mussard ha sperimentato, le persone affermano che queste piramidi sono solo cumuli di pietra, ammucchiati per liberare i campi per la coltivazione della canna da zucchero. Se ciò fosse vero, perché alcune delle piramidi su Mauritius erano protette come monumento storico, sino alla prima metà del XX secolo? Sorprendentemente, però, da allora il sito ha perso il suo status protetto, senza dubbio per conseguenza del cambiamento di governo (Mauritius era sotto dominio britannico fino al 1968). E’ chiaro che quelli che rifiutano queste piramidi come “mucchi di pietre” hanno paura di vedere i loro terreni agricoli recuperati, o di dover rispettare le norme che proteggono i siti archeologici. E’ comunque chiaro che con il giusto aiuto, il governo dovrebbe essere in grado di evidenziare i benefici economici del turismo per l’economia locale che, si spera nel risultato della ricerca scientifica effettuate sul sito.

L’uomo responsabile per l’identificazione e la promozione del complesso di Guimar è stato Thor Heyerdahl, un pioniere marinaio norvegese, che ha sostenuto che i nostri lontani antenati erano in grado di navigare gli oceani e ha organizzato varie spedizioni per dimostrare il suo punto di vista. Heyerdahl ha trovato una piramide nelle Maldive, a Gan. Questa piramide è allineata al sole e misura 8,5 metri di altezza. E’ stata chiamata “Hawittas”. Heyerdahl ha sostenuto che le Maldive si trovavano su una rotta orientale marittima commerciale utilizzata da varie antiche civiltà, provenienti dal Medio Oriente.

Gli antichi Egizi usavano la flotta fenicia per effettuare spedizioni, ed è noto che i Fenici costruirono templi astronomici perfettamente allineati ai punti cardinali e ai fenomeni solari. Con la scoperta di complessi identici di piramidi a Tenerife, in Sicilia e adesso a Mauritius, è chiaro che questi sono i resti di una cultura marinara, che ha lasciato tracce sulle isole in varie parti del continente africano.

La piramide di Cerumbelle

0148La piramide di Cerumbelle. A Pietraperzia (En) c’è una costruzione piramidale forse creata per adorare il dio Sole. Sebbene vi siano state apportate modificate nel Medioevo si fa risalire al periodo Neolitico. Molto deteriorata dagli agenti atmosferici è ancora ben visibile la sua forma a gradoni e le sue strutture esterne, inoltre è possibile osservare come tutti i quattro lati siano orientati coi punti cardinali del resto è ormai appurato e risaputo quanta importanza era riservata alla struttura e alla locazione dei luoghi di culto in epoca primitiva.

La Storia

In Sicilia a quattro chilometri da Pietraperzia si trova la piramide di Cerumbelle; una costruzione dalla struttura imponente, con quattro rampe di scalini e altari sacrificali nella parte alta; Costituita da pietre di grande dimensione, ben lavorate e saldamente incastonate; in complesso un pregevole e preciso lavoro costruttivo. Essa consta di un insieme di strutture megalitiche di probabile età neolitica, su cui sono inserite costruzioni successive fino al basso medioevo.

L’aspetto è collinare e piramidale di altezza di circa 12 metri. La base della struttura, lunga 55 metri e larga 30,appare composta da tre ordini di gradoni mozzati verticalmente da quattro scalette intagliate attraverso cui si accede alle terrazze soprastanti, le quali sono comunque collegate da rampe a piani inclinati. Le scalette sono state osservate con l’ausilio di una bussola e corrispondono ai quattro punti cardinali. Il monumento si presenta con due idee costruttive dalla forte connotazione simbolica: quella del cerchio (la sua circonferenza) e quella del quadrato (la pianta costruttiva dei piani superiori in esso innestata).

Sulla sommità si trovano due costruzioni intagliate nella roccia calcarea che assomigliano ad altari in cui è inserito un sedile rituale che ci ricorda quello di Contrada Balati visitato nella mattinata. L’aspetto del monumento potrebbe indurre facilmente a credere ad un luogo di antico culto solare, tuttavia la prudenza (nonostante l’autorevolezza della teoria di Thor Heyerdahl) ci induce a non azzardare audacie interpretative. L’archeologo Emanuele Anati, ha studiato il sito di Pietraperzia ed ha affermato che l’area è stata colonizzata a partire dal neolitico. Va ricordato però che, nel maggio del 2000 fu interpellato sull’argomento l’archeologo Sebastiano Tusa, il quale era interessato ai rapporti tra morfologia e orientamento nelle architetture rurali siciliane dal IV al II millennio a.C., ma non fu ricavato alcun consenso all’idea che il manufatto di Pietraperzia fosse più antico dell’epoca medievale. Per parte nostra va riferito che in una zona della piramide è presente muratura megalitica e che alla base dell’acrocoro attiguo è disseminata una notevole quantità di selce come scarto di industria litica. Tutt’intorno sono stati visti frammenti fittili che vanno dall’epoca classica fino a quella medievale.

