ACRILAMMIDE

ACRILAMMIDE

ACRILAMMIDECome Ridurre L’Esposizione A Questa Sostanza Genotossica

L’acrilammide è una sostanza chimica che si trova soprattutto nelle parti “bruciate” di molti alimenti amidacei comuni: patate fritte, cereali, pane, biscotti, fette biscottate, crackers, merendine confezionate e caffè ne contengono alti livelli. Nonostante si trovi principalmente in prodotti alimentari lavorati, l’origine di questo “veleno” è tuttavia naturale. Il processo chimico che vi sta alla base si chiama “Reazione di Maillard” e interessa i cibi durante la fase di cottura (soprattutto ad alte temperature come frittura, cottura al forno e alla griglia) o durante i processi di trasformazione industriale oltre 120° C. Esiste anche una forma sintetica che viene utilizzata nella fabbricazione delle plastiche, è presente nel tabacco, ed è usata per il trattamento delle acqua potabili.

Nonostante i ricercatori EU e US stiano ancora cercando di quantificare i range di tossicità di questa sostanza in relazione ai rischi per la salute derivanti dall’esposizione, l’acrilamide è stata giudicata una sostanza genotossica “estremamente pericolosa” dal comitato congiunto FAO/WHO Expert Committee on Food Additives (JECFA), dall’ EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare), dalla US Environmental Protection Agency (USEPA), e dal Bureau Européen des Unions de Consommateurs (BEUC).

Acrilammide, Una Scoperta Casuale

Nell’Ottobre del 1997, a seguito di un incidente avvenuto durante la costruzione del tunnel ferroviario di Hallandsåsen in Svezia, importanti quantità di acrilammide vennero rilasciate nell’ambiente circostante. La questione non fu solo ambientale: Margareta Törnqvist, Ph.D. del Dipartimento di Chimica Ambientale presso l’Università di Stoccolma, studiò l’esposizione dei lavoratori del tunnel utilizzando la spettrometria di massa per misurare l’acrilammide legata all’emoglobina nel sangue. Durante il confronto tra lavoratori e gruppo di controllo (soggetti senza esposizione professionale) scoprì, però, inspiegabili concentrazioni relativamente alte di acrilammide in entrambi i gruppi. L’ubiquità dei risultati portò all’ipotesi che questa sostanza potesse trovarsi anche in contesti comuni, come la dieta.

A pochi anni e molte ricerche di distanza, la National Food Administration confermò l’ipotesi: patatine fritte, biscotti e crackers contenevano le maggiori quantità tossiche, mentre pane, cereali per la colazione e chips di mais registravano valori leggermente inferiori; alimenti bolliti e prodotti animali (anche se fritti) avevano livelli relativamente trascurabili. Trattandosi di prodotti comuni, la scoperta raggiunse velocemente l’attenzione mediatica, anticipando addirittura quella scientifica e scatenando un’artificiosa emergenza sanitaria tra la popolazione ancora prima che vi fossero le basi per una evidenza scientifica.

Nel decennio successivo l’EFSA invitò gli Stati membri a effettuare un monitoraggio dei livelli di acrilammide che non rivelò alcun cambiamento di rilievo per la maggior parte delle categorie di alimenti valutate.

Fattori Geografici E Generazionali Dell’acrilammide

Nonostante non vi siano ancora leggi internazionali per la regolamentazione all’esposizione dell’acrilammide alimentare, il problema sanitario esiste, e le amministrazioni che si stanno muovendo non possono trascurare due importanti fattori: geografia ed età. In primo luogo, in ogni Paese si registra un’assunzione media pro-capite differente, dovuta alle diverse tradizioni culinarie.