Si ha notizia che è stata creata una collaborazione con l’Unione Europea e una partnership con studiosi di Tenerife per poter effettuare uno studio approfondito su tutta l’area. Inoltre uno studio stratigrafico verrà effettuato sotto la supervisione del Prof. E. Anati con l’ausilio di un pallone aerostatico per effettuare rilevazioni aeree su una più vasta area circostante. L’obiettivo è, data la presenza di numerose necropoli nelle vicinanze, la ricerca di un villaggio correlato al sito. E se il villaggio fosse la stessa piramide?

Le piramidi brianzole di Montevecchia.

All’interno del Parco del Curone, più precisamente a Monte, frazione di Rovagnate (Lc), vi sono tre colline di forma piramidale di roccia calcarea, ormai ricoperte di erba e di terra sui lati ad ovest. La scoperta risale al 2001 e da allora le ricerche condotte da di Gregorio e da altri studiosi e ricercatori che, sulle sue orme, hanno incominciato ad interessarsi all’argomento, hanno portato ad interessanti novità. Le piramidi sono tre, poste su un asse obliquo da nord-ovest a sud-est, ruotate di 90°…

La Storia

La scoperta risale al 2001 e da allora le ricerche condotte da di Gregorio e da altri studiosi e ricercatori che, sulle sue orme, hanno incominciato ad interessarsi all’argomento, hanno portato ad interessanti novità piramidi sono tre e sono poste su un asse obliquo da nord-ovest a sud-est. Ciò significa che sono ruotate di 90° in senso orario rispetto alle altre tre, più celebri, piramidi egiziane di Cheope, Chefren e Micerino. Tuttavia, la proporzione e la posizione delle tre piramidi, l’una in rapporto alle altre, è identica in entrambi i casi.

Sia in Egitto che nel Parco del Curone si trovano tre piramidi posizionate esattamente come le tre stelle della cintura di Orione: Alnitak, Alnilam e Mintaka. Secondo la mitologia greca, Orione era una divinità cacciatrice, come Artemide. Venne ucciso da uno scorpione, per questo la costellazione raffigurante questo animale si trova dalla parte opposta dell’emisfero celeste rispetto Orione, a significare l’eterno rincorrersi dei due nemici. Orione è assimilabile al dio egizio Osiride, sposo di Iside e smembrato dal fratello Seth. Ricomposto successivamente da Iside con l’aiuto di Thoth, divenne la prima mummia, per opera del dio Anubis. Ma il suo regno divenne quello celeste, oltre l’orizzonte occidentale, divenendo così la costellazione di Orione. Horus, figlio di Osiride e di Iside, sconfisse Seth e divenne il primo faraone. Anche nella storia dell’Egitto incontriamo la figura di un re Scorpione, proprio in quegli anni in cui il regno era ancora diviso tra un alto (a sud) ed basso (a nord), in lotta per il dominio totale. Potremmo associarlo con la figura dello Scorpione che inseguì ed uccise Orione, ovvero con suo fratello Seth.

Infatti, la mitologia egizia racconta anche di come Seth, nuovamente in forma di scorpione, uccise anche Horus. Questa volta però, Iside, con l’aiuto del sapiente Thoth, riuscì a riportarlo in vita. L’idea di una rappresentazione della costellazione di Orione sia in Egitto che in altri luoghi del mondo (infatti, oltre al sito di Montevecchia, potrebbero essercene altri simili in altre parti del globo) non è così sorprendente. Allo stesso Thoth, identificato in seguito con la figura di Ermete Trismegisto, viene associato il detto “Come in cielo, così in terra”. Ciò sta alla base della’ “analogia” per eccellenza, tramite cui ogni mistero della vita può essere letto e interpretato. I messaggi ermetici di Thoth vennero infatti ripresi anche secoli dopo dagli alchimisti, alla ricerca della pietra filosofale, della “verità”. Le affinità tra le piramidi egiziane e quelle lombarde sono troppe per sembrare delle coincidenze. Prima di tutto, il loro numero: 3. Numero alquanto simbolico, associato proprio alla figura dell’uomo e del padre, ovvero Osiride (alla donna, Iside, è associato il numero 4, numero divisibile, capace di “partorire” una coppia di numeri uguali; mentre al figlio, Horus, è associato il numero 5, oppure 7, dato dalla somma di 3 + 4).

Finora, si è proposta una datazione che ci riporta al 3000 a.C. circa. Periodo in cui, secondo gli archeologi, vennero costruite le piramidi della piana di Giza. Ma tale datazione è stata trovata solamente riferendosi a certe fonti scritte, specialmente ad Erodoto, che visito l’Egitto tra il 460 ed il 455 a.C. Nelle sue “Storie”, ci parla delle piramidi e dei nomi dei loro costruttori, appunto Cheope, Chefren e Micerino. Ma è risaputo che ciò che apprese, lo apprese da fonti orali indirette, dalla voce della gente che interrogava per le vie dei paesi d’Egitto da lui visitati nel V secolo a.C. Quanto attinenti alla realtà possono essere i suoi racconti? Molte notizie da lui forniteci si sono rivelate errate. Quindi, a mio avviso, non possiamo credere completamente allo scrittore e viaggiatore greco, quando ci parla delle piramidi. Perché potrebbe benissimo essere andata così, ma la verità potrebbe anche essere stata un’altra. Un altro elemento che porta gli studiosi a ritenere la Grande Piramide opera di Cheope è rappresentato da un cartiglio (un geroglifico inscritto dentro uno spazio di forma ovale, usato per scrivere il nome dei faraoni), trovato nel 1837 da Howard-Vyse in una delle “camere di compensazione” all’interno della stessa piramide, in cui è leggibile il nome di Cheope (Khufu).

Tuttavia, attualmente, si è arrivati a credere che tale cartiglio sia stato realizzato dallo stesso archeologo per poter “far grande” il suo nome. Tant’è che, a dispetto della scienza ufficiale, che vede le piramidi essere le tombe dei faraoni, non è mai stata trovata una sola mummia all’interno di queste, ma solo vani litici “simili” a sarcofagi. E se invece questi vani non fossero da vedere come tali? Altri dettagli interessanti ce li da Ibn Abd Hock, uno storico arabo del IX secolo d.C. che ci rivela che il vero costruttore delle piramidi fu Surid Ibn Salhouk, un re dell’antico Egitto, vissuto intorno al 10.000 a.C. il quale, una notte, sogno un grande disastro. Per cui ordinò ai suoi sacerdoti di costruire un’opera tale da poter sopravvivere in eterno “sulla quale” salvare tutte le conoscenze del suo popolo, affinché non venissero dimenticate.

Infatti, lo stesso Erodoto ci conferma che, un tempo, le piramidi erano rivestite da un bianco calcare sul quale erano stati incisi dei geroglifici cui traduzione era sconosciuta agli egiziani stessi. Quel rivestimento crollò nel corso dei secoli, e molte di quelle pietre servirono per la costruzione della città del Cairo, purtroppo. Quindi, a quanto pare, le piramidi di Giza potrebbero essere molto più antiche di quanto si potrebbe pensare, e gli Egizi potrebbero averle trovate già in sito al loro arrivo, e magari averle usate effettivamente come tombe, ma in modo appropriato. Tuttavia, il vero scopo di queste opere così grandiose, ci è ancora oscuro. Possiamo formulare diverse ipotesi. Potrebbero essere servite, appunto, come delle “arche” nelle quali contenere il sapere di un mondo destinato ad essere dimenticato, come potrebbe essere accaduto alla mitica Atlantide. Potrebbero essere inoltre servite a scopi che nemmeno immaginiamo. A quanto pare, all’interno di queste strutture, si hanno delle anomalie “temporali”.

Le piramidi in Polinesia

Anche nella lontana Polinesia si ha notizie di piramidi: quando il Capitano Cook visitato Tahiti, ha descritto la Marae di Mahaiatea come una piramide con una base di 259 da 85 piedi. Purtroppo tutto ciò che rimane oggi è un mucchio di pietre. Questo disegno proviene dal libro 1799 Il Viaggio di McDuff. Fortunatamente però sull’isola di Samoa invece si trova una piramide tutt’ora visitabile il suo nome è Pulemelei. Essa è una piramide e la più grande struttura in Polinesia.

La Storia

Si trova sulla piccola isola di Samoa Savaii, l’isola che è considerata dalla gente polinesiana come la culla della civiltà polinesiana – è circa 14 metri d’altezza e circa 65 x 60 metri quadrati di base. E ‘costruita su una base di pietra ed è allineata secondo le direzioni cardinali; è stata coperta dalla giungla per lungo tempo, ma recentemente è stato autorizzato il Centro di Ricerca della Norvegia a cui fa capo la squadra di scavo Thor Heyerdahl(l’archeologo e studioso famoso per la piramide di Guimar).

La piramide è costituita da pietre di basalto grezzo lavorate sono, per ora si elude solo possa essere una sepoltura , ma leggende dire che è stata costruita dal grande dio Togaloa. Insediamenti risalenti a ca.1000-1600 DC sono associati con il sito, ma la data effettiva della sua costruzione non è nota.

Le Piramidi di Gympie

0155La piramide è nella zona di Gympie nel Queensland, Australia. La struttura è stata oggetto di studi alcuni ipotizzano che siano state costruite da una sconosciuta civiltà o da civiltà antichissime:egiziani, sud americani, cinesi. Rex Gilroy, che scoprì le Piramidi nel 1975 e ha sostenuto che “Gympie” sia un sito creato da egiziani per operazioni minerarie con basi di funzionamento allo scopo di raggiungere le Blue Mountains nel New South Wales. Nel suo articolo sul tema, Anthony G. Wheeler scrive: “Sembra che sia una collina a terrazze , tipo piramide…

Piramidi di Guimar

Le Piramidi di Guimar si trovano nel paese di Guimar sulla costa orientale dell’isola di Tenerife, nelle Canarie, in Spagna. Rappresentano qualcosa di misterioso per gli archeologi. Si tratta infatti di piramidi caratterizzate da cinque livelli di forma rettangolare, che somigliano alle piramidi realizzate dai Maya e dagli Aztechi in Messico. Per molto tempo la versione più accreditata voleva che le piramidi fossero costituite da mucchi di pietre realizzati dai coltivatori del posto, che avevano trovato le pietre mentre aravano e le avevano accatastate sugli orli dei propri campi.

La Storia

Questa era una pratica comune sulle Isole Canarie. Racconti dalle persone locali e vecchie immagini suggeriscono che tali piramidi sono realmente esistite in diverse ubicazioni sull’isola ma furono distrutte a causa della loro inutilità ed usate come materiale per la costruzione di edifici. A Guimar c’erano nove piramidi delle quali ne sono rimaste soltanto sei.

Nel 1991 il celebre studioso Thor Heyerdahl analizzò le piramidi e scoprì che non poteva trattarsi di un ammasso casuale di pietre. Per esempio, erano visibili i segni di lavorazione sui massi e il terreno, prima della posa, era stato livellato.

Le pietre, inoltre, non erano comuni pietre come quelle sui campi dei dintorni, ma pietre di origine vulcanica. Infine Heyerdahl dimostrò l’orientamento astronomico delle piramidi.

Nel giorno del solstizio d’estate si può vedere un doppio tramonto dalla piattaforma della piramide più alta – il sole scende dietro il picco di un’alta montagna, lo oltrepassa, appare di nuovo e scompare dietro la montagna successiva. Tutte le piramidi hanno una scalinata sul loro lato occidentale, sulle quali è possibile salire seguendo esattamente il sole nascente, la mattina del solstizio d’inverno.

Comunque, Heyerdahl non fu in grado di scoprire l’età delle piramidi né di dire da chi vennero costruite. In realtà i Guanci (o Guanches, popolazione indigena delle Canarie) hanno abitato una caverna posto sotto una delle piramidi. Fino alla conquista spagnola nel tardo XV secolo Güímar era la residenza di uno dei dieci “menceys” (Re) di Tenerife. È da notare che secondo quanto riportato da Plinio il Vecchio, le Canarie erano disabitate all’epoca del navigatore Annone (ca. 600 a.C.) ma contenevano le rovine di grossi edifici.

Le origini dei Guanci non sono molto chiare. Il passaggio sulle Canarie dalla costa più vicina, nel Marocco meridionale, è difficile a causa delle correnti marine, mentre è più facile dall’Europa e dall’area del Mar Mediterraneo.

Heyerdahl avanzò una teoria secondo la quale le Canarie erano state base per antichi commerci tra America e Mediterraneo. La rotta più rapida tra le due regioni in effetti passa dalle Canarie – venne usata anche da Cristoforo Colombo. Già nel 1970 Heyerdahl aveva mostrato che i traffici tra il Nord Africa e i Caraibi erano possibili usando metodi antichi – aveva navigato dal Marocco alle Barbados con la barca in papiro Ra II.

Nel 1998 i 65.000 metri quadri dell’area delle Piramidi di Güímar vennero aperti al pubblico come parco etnologico. Heyerdahl venne appoggiato finanziariamente dal norvegese Fred Olsen, che vive a Tenerife. Un centro informazioni illustra il visitatore sulla spedizione di Heyerdahl e sulle sue teorie circa le piramidi. Due padiglioni contengono materiale di Heyerdahl e modellini delle sue barche, e tra le altre cose una riproduzione della Ra II a grandezza reale.

PIRAMIDI IN GERMANIA

Il pubblico meno informato e anche un esperto possono essere sorpresi da questo fatto, ma ci sono buone ragioni per credere che in Germania esistano piramidi, secondo i più recenti risultati di indagini archeologiche.

Si tratta dei maggiori monumenti della cultura megalitica del continente europeo. La loro dimensione è superiore, anche a tutte le piramidi a gradoni di pietra passo della Bretagna, dove sono chiamate “cairns”: costruzioni preistoriche costruite in pietra a secco con una o più camere di sepoltura, come dolmen o costruzioni con coperture a mensola o in aggetto, in pietra. Il più famoso esempio è il “Cairn di Barnenez”.

Cairns in Europa

Cairns sono comuni anche in Gran Bretagna con la stessa denominazione. In genere, la diffusione di queste tombe megalitiche (mega = grande, Lith = pietra) parte dal nord Africa e raggiunge le isole Baleari, la Spagna, Francia, Gran Bretagna, Scandinavia, Germania settentrionale e la Polonia. Solo nel sud della Germania vi è un vuoto nella mappa di diffusione. Quello di CARNAC, ritenuto il più grande monumento megalitico, è convenzionalmente datato circa 4000 a.C:: il cairn Mont St. Michel. Ora potete trovare toponimi nella Germania meridionale, che suggeriscono o indicano Cairns, come Kirnach nella Foresta Nera vicino a Villingen-Schwenningen, con uno dei più grandi tumuli dei Celti in Germania (diametro di 100 m, altezza di 6 m) . Si tratta di una costruzione di terra e di pietra, ha un nucleo centrale con una camera di sepoltura retta da tronchi di quercia.

La diffusione dei Cairns tedeschi

In Germania meridionale si trova anche la piramide a gradoni di pietra più alta del continente, una tra molte altre che sono state scoperte nel 1990. Esse sono diffuse nel sud di un villaggio chiamato Kürnbach, nella zona di transizione tra una regione chiamata Kraichgau e la montagna di Stromberg, a metà strada tra Karlsruhe sul fiume Reno e Bietigheim-Bissingen sul fiume Neckar, nei dintorni di un piccolo paese chiamato Bretten. Sono molto simili ai Cairns della Gran Bretagna. Essi sono raggruppati in necropoli, come ad esempio i tumuli di pietra di Schmie vicino al famoso e meglio conservato monastero a nord delle Alpi: Maulbronn.

Confronto con i cimiteri etruschi

Gli “Halden” di Schmie sono paragonabili a simili luoghi di sepoltura degli Etruschi, come la necropoli di Cerveteri a nord di Roma. Questa nuova scoperta di tumuli di pietra in Germania presenta il fatto strano, di tumuli eretti in altezza, molto grandi, mentre a Cerveteri la necropoli è scavata nella roccia di tufo, su una grande estensione di terreno.

Piramidi in Toscana

In Italia, si sa, abbondano luoghi misteriosi, posti leggendari e monumenti carichi di storia e di racconti inquietanti ad essi correlati. Eppure, di recente si stanno diffondendo delle notizie che, per via della loro assoluta originalità, se confermate darebbero adito a una completa ristesura dei libri di archeologia.

Una di queste notizie ci é giunta da un nostro lettore, Stefano Menghetti, che di recente ci ha spedito delle foto, da lui scattate in Toscana, nei pressi di Pontassieve. Nella mail, Menghetti ci faceva notare come, in un sito raggiungibile percorrendo la strada provinciale per Rosano (partendo da Firenze sud), ad un chilometro circa prima di Pontassieve, sul lato destro, si possano vedere queste tre colline dalla forma piramidale. Queste insolite ‘colline’ dalla forma piramidale, in effetti, sono di grandezza differente, a scalare, proprio come le tre famosi piramidi di Giza, in Egitto. Le strutture piramidali di Pontassieve, sono orientate di lato verso nord-est, con una angolazione quasi precisa di 45 gradi, contrariamente alle piramidi di Giza che sono invece orientate con il lato esattamente parallelo al Nord.

L’interessante mail di Menghetti ci spinse a condurre le prime verifiche del caso, e a studiarne la validità. Ecco cosa é emerso dalle nostre indagini.

Come Prima cosa abbiamo verificato se esistesse una letteratura sull’argomento, che al momento ci risulta assente (se qualcuno avesse dei riferimenti bibliografici, saremmo grati della notifica). A quanto ci risulta, spesso nel mondo vengono segnalate possibili strutture piramidali, le quali però, se si esclude il Sudamerica e l’Egitto (o alcune zone particolari, come le isole Canarie), sono spesso di scarso rilievo. In Cina si è a lungo parlato della possibile origine architettonica di alcune colline a forma piramidale, o delle strutture piramidali subacquee di Yonaguni, in Giappone. Di recente, ha fatto molto scalpore un articolo della Pravda, che annunciava la scoperta di gigantesche piramidi, molto simili a quelle egiziane, scoperte nella zona di Lugansk. Gli scienziati russi sono giunti alla conclusione che circa 5000 anni fa, sul territorio dell’attuale Ucraina, viveva una civilta’ fortemente sviluppata.

Ma in Italia di piramidi non se ne parla quasi mai, se si esclude delle piramidi di terra nel bresciano, che però sono di dimensioni ridotte, e sono visibilmente composte di pietra calcarea. L’unica piramide verificabile sul nostro territorio, a tutta prima, sembrerebbe proprio la piramide Cestia di Roma (all’interno della quale, a detta di alcuni archeologi, succederebbero eventi strani, come la misteriosa e inspiegabile apparizione, in determinati momenti, di una nebbiolina verdastra).

Abbiamo allora cercato di capire se esistevano civiltà antiche nella zona del Pontassieve. Con nostra sorpresa, abbiamo in effetti scoperto che, come risulta da numerosi reperti archeologici, il territorio di Pontassieve ha subito, prima dei Romani, anche il dominio degli etruschi. Il fatto di sorgere nel punto in cui Sieve e Arno confluiscono, infatti, sembra aver avuto importanza non solo strategica e militare, ma anche alchemica. Al centro di un crocevia importantissimo, tra Firenze, Arezzo e gli Appennini (con Ravenna e l’Adriatico appena dietro le montagne), Pontassieve oggi è famosa nel mondo per via dei suoi vigneti e ai suoi vini.

Cercando bene, emerse che nei pressi di Pontassieve, non solo c’erano stati gli Etruschi: sembra addirittura che li si sia sviluppata una civiltà addirittura antecedente, quella dei ‘Ligures’ Magelli o Mugelli, che lasciarono tracce del loro passaggio.

Cercammo l’origine del nome “Mugello”, e scoprimmo che si perdeva nel tempo: tradizionalmente si fa riferimento ad un’antica tribù ligure di Magelli o Mugelli che vi si sarebbe insediata prima degli etruschi (Procopio da Cesarea ne “La guerra Gotica” cita il Mugello come il luogo dove si ritirarono i Goti scacciati dall’assedio di Firenze). Il nome (Mugiello, Mucello, Muciello, Mucale) fa la sua comparsa ed è usato in modo continuativo attorno al IX-X secolo. Esso non corrisponde sempre a confini precisi, vi si comprende, di volta in volta, San Godenzo, il Falterona, la Consuma (Mugello orientale), la Val di Sieve propriamente detta (basso Mugello); frequentemente è usato il termine “Alto Mugello” con riferimento ai tre comuni di Marradi, Firenzuola e Palazzuolo.