In Svezia, ad esempio, dove questa sostanza è stata scoperta, la maggior parte delle patate viene consumata bollita o al forno; cottura differente caratterizza invece i fast-food d’oltreoceano. Secondariamente, va ricordato che l’alimentazione è anche, e soprattutto, un fattore generazionale. Nonostante l’acrilammide sia presente in alimenti consumati da tutte le fasce d’età e di peso corporeo, l’analisi delle diete mostra che bambini e adolescenti sono i maggiori consumatori di prodotti amidacei confezionati (snack, cereali, cibi fritti…); le nuove generazioni, non solo assumono più “veleno”, ma la divisione cellulare tipica della loro fase di crescita peggiora la situazione.

Leggi E Ostacoli Legati All’acrilammide

Il 4 Giugno 2015 l’EFSA ha pubblicato “La valutazione del rischio spiegata dall’EFSA: l’acrilammide negli alimenti” con l’intento di creare un network tra gli organi decisionali internazionali per ridurre l’esposizione dei consumatori all’acrilammide alimentare, proponendo controlli sulla produzione industriale degli alimenti o studiando nuove modalità di consumo. I livelli di acrilammide potrebbero infatti essere ridotti utilizzando differenti ingredienti e additivi, o modificando i metodi di conservazione e la temperatura alla quale il cibo viene cotto. Seppur di facile intuizione, tutti questi accorgimenti trovano un ostacolo pratico in quanto impattano con le politiche dell’industria alimentare, i costi di produzione e i sapori dei prodotti.

Analogamente, la stesura di un regolamento comunitario era prevista per la fine del 2016 dall’incontro “Standing Committee on Plants, Animals, Food, and Feed”. Lo scopo era quello di consolidare le linee guida esistenti in più robuste protezioni per la salute pubblica e creare un ente di controllo internazionale. La partecipazione di più stake-holder ha però reso difficile la trattativa, e la terminologia utilizzata (“almeno al di sotto del valore indicativo”) è risultato uno dei cavilli maggiori: potrebbe infatti essere interpretata nel senso che i valori indicativi sono limiti massimi, affermazione in contraddizione con la riflessione dell’EFSA.

Il voto definitivo sul provvedimento EU è previsto per il 2017. Per Camille Perrin, senior food policy officer dell’Organizzazione Europea dei Consumatori BEUC,

sono indispensabili limiti vincolanti e chiare avvertenze sanitarie sui prodotti, soprattutto quelli industriali lavorati”.

Le richieste degli industriali per i diversi gruppi di alimenti evidentemente non possono essere prese in considerazione alla luce dei dati dell’EFSA: per tutelare realmente la salute dei consumatori bisogna puntare a limiti massimi molto ambiziosi.

Vietato Mangiare Acrilammide? No!

Alla luce della sperimentazione finora condotta, le principali organizzazioni internazionali si stanno impegnando a proseguire nella raccolta dati per monitorare i livelli di acrilammide presente negli alimenti di uso comune; contemporaneamente sarà importante capire se e come questo prodotto naturale risulti cancerogeno anche per l’essere umano.

Come Ridurre L’esposizione All’acrilammide

Nel frattempo, quali comportamenti può assumere il consumatore? E quali interventi sociali lo possono coinvolgere? In primis, le diverse modalità di conservazione e cottura del cibo possono influire sulla formazione di questa “tossina”: bollire i cibi o cuocerli a temperature inferiori a 120°C risulta la soluzione più sana.

ACRILAMMIDEInoltre, la presenza di un’avvertenza chiara e semplice sulle confezioni dei cibi potrebbe aiutare la popolazione a riconoscere l’esistenza di questa sostanza in particolari categorie alimentari. Lo scopo di un’etichettatura comprensibile non è quello di boicottare a priori l’assunzione di alimenti amidacei comuni facendo nascere allarmismi sociali o emergenze sanitarie anzitempo, ma quello di creare (e in questo caso, anche crescere) un consumatore consapevole.