Cercammo dunque della documentazione sul misterioso popolo dei Mugelli, e scoprimmo che nella non lontana Bilancino (Barberino di Mugello, FI) nell’area destinata all’invaso artificiale, scavi condotti dalla Soprintendenza col finanziamento del Commissariato al Bilancino della Regione Toscana, avevano portato in luce resti di un vasto accampamento stagionale all’aperto abitato dai cacciatori del Paleolitico superiore datato col metodo del C14 a circa 25.000 anni da oggi. All’epoca il paesaggio – secondo quanto indicano le analisi dei pollini e dei carboni – era caratterizzato da praterie con scarsa copertura arborea ed in prossimità dell’accampamento erano presenti aree paludose. Dell’insediamento, situato al piede della collina presso il fiume Sieve, si è conservato per un’estensione di circa 120 mq, un suolo d’abitato dove sono state individuate officine litiche (zone per la scheggiatura e/o per la lavorazione della selce e del diaspro) ed aree di combustione (focolari di struttura ed uso diversificati). I reperti consistono in strumenti litici ed abbondantissimi scarti di lavorazione in diaspro locale e selce: l’industria è riferibile alla fase culturale denominata “Gravettiano a Bulini di Noailles”, dal nome dello strumento tipico (un bulino su troncatura con incavo di arresto) e si distingue nel panorama culturale finora noto in Italia, trovando confronti puntuali solamente in siti coevi della Francia. Una piccola parte dei materiali è esposta al Centro di Documentazione Archeologica di S. Agata (Scarperia, FI).

Esisteva dunque una comunità nella zona fin dal Paleolitico, segno che evidentemente era possibile ipotizzare, nel sito in questione, la presenza di manufatti archeologici o addirittura strutture architettoniche molto antiche, paragonabili – come datazione cronologica – appunto agli egizi, o anche a civiltà precedenti.

Abbiamo cercato allora se in Italia c’era qualche connessione con popolazioni più antiche e il culto delle piramidi. I Celti, così come gli Etruschi, avevano un grande rispetto per il sottosuolo, e i loro riti funebri erano molto complessi, ma non erano usi costruire strutture architettoniche titaniche, ne avevano la piramide come emblema sacro. Possibile che si trattasse di qualcosa di più antico dei Celti e degli Etruschi? Fu allora che ci imbattemmo nel caso delle piramidi di Montevecchia.

Fonte:

1:http://notizieinrete.myblog.it/archive/2009/05/21/piramidi-in-bosnia.html#

2:http://italia.pravda.ru/science/13-08-2006/2646-0

3:http://centroufologicotaranto.wordpress.com/category/archeologia/

4:http://centroufologicotaranto.wordpress.com/category/archeologia/

5:http://centroufologicotaranto.wordpress.com/category/archeologia/page/2/

6:http://centroufologicotaranto.wordpress.com/category/archeologia/page/3/

7:http://centroufologicotaranto.wordpress.com/category/archeologia/page/3/

8:http://centroufologicotaranto.wordpress.com/2009/01/20/una-ziggurat-mesopotamica-insardegna/

9:http://expianetadidio.blogspot.com/2009/07/piramidi-giapponesi-e-cinesi.html

10:http://expianetadidio.blogspot.com/2009/07/civilta-sommerse.html

11:http://expianetadidio.blogspot.com/2009/06/aztlan.html

12:http://expianetadidio.blogspot.com/2009/07/le-sette-meraviglie-del-mondo-sommerso.html

13:http://www.oopart.it/strutture-piramidali-della-valle-dell-alcantara.html

14:http://www.oopart.it/la-misteriosa-piramide-austriaca-di-waldviertel.html

15:http://www.oopart.it/le-piramidi-del-sudan.html

16:http://www.oopart.it/piramide-di-hellinikon.html

17:http://www.oopart.it/strutture-piramidali-isola-mauritius.html

18:http://www.oopart.it/la-piramide-di-cerumbelle.html

19:http://www.oopart.it/piramidi-di-montevecchia.html

20:http://www.oopart.it/le-piramidi-in-polinesia.html

21:http://www.oopart.it/le-piramidi-di-gympie.html

22:http://www.oopart.it/piramidi-di-guimar.html

23:http://www.laportadeltempo.com/news.asp?ID=3888

24:http://parvatim.wordpress.com/2008/07/22/

Postato 18th November 2009 da Kovich Fonte: LEX PIANETA DI DIO

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