Scritto da Mara Ferrari

Fonte: www.greenme.it

Per approfondire leggi anche:

Acrilammide: Come Ridurre L’Esposizione A Questa Sostanza Genotossica (LINK)

L’Acrilamide Negli Alimenti E’ Cancerogeno? Arriva Finalmente Il Parere Dell’Efsa (LINK)

Le Patate Fritte Precotte Provocano Il Cancro? Colpa Dell’Acrilamide (LINK)

ACRILAMMIDE NELLE PATATINE IN BUSTA: I MARCHI PROMOSSI E BOCCIATI DAI TEST DEL SALVAGENTE

ACRILAMMIDEAcrilammide nelle patatine fritte confezionate. Ben sei marchi consumati nel nostro paese non superano la sufficienza. A dirlo è una nuova analisi condotta da “Il Salvagente” e pubblicata sul “Giornale”.

Cos’è L’acrilammide

Si tratta di una molecola che lo Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’Oms, ritiene “probabilmente cancerogena”. Questa sostanza si sviluppa quando i cibi molto ricchi di amido come le patate sono vengono cotti a temperature superiori a 120 gradi. Alla base vi è il processo chimico noto come “reazione di Maillard” che dà ai cibi il tipico aspetto di “abbrustolito” che lo rende più gustoso ma anche più rischioso.

Lo Studio

Lo studio ha preso in esame la concentrazione di acrilammide in 18 campioni di patatine in busta, 16 chips classiche e due “snack” fritti a base di patate, le Pringles e le Cipster. Risultati alla mano, i numeri dicono che un terzo del campione è al di sotto della sufficienza. Due tipi addirittura sono al limite della soglia di riferimento che è di 1.000 microgrammi per chilo mentre ben quattro lo superano. Le analisi sono state condotte nei laboratori dell’UL-Conal di Cobiate (Como).

Purtroppo però non si tratta di prodotti fuorilegge visto che, come sottolinea l’analisi, per l’acrilammide non c’è un limite. Eppure secondo l”Efsa, questa sostanza può “aumentare il rischio di sviluppare un cancro per i consumatori in tutte le fasce di età”.

Invece del limite obbligatorio c’è un valore guida, chiamato “limite di riferimento” rivisto periodicamente dall’Efsa, al quale le aziende devono tendere, senza però alcun obbligo di rispettarlo. Oggi il livello da non superare è 1.000 mcg/kg, soglia che ad aprile scenderà a 750.

Esaminando le patatine e confrontando i dati ottenuti con il valore limite, Il Salvagente ha scoperto che 4 campioni – Auchan, Pam, Amica Chips e Lidl – hanno superato la soglia. Altre due, San Carlo Classiche e Coop, sono al limite. Concentrazioni elevate, ma sotto la soglia, sono quelle registrate anche nel caso di Amica Chips Eldorada (800 mcg/kg), Todis (730 mcg/kg) e Conad (710 mcg/kg). Promosse le patatine di Eurospin e le Lays.

Una precisazione importante: i dati ottenuti sono soggetti a incertezza di misura che può condizionare il risultato finale per eccesso o per difetto. Uno scarto significativo che conoscono bene anche le aziende. Noi abbiamo scelto di riportare in tabella il dato uscito dall’analisi: se avessimo voluto riportare i dati ‘massimi’ oltre la metà del campione analizzato sarebbe risultato fuori la soglia di riferimento” precisa però il “Giornale”.

L’infografica che segue riassume i risultati ottenuti dall’indagine:

ACRILAMMIDEDal canto suo, la Commissione ha di recente pubblicato il nuovo provvedimento sull’acrilammide, il Regolamento Ue 2158/2017 che entrerà in vigore l’11 aprile 2018, con il quale, pur non essendoci un limite di legge vero e proprio, per la prima volta i valori guida vengono abbassati (per le patatine fritte in busta si passa da 1.000 a 750 mcg/kg). Da aprile dunque le aziende saranno obbligate ad adottare delle misure per contenere l’acrilammide partendo dal monitoraggio delle temperature di cottura e ad effettuare analisi periodiche.

Non si tratta però di un obbligo. Fatta la legge…

Scritto da Francesca Mancuso

Fonte: GreenMe

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